Alcune parole chiare da Reggio Calabria

Scritto da Angelo Paradiso e Francesco di Maria on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

“SETTIMANA SOCIALE” (OTTOBRE 2010): ALCUNE PAROLE CHIARE DA REGGIO CALABRIA 

 Caro Francesco, non pensi che l’articolo di Chiara Santomiero, pubblicato in “Zenith” il 17 ottobre 2010 e che mi sono permesso qui di allegare, potrebbe ben integrare le prese di posizione del tuo sito su “Chiesa e bene comune” e su “Chiesa e criminalità”? Un saluto, Angelo Paradiso.

 Caro Angelo, questo sito di solito non ospita integralmente articoli pubblicati altrove, anche quando siano articoli importanti e significativi. Tuttavia, si può fare volentieri un’eccezione per questo articolo, da te segnalato, sulla recente testimonianza del prof. Giuseppe Savagnone alla “Settimana Sociale” di Reggio Calabria, e che pertanto viene qui di seguito pubblicato, trattandosi di una testimonianza non solo anticonformista, lucida, incisiva e significativa ma anche particolarmente coraggiosa e inconsueta, che non è dato di rinvenire facilmente in mezzo ai torrentizi e generici o retorici effluvi di parole che noi cattolici generalmente siamo soliti esprimere al riguardo. Questo non significa che tutto quel che viene sostenendo mons. Savagnone sia completamente condivisibile, come nel caso della sua affermazione, che mi lascia qualche perplessità, secondo la quale tutti i vescovi italiani avrebbero ben compreso in che senso e con quali specifiche e concrete implicazioni «anche la solidarietà,… “è un valore non negoziabile, come lo è la sorte di tutti i deboli e gli esclusi”», benché mi auguri sinceramente di essere io in errore e che effettivamente alla Chiesa stia a cuore nello stesso modo «non soltanto la vita nel momento del suo concepimento o in quello terminale, ma anche ciò che sta tra questi due momenti estremi». Grazie della segnalazione. 

Per sconfiggere la mafia serve un progetto educativo

 Il direttore del centro diocesano della cultura di Palermo alla Settimana sociale


ROMA, domenica, 17 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “La questione meridionale, con il silenzio che è calato su di essa, è un indizio inquietante dell'eclissi del senso del bene comune che si è registrata negli ultimi anni in Italia.



E' la denuncia del direttore del centro diocesano della cultura di Palermo, Giuseppe Savagnone, chiamato a illustrare il documento della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) su “Chiesa e Mezzogiorno” nel corso della Settimana sociale dei cattolici che si chiude questa domenica a Reggio Calabria.

Per questo motivo, “affrontare la questione meridionale diventa un modo per dire una parola incisiva sull'Italia di oggi”, perché “il problema del Sud si risolverà solo con l'impegno di tutto il Paese”.

Di fronte al grande ostacolo per il decollo dello sviluppo del Meridione rappresentato dalla criminalità organizzata, “va riconosciuto – ha affermato Savagnone – che la Chiesa non ha fatto abbastanza per contrastarla”, nonostante il “profondo radicamento” di cui ha sempre goduto sul territorio.

“Convegni, denunce e preti martiri delle mafie dimostrano una volontà di reagire”, ha riconosciuto, ma spesso tutto questo “è rimasto al 'piano nobile'”.

C'è, invece, “un 'piano terra” - quello della pastorale ordinaria, della vita e dei problemi quotidiani delle parrocchie, dei gruppi, delle confraternite -, “dove ci sono le chiusure prodotte da inerzie e stanchezze” e “dove le cose non cambiano neanche dopo un bel documento o un grande convegno ecclesiale”.

Savagnone ha ricordato che “le denunzie della Chiesa sulla mafia, la ‘ndrangheta, la camorra, sono da diversi anni molto nette”, a cominciare dalla frase pronunciata da Giovanni Paolo II ad Agrigento, il 9 maggio 1993, fino alle parole più recenti di Benedetto XVI, che a Palermo ha definito la mafia “una strada di morte” e ne ha “solennemente dichiarato l’incompatibilità col Vangelo e la vita cristiana”. Ma le denunce, per Savagnone, “non bastano”, perché “per sconfiggere la mafia c’è bisogno di un grande progetto educativo che affronti alla radice, partendo dalla formazione delle persone, i problemi culturali che rendono possibile la fioritura della criminalità organizzata”.
Le Chiese del Sud sono chiamate in questo campo “a dare il loro essenziale contributo, con la loro pastorale ordinaria” trasformata in profondità, “a partire da un nuovo protagonismo dei laici”. “Troppe volte – ha sostenuto Savagnone - la nostra pastorale è affetta da una schizofrenia che da un lato neutralizza la valenza laica dei fedeli quando si trovano all’interno del tempio e assegna loro esclusivamente un ruolo di vice-preti, ignorando la loro dimensione professionale, familiare, politica; dall’altro, li abbandona, fuori delle mura del tempio, a una logica puramente secolaristica, per cui essi alimentano la loro cultura non attingendo al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa, ma ai grandi quotidiani laicisti e alla televisione”. “Forse sorprende e spiazza – ha aggiunto Savagnone - il fatto che la Chiesa si occupi, oltre che dei problemi più strettamente connessi alla sfera etica, come sono quelli della biomedicina e della famiglia, in cui sarebbero ravvisabili in modo esclusivo i ‘valori non negoziabili’, anche di quelli relativi agli assetti sociali e politici”.
Un “merito” del documento dei Vescovi “Chiesa e Mezzogiorno” è quello “di aver sottolineato che alla Chiesa sta a cuore non soltanto la vita nel momento del suo concepimento o in quello terminale, ma anche ciò che sta tra questi due momenti estremi”. Anche la solidarietà, infatti, “è un valore non negoziabile, come lo è la sorte di tutti i deboli e gli esclusi”. Ed è proprio a questo titolo che “la Chiesa si occupa della questione meridionale”. La collaborazione di tutti per uno sviluppo del Meridione fondato sulla dimensione educativa farà sì che questo “non sarà più una 'questione' ma un laboratorio” in cui “esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto”. Se la sua gente prenderà “sul serio” l'invito al cambiamento, ha concluso Savagnone, il Meridione “può diventare un ambiente dove non si tratta solo di adeguarsi ai modelli altrui, ma possono maturarne di nuovi da proporre a tutta la Nazione”.