Maria e la Chiesa

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

La fede di Maria è la fede del perfetto credente che, amando Dio al di sopra di ogni persona e cosa, sa sottrarsi ai «compromessi con il male». La fede in Maria è la fede dei credenti nella Donna Vergine e Madre prescelta da Dio, nel suo ineguagliabile spirito di carità e nel suo potere sovrannaturale di avvicinare Dio agli uomini e ciascun essere umano a Dio in Cristo e quindi alla salvezza. Una sincera e profonda simpatia per Maria hanno anche diversi non credenti, provvisoriamente fuori della Chiesa, per i quali ella costituisce un paradigma di compiuta e perfetta umanità in ragione del suo adamantino spirito di verità e della sua irriducibile ed integra volontà di liberazione da tutte le iniquità del mondo. Perciò, anche a prescindere dalla propria fede di appartenenza, il promuovere e il diffondere onestamente la conoscenza di quella donna è un compito primario ed inderogabile della spiritualità e della religiosità del nostro tempo.      

La Chiesa, d’altra parte, ben conosce il ruolo di straordinaria importanza che Maria riveste nella storia della salvezza, dal momento che quest’ultima fu avviata da Dio dopo aver egli ottenuto l’attiva e fattiva collaborazione della giovane donna di Nazaret la quale fu senza dubbio riservata ma forte e coraggiosa, sempre esposta ai pericoli della vita e del mondo, ardentemente innamorata dell’eterno Dio biblico d’amore e di giustizia. Oggi c’è un’umanità che consciamente o inconsciamente avverte il bisogno di una svolta spirituale che, senza velleitarismi o astratti rivendicazionismi, la porti a vivere di semplice verità più che di menzogna premeditata e a non accettare certe manifeste iniquità come dati immodificabili ma a liberarsi risolutamente dalle distorsioni o deformazioni della vita non in nome di questo o di quel presunto principio di progresso e di civiltà ma nel nome dell’amore e della giustizia ben più universali di Dio stesso. Oggi c’è un’umanità che pensa e che soffre che non può esimersi dal chiedersi se uno stile di vita, sobrio e rigoroso, contemplativo e attivo, credente e combattivo come quello di Maria, sia funzionale ad un grandioso rilancio della fede in Cristo, all’interno e al di fuori della Chiesa da lui voluta per tutti.

La domanda di fondo è se, sospendendo il giudizio su usi e costumi della prassi religiosa e cattolica contemporanea, non occorra ripartire umilmente e fiduciosamente da Nazaret e da Maria nazarena per riacquistare ed approfondire il significato soteriologico ed il valore umano ed escatologico della fede in Cristo. E’ evidente che non si tratterà di idealizzare la madre di Gesù in modi strumentali e mistificanti ma di conoscerla o riconoscerla attraverso una paziente ed ispirata analisi critico-scritturale e soprattutto attraverso la sincera preghiera del cuore.    

E’ significativo che papa Benedetto XVI abbia ritenuto di poter individuare proprio in Maria, sin dalla metà degli anni ottanta, un rimedio assai efficace alla «crisi dell’idea stessa di Chiesa, alla crisi della morale, alla crisi della donna», precisando che «la devozione a Maria…assicura alla fede la sua dimensione umana completa» (J. Ratzinger, Rapporto sulla fede, Torino, San Paolo, 1985, pp. 104-106 e p. 108). Il che comporta l’implicito riconoscimento che la Chiesa e le sue stesse possibilità di rigenerazione spirituale in Cristo sono tutte in Maria e che il “principio petrino” è contenuto nel “principio mariano” e non viceversa, nel senso che, essendo Maria non solo «il membro più eminente» ma anche la madre della Chiesa, la sua regale maternità, pur non comprensiva direttamente delle particolari prerogative e degli specifici “poteri” ministeriali attribuiti da Cristo alla sua Chiesa, è origine e fondamento in Cristo medesimo, e per sua esplicita volontà, di qualsivoglia mediazione ecclesiale e sacramentale, per cui niente di ciò che sia Chiesa può in alcun modo prescindere dalla speciale relazione di comunione tra Cristo e Maria e dunque dalla stessa mediazione materna di quest’ultima (Lumen Gentium, 56, 57, 61).

 Se perfino Cristo, pur disponendo dell’infinito amore del Padre suo celeste, ha avuto bisogno delle scrupolosissime cure e del tenerissimo amore di Maria per poter poi sopportare nell’ora prestabilita il feroce odio degli uomini e l’insopportabile pena della croce, quanto più la Chiesa creata da Cristo, con i suoi sacramenti e i suoi ministeri, con la sua liturgia e le sue preghiere, dovrà affidarsi umilmente a quella donna per morire e rinascere continuamente in Cristo?

Ha detto bene papa Benedetto: in «Maria, l’Immacolata, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato» (Omelia nel 40° anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 8 dicembre 2005). E un altro grande teologo ha proferito parole davvero illuminanti: «Maria è più vicina a Cristo di Pietro e degli apostoli: mentre Pietro impersona il ministero della Chiesa, Maria incarna il tutto della Chiesa; Pietro governa, Maria è l’umile ancella che pronuncia il suo “fiat”, che si fa guidare e governare dallo Sposo stesso; Pietro deve esigere l’obbedienza, Maria è la Vergine-Sposa, vaso di ogni obbedienza, da cui discende non solo l’obbedienza del cristiano, ma la stessa esigenza di Pietro. L’antagonismo tra Pietro e il suo gregge, tra la gerarchia e il laicato è superato in Maria in una realtà più profonda, fondamentale e comune a entrambe le parti: la realtà della Chiesa-Sposa» (H. U. von Balthasar, Abbattere i bastioni, Torino, Borla, 1966, pp. 51-52). E questa salutare dipendenza da Maria bisogna che la Chiesa e ogni cristiano la vivano non solo nei riconoscimenti verbali ma nell’intimo della loro anima e nella pratica stessa della loro vita, non trascurando in ciò l’esempio di alcuni non credenti o non cristiani che pur non pregando di solito, pur non frequentando chiese e sacrestie, nei momenti cruciali e se si vuole nei frangenti più dolorosi della loro vita è a Maria che elevano le loro struggenti suppliche, le loro strazianti richieste di perdono e di aiuto.  

In sostanza, almeno per il popolo cattolico, non è possibile non pensare a Maria come ad un grande dono divino elargito a tutto vantaggio del genere umano, anche se ciò non toglie validità al fondamentale assunto della teologia cattolica secondo il quale si può andare o tornare al Padre solo «per mezzo di Cristo, nello Spirito, in comunione con Maria». Forse si può giustamente osservare che non è più il caso di precisarlo. Tuttavia è sempre utile riflettere. Dinanzi alla croce, non solo Giovanni ma anche l’umanità e tutta la chiesa nascente vengono esplicitamente invitate a considerare e ad invocare quella donna, la madre di Dio, come propria madre, e implicitamente a tributarle, con la preghiera e con la vita, l’onore dovuto. E’ Dio che, proprio mentre sancisce la maternità universale di Maria, in definitiva la addita quale potentissimo mezzo di salvezza in Cristo. Sicché, da allora, è necessariamente vero non solo che non si può amare Maria senza amare Cristo ma anche che non si può amare Cristo senza amare Maria. Perché Maria, che fu tanto amata da Cristo, non dovrebbe essere amata altrettanto da noi? Che cosa può tornare maggiormente gradito al Figlio se non che se ne rispetti e se ne veneri sentitamente la madre? Maria conduce a Cristo ma Cristo non può non condurre a Maria come a colei che instancabilmente intercede presso il Figlio ad esclusivo vantaggio di tutti i suoi figli spirituali (cfr. J. Ratzinger, Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio, Torino, San Paolo, 2001, cap. XIII: La Madre di Dio, in particolare pp. 275-276 e p. 292).

Maria, che è stata nel tempo per accogliervi e farvi dimorare l’eterno e quindi per rimanere ella stessa «contemporanea a noi tutti, a tutte le generazioni» (come diceva già nella sua bellissima omelia J. Ratzinger a Loreto l’8 settembre del 1991: La casa della Madonna, casa aperta alla famiglia di Dio), deve essere amata sia come madre di Dio sia come madre di noi tutti, di tutti coloro che già sono nella chiesa e anche di tutti coloro che ancora non sono nella chiesa ma sono da essa fiduciosamente attesi. Dio, essendo stata piccolissima sulla terra, ha voluto renderla grandissima in cielo e degna di essere lodata da tutte le creature celesti e terrene, e ha mandato e continua a mandare a più riprese il Paraclito sulla terra perché ne riveli gradualmente e compiutamente tutta la reale e regale grandezza di donna e di madre. Per i credenti, dunque, l’amore per Maria non è una semplice opzione ma un vero e proprio imperativo spirituale e religioso (A. Comastri, La Madonna non è un optional, Todi, Tau editrice, 2006).