La virile verginità di Maria
Dio creò Maria perché fosse liberamente e responsabilmente il riflesso purissimo della sua misericordia e della sua tenerezza ma anche della sua fedeltà e della sua giustizia. La creò perché fosse madre di Dio e dell’uomo e come tale si comportasse: vale a dire, pur autonoma nel giudizio e libera di scegliere, mai indipendentemente dalla volontà divina ma per effetto e in funzione di essa. Volle che fosse e rimanesse vergine e pura perché in questo modo fosse revocata la punizione inflitta nella Genesi ad Eva: quella per cui la donna sarebbe stata sottoposta al dominio dell’uomo (Gn, 3-16). Maria non sarebbe stata dominata né dal demonio né dall’uomo, neppure da un uomo santo come Giuseppe che restò sempre innamorato di lei ricevendone in contraccambio un amore intenso e non propriamente platonico anche se castissimo e limpidissimo. Non poteva patire dominio di sorta, ad eccezione di quello sponsalmente incruento e dolcissimo di Dio, colei che era destinata a diventare prima l’ancella del Signore e poi Signora ella stessa e Regina del cielo e della terra nel segno del santo nome e dell’opera salvifica di Cristo. Cosí sarebbe diventata proverbiale nei secoli e per l’eternità la sua verginale mitezza, cioè una mitezza non debole o apparente ma vigorosa e genuina come tutte le cose che hanno il marchio della verginità ovvero di un’assoluta integrità, una mitezza non melliflua ma energica, accondiscendente ed intransigente ad un tempo a seconda dei modi effettivi di porsi delle creature di fronte a Dio e nell’assoluto rispetto della legislazione divina.
In effetti, il prefisso della parola latina virgo (vergine) è vir, che significa uomo. Ecco: si può ben dire che Maria sia vergine dotata non solo di incomparabile femminilità ma anche di forza e temperamento virili; si può ben dire che ella sia vergine, e come tale inviolata ed immacolata, anche e soprattutto nel senso che la sua verginità sia una verginità risoluta, autorevole, amante del vero e del giusto in un esclusivo spirito divino di verità, una verginità sconfinatamente misericordiosa ma mai cedevole nei confronti della malafede, del capriccio e di falsi sentimenti umani di pietà o d’amore.
Maria è donna ma caratterialmente non solo amabile e dolcissima bensí decisa e forte come un uomo, ed è per questo che, generalmente, non solo le donne ma anche gli uomini ne sono particolarmente affascinati. Maria è una donna potente ed anzi addirittura onnipotente nella preghiera di intercessione. Da una parte è la capostipite di coloro che avrebbero schiacciato la testa del serpente, donde si può ben dire che «la donna del Gn 3, 15 chiama ogni donna a realizzare se stessa nella vitalità della costante amicizia con Dio, nella volontà di lotta e opposizione radicale al peccato» (P. Stefano M. Manelli, Mariologia biblica, Frigento, Casa Mariana Editrice, 1989, p. 30), e dall’altra la strenua protettrice di coloro che, richiamandosi di generazione in generazione a Maria con amore e dedizione come alla loro unica Madre, sarebbero stati e sono disposti a servirla in Cristo e a farle da «calcagno» esposto alle insidie del Maligno e delle forze malefiche del mondo (Gn, 3-15).
Maria è madre ma è una madre paterna, e quindi decisamente intraprendente e coraggiosa, anzi la più paterna, la più intraprendente e coraggiosa delle madri, allo stesso modo di come Gesù è un padre materno, e quindi amorevolmente o visceralmente protettivo, e anzi il più materno e il più protettivo dei padri. Quando Giuseppe muore, è Maria che fa anche da padre a Gesù; quando Gesù muore, sperimentando persino l’apparente abbandono del Padre, è Maria che fa anche da padre al genere umano e alla Chiesa del Figlio prediletto del Padre.
Maria, per le caratteristiche psicologiche ed antropologiche e per le particolari proprietà salvifiche di cui dispone nell’ordine della grazia, ha potuto poi ben esercitare un mandato divino di governo. Poiché il corpo e l’anima di Maria sono la casa di Dio, a lei è stato affidato ab aeterno anche il governo del regno di Dio. Per cui Cristo regna mentre Maria governa e fa in modo, attraverso il suo eterno ed amorevole servizio a Dio e agli esseri umani (cfr. Giovanni Paolo II, Lettere alle donne, 29 giugno 1995), che il regno di Cristo, quantunque ad esso possano accedere innanzitutto quelli che, durante la vita terrena, non hanno vissuto soltanto nella vigna e nel regno ma per la vigna e per il regno, sia quanto più possibile aperto ed ospitale. Perciò non si può entrare nel regno di Dio se non attraverso l’amore verso Maria e l’amore di Maria.
Gesù ammoniva i suoi discepoli, che gli chiedevano chi di essi avrebbe occupato il posto più importante e prestigioso nel regno dei cieli, spiegando loro che il problema principale non era quello di sapere a chi sarebbero andati i posti migliori ma quello di capire in che modo sarebbe stato possibile accedere al regno dei cieli. E la sua celebre indicazione fu quella per cui chi non fosse diventato come i bambini non vi sarebbe entrato affatto. Ora, chi può diventare come i bambini più di colui che si affida totalmente ad una madre, alla madre stessa di Cristo che è madre nostra? Chi potrà eguagliare la semplicità e l’umiltà di coloro che, conoscendo bene il potere divino di Cristo, non pretenderanno di ricevere un posto privilegiato accanto a lui e direttamente da lui, anche se suoi discepoli o suoi rappresentanti ministeriali, ma che piuttosto non si stancheranno di chiedere a sua madre di condurli per mano al cospetto di Dio? Se Dio stesso ha avuto l’umiltà di incarnarsi in Maria di Nazaret, lasciandosi contenere nel grembo di questa piccolissima donna e sentendosi onorato di averla come madre e come educatrice, perché mai uomini e donne di tutti i tempi, dopo essere stati generati una volta da Eva nella morte, non dovrebbero chiedere a Maria, con animo preventivamente grato, di essere rigenerati proprio da lei nella vita e nella vita in Cristo? Allora perché Gesù, ormai moribondo, si sarebbe preoccupato di dichiararla madre dell’umanità e di esortare l’umanità sinceramente credente, rappresentata in particolare da Giovanni, ad accoglierla come tale? Non ha forse inteso sottolineare che nessuno meglio di lei può insegnarci a conoscerlo e ad amarlo? E che, senza rinascere in e attraverso Maria, non si può neppure risorgere? Di più: non avrà voluto anche sottintendere che Dio non può essere Padre se non è innanzitutto Madre e Madre nel senso creaturale più umile e più profondo? Tutto ciò sarebbe stato compreso dagli apostoli che, dopo l’ascensione in cielo di Gesù, a lei si sarebbero affidati come fedelissimi e devotissimi figli; tutto ciò è compreso ancor oggi dalla Chiesa che incessantemente prega la santa vergine di ispirarne e sostenerne tutti gli sforzi di testimonianza e tutte le opere di carità.
Appare dunque del tutto condivisibile il seguente invito: «Dobbiamo lasciarci guidare dalla Vergine, umilmente, come bambini piccoli; lei è nostra madre. Il culto di Maria suppone una grande umiltà; gli orgogliosi non possono sopportarlo; ma davanti a Dio noi siamo solo poveri bambini. Lasciamoci guidare da nostra madre ed ella ci porterà certamente a Gesù» (A. Feuillet, Maria: Madre del Messia, Madre della Chiesa, Milano, Jaca Book, 2004, p. 29).