L'umanità di Dio e Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Se Dio non fosse anche umano non potremmo sentirlo cosí vicino a noi. Noi sappiamo che egli è il kirios, è il Signore, il Santo, l’Onnipotente, il completamente altro da noi, il radicalmente diverso e lontano da noi. Ma sappiamo anche che è il buon pastore che non può e non vuole stare lontano dalle sue creature, per cui il nostro destino esistenziale è quello di sentirlo contemporaneamente vicino e distante, uomo e Dio, uomo divino e Dio umano: più riusciamo ad innalzarci verso di lui, più la nostra umanità si divinizza, con una conseguente riduzione della distanza da lui; più lui si abbassa verso di noi, più la sua divinità si umanizza, con un conseguente accrescimento della vicinanza a lui. Dio, attraverso Cristo, si è fatto semplice uomo perché l’uomo si sentisse realmente motivato a farsi quanto più possibile simile a Dio, il quale ci ha fatto “a sua immagine e somiglianza” proprio perché gli uomini potessero imparare a condividere in modo sempre più perfetto la sua condizione divina.

 Dio, dopo aver creato ex nihilo l’uomo traendolo dall’umida argilla e alitando su di lui, dopo averlo posto sopra la terra e sotto il cielo conferendogli il potere di dominare responsabilmente su tutto il creato, gli animali e la natura, deve aver pensato di averlo fatto abbastanza intelligente e sensibile perché potesse quanto meno intuire chi fosse l’artefice della sua vita e della vita del mondo. Ma subito comprese che l’uomo, pur capace di intendere e volere, avrebbe potuto percepirlo più come un Signore che crea e chiede obbedienza che non come un Padre affettuoso interessato ad istituire un rapporto disinteressato e sincero d’amore con i suoi figli. E comprese anche che da questo al sentirsi tentato di ribellarsi alla sua autorità e alla sua legislazione, il passo dell’uomo avrebbe potuto essere assai breve. Benché Dio gli avesse donato ogni delizia spirituale e materiale e il dono stesso dell’immortalità, l’uomo cedette alla tentazione di essere come lui pur non essendo lui, di essere autosufficiente pur soggetto a molteplici necessità.

L’uomo disse in cuor suo a Dio: mi sento tuo servo, anche se mi hai fatto libero; non posso e non voglio vivere cosí, desidero fare concreta esperienza della mia libertà, allontanandomi da te e vivendo la mia vita indipendentemente da te e dal tuo volere. Dio puní l’uomo acconsentendo in sostanza alla sua richiesta, allontanandolo da sé, privandolo della primigenia innocenza spirituale e della originaria immortalità. Ma Dio, che è costitutivamente Amore, continuò ad amare la sua creatura seguendola premurosamente nella sua esistenza terrena con la speranza di sollecitare in essa il desiderio di riconquistare con la fatica e col dolore quella condizione paradisiaca e beatifica nella quale egli lo aveva posto in origine senza sottoporlo ad alcuna pena.

 L’uomo tuttavia, consapevole della sua trasgressione e della sua nuova sorte, dovette ora sperimentare molto più drammaticamente di prima la lontananza di Dio, il suo potere invincibile e il suo giudizio inesorabile: cominciò a temerlo come il Dio degli eserciti, degli eserciti celesti, che governa e influenza il corso degli astri e degli eventi storico-umani, ma anche ad amarlo, sotto l’effetto del pentimento per aver disobbedito ai suoi comandi, e ad implorarlo come il Dio che soccorre i miseri e tutti coloro che confidano sinceramente nel suo perdono e nella sua infinita misericordia.

Dio, più umano dell’uomo che aveva creato, non se la sentí di starsene gelidamente appartato e sdegnosamente lontano dalla sua creatura e decise di soccorrerla condividendone il destino terreno di morte e riproponendole al tempo stesso la via per riconquistare il cielo e dunque la via della salvezza dal peccato e dalla morte. Dio fu cosí umanamente vicino all’uomo da vivere e morire come lui e per lui, da mostrargli con la sua stessa esistenza terrena che Dio è e rimane realmente fedele a se stesso essendo in prima persona capace di amare pur soffrendo e subendo iniquità come lui e più di lui e come lui e più di lui operando per lodare e glorificare la giustizia divina. Dio, incarnandosi in quanto Cristo nel seno della vergine Maria, diede agli esseri umani un’insuperabile lezione di umanità, mettendosi dalla parte di poveri e oppressi, malati ed emarginati, esprimendo sempre la sua viscerale preferenza, oltre che per i giusti e i timorati di Dio, per coloro che si convertono avendo peccato molto, perché più capaci di apprezzare il perdono divino e più animati da fede ardente, piuttosto che per quelli che si convertono avendo peccato poco, perché inclini a vivere prevalentemente la fede come semplice ritualità, come formale osservanza di regole e precetti religiosi e perbenistica astensione dal peccato anziché come tormentato e proficuo travaglio spirituale e come appassionata e generosa dedizione al bene effettivo e concreto del prossimo sofferente.  

Per attuare il suo straordinario programma di umanizzazione e santificazione del mondo e del genere umano, Dio si affidò ad un essere umano debole e tenero come un fiore appena sbocciato ma forte e coraggioso com’é chi sa di avere realmente in sé e con sé il Signore: a una donna, Maria. Egli si rivolse in cuor suo a Maria giovinetta, grosso modo in questi termini: “Maria, prima che nascessi ho puntato su di te tutte le mie speranze, e per questo ti ho fatto venire al mondo attraverso i tuoi genitori naturali rendendoti immacolata, cioè ponendoti nella medesima condizione spirituale in cui era venuta a trovarsi Eva prima che peccasse con Adamo contro di me. Come ad Eva, pur sempre libera di fare le sue scelte, avevo concesso di conoscere nitidamente e senza offuscamenti di sorta il suo Signore e di distinguere perfettamente e senza possibilità alcuna di errore tra il bene supremo e i beni derivati, cosí anche a te, come lei creatura libera di scegliere ma a differenza di lei destinata a vivere dal primo momento in un mondo terreno di egoismo e di peccato, di menzogna e di violenza, ho voluto elargire il dono speciale dell’innocenza edenica o originaria, lasciando intatta e non ancora contaminata dal peccato la tua facoltà di riconoscere in me il principio stesso e lo scopo della tua esistenza, la meta principale dei tuoi desideri e del tuo amore, la fonte e la sostanza della tua felicità. Strada facendo potresti sbagliare come Eva, potresti voltarmi le spalle per capriccio o per orgoglio, potresti sostituirmi egocentricamente con divinità idolatriche disobbedendo ai comandi amorevoli e paterni del tuo Creatore, ma, benché Io ti abbia scelto anche come donna del dolore, come donna che più di qualunque altra donna sarà chiamata a subire e a sopportare terribili sofferenze ed inaudite privazioni, confido nella tua capacità di non sbagliare, di non tradire le mie aspettative di fedeltà e di amore, di non disobbedire al tuo unico Dio. Poiché ho visto come preghi, come sia grande e appassionata la tua attesa del mio ingresso salvifico nella tua vita e nella vita dell’umanità, come sia illimitata la tua fiducia nel Messia di cui parlano le Scritture e nell’avvento del regno di Dio tra gli uomini; poiché ho visto che, anche quando provvedi alle faccende domestiche, quando canti, quando danzi, quando parli e ti intrattieni con le amiche e i conoscenti, sono sempre e solo Io il motivo fondamentale della tua gioia e del tuo amore per gli altri; poiché ho visto tutto questo, continuo ad avere buone ragioni per credere e per sognare che tu, piccola e dolcissima creatura, assolverai al meglio la missione che ti ho affidato: di stare sempre con me e con mio Figlio, sotto l’influsso benefico del nostro Santo Spirito, per salvare l’umanità peccatrice, allo stesso modo di come Io e mio Figlio vorremo stare sempre con te per fare di te la Madre del genere umano e la Regina del cielo e della terra. Perciò, ti ringrazio sin d’ora e ti benedico Maria: credo in te come tu hai creduto e credi in me”.

Non so se questi pensieri che attraverso un’interpretazione libera ma spero fedele del racconto biblico ho immaginato possano essere stati i pensieri di Dio si siano in qualche modo avvicinati ai suoi reali pensieri, ma sono certo di poter sperare che, sia nel caso in cui abbia ecceduto sia nel caso in cui sia stato manchevole in estensione e profondità, Egli non mi neghi il perdono perché sa che queste filiali e pur imperfette parole sono state dettate da un sincero sentimento d’amore e di riconoscenza per il nostro e mio umanissimo Dio e per la nostra comune Madre celeste.