Maria e le donne

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Al tempo di Gesù, nel mondo ebraico c’erano due categorie di persone emarginate, oltre quella dei poveri e dei miserabili: le donne e i bambini. La vita dei bambini era ritenuta insignificante, materiale grezzo spesso fastidioso e unicamente “da educare e da formare” alle regole del mondo adulto. La loro vita, di cui si disconosceva l’autonomia spirituale, era sostanzialmente subordinata alla vita e alle esigenze degli adulti e i bambini, considerati socialmente inferiori, erano spesso emarginati in modo esplicito tanto che non c’era alcuna remora nel sottoporli a lavori faticosi nei campi o nelle botteghe e a trattarli in sostanza da servi. Analoga era la situazione della donna che, quando veniva allevata senza istruzione religiosa (e ciò accadeva molto spesso), era destinata ad essere una semplice serva: prima del padre, poi del marito e infine dei figli.

Maria di Nazaret probabilmente aveva ricevuto un’istruzione religiosa ma dal Magnificat si intuisce che anche lei accettava e condivideva la condizione servile in cui si trovavano tutte le altre donne del tempo, anche se a ragione del fatto di riconoscersi come la serva del Signore. Gesù avrebbe demolito i pregiudizi della sua gente e avrebbe innalzato la donna allo stesso livello, se non ad un livello superiore, degli uomini. Ci sono diversi episodi evangelici a testimoniarlo. Tra tutte le donne, che attraverso l’opera di Gesù acquisiscono una nuova e più alta dignità, la “benedetta” da Dio resta naturalmente Maria in quanto modello ed esempio paradigmatici di donna amorevolmente capace di collaborare con Dio senza chiedere niente per sé, anche se può sembrare paradossale che, stando almeno ai racconti evangelici, nessun’altra donna come Maria abbia sperimentato la severità se non la durezza delle parole di Cristo.

Una volta, infatti, Gesù ancora ragazzetto la rimprovera nel Tempio, dove se n’era andato all’insaputa dei genitori per discutere con i dottori, perché ritiene che l’angoscia della madre che l’aveva perso di vista sia del tutto ingiustificata dal momento che sia lei sia Giuseppe avrebbero dovuto ricordarsi del fatto che il loro figliolo dovesse occuparsi delle cose del Padre suo; un’altra volta, sembra rivolgersi a lei in modo sgarbato, perché, durante le nozze di Cana, le risponde che non è affar suo provvedere alla penuria di vino segnalatagli appunto da Maria, anche se finisce poi per accontentarla. Una terza volta, sembra disconoscerla persino come madre quando ella, preoccupata per lui a causa di alcune voci maligne che lo volevano “fuori di senno”, va a cercarlo accompagnata dai “fratelli” di Gesù. Inoltre, non la vuole al suo seguito quando inizia la sua predicazione e la sua attività pubblica, mentre lascia che altre donne lo seguano.

Perché tanta apparente disparità di trattamento? Perché nessuna più di Maria, che aveva ricevuto l’altissimo privilegio di essere la madre di Dio, era in grado di sopportare la severa pedagogia redentiva di Cristo. E’ come se Gesù volesse educare la madre alle cose del cielo e quindi alla volontà stessa del Padre dicendole: «Mamma, tu sai e devi capire sempre meglio che, essendo venuto nel mondo per salvarlo e per redimere i peccatori, non posso fare a meno di agire non già come la tua sensibilità di donna e di madre potrebbe aspettarsi ma secondo la volontà del Padre mio che vuole che,  nel parlare con i sapienti e i sacerdoti per mettere in discussione le loro false certezze, nell’andare incontro a malati, a prostitute, a pubblicani e a miscredenti, nell’operare dei segni prodigiosi, io non renda conto a nessuno, neppure a te, di quello che faccio, del modo e del momento in cui lo faccio. Da te, Mamma, questo io mi aspetto: che tu mi serva continuando ad amare il tuo Dio senza riserve e pretese di nessun genere, senza quelle aspettative che sarebbero legittime da parte di donne comuni verso i loro figli ma che tu non puoi coltivare in quanto il tuo destino di donna comune è anche quello non comune di essere la Donna, la Sposa, la Madre di Dio e la Regina di tutti gli esseri celesti e terreni. So che, a vedermi fare determinate cose, il tuo cuore di donna e di madre non potrà non soffrire ma chi più di te è tenuto a sacrificare per amore la propria vita per me? Chi più di te alla fine mi potrà capire e potrà restarmi vicino persino nelle mie scelte più dolorose?».

Gesù quindi, attraverso la madre, intende educare gli altri, intende educare uomini e donne che non hanno la sua stessa forza spirituale, la sua stessa capacità di ascolto e di servizio, la sua stessa capacità d’amare. Gesù rimprovera la madre, la persona che ama di più al mondo, per mostrare agli altri che amare Dio non è facile anche se è normale, per mostrare a tutti in che modo e con quale spirito di rinuncia occorra invece predisporsi ad amare Dio. Egli concede alle altre donne di seguirlo perché le altre donne, che non lo conoscono ancora come la madre, possano imparare a conoscerlo meglio e ad amarlo per quello che effettivamente è e non per quello che esse vorrebbero forse che fosse. Egli concede alle altre donne di assisterlo perché imparino ad essere non semplici donne ma donne di Dio, disposte a servire gli altri nel nome e solo nel nome di Dio.

Da questo punto di vista, Gesù sa bene che la madre, nonostante i suoi limiti umani, è già più avanti di tutte le altre donne ed è più avanti di tutte le altre donne anche nel saper sopportare quel necessario pur se momentaneo distacco del figlio da sé. Certo, lei è la madre di Gesù, e la sua natura materna la spinge a seguire il figlio; ma lei è anche figlia e discepola del suo Creatore e, in virtù della sua eccellente natura spirituale, può ben esercitarsi nel tenersi ad una certa distanza da lui per imparare a rispettare la libertà di Dio, per imparare ad obbedire a Dio, per imparare a diventare una degna figlia e una degna discepola di Dio. Le donne devono guardarla attentamente, come fecero quelle che la conobbero personalmente, e seguirne l’esempio per imparare a loro volta ad essere e a diventare, ciascuna con la propria sensibilità e i propri carismi personali, vere e degne figlie e discepole di Dio.

La donna contemporanea può emanciparsi oltre ogni possibile ambiguità e mistificazione solo facendosi emula di Maria: non dubitando mai della giustizia e della misericordia di Dio, non esitando a collaborare al suo piano di salvezza e a rimanere fedele alla sua parola indipendentemente dal proprio stato sociale o economico, non recalcitrando mai dinanzi alle inevitabili difficoltà ed amarezze della vita, non anteponendo mai i propri pur legittimi desideri personali ai progetti divini, non stancandosi mai di amare il prossimo non per interesse personale ma per una pura e semplice esigenza di servizio umano e spirituale in Cristo.

Attraverso Maria, inoltre, la donna contemporanea, spesso cosí vanitosa ed ambiziosa, spesso cosí disinibita e spregiudicata nelle sue rivendicazioni sociali e personali, può anche apprendere a non pretendere di essere sempre capita e coccolata da Dio oltre che dai suoi simili, specialmente se e quando non sia sostenuta adeguatamente dal raziocinio e da una inequivocabile capacità di ascolto e di comprensione. La sua umiltà, non finta ma realmente vissuta, non le toglierà nulla della sua umanità e della sua stessa femminilità ma potrà solo contribuire ad esaltarne la funzione di donna consapevole e responsabile, di madre affettuosa e generosa, di credente riconoscente e fiduciosa, di ardente testimone dell’amore di Dio.

Le donne del nostro tempo, affidandosi col cuore a Maria, potranno rivelare al mondo, con un’azione di vita sempre intrisa di preghiera e con una presenza sociale culturale e religiosa tanto attiva e risoluta quanto discreta e riservata, di essere ancora custodi di immense riserve di verità e umanità. Potranno altresí meritare il sorriso di Dio tutte le volte che, dritte come Maria e grazie a Maria ai piedi di una croce, saranno pronte come e con lei ad essere con Gesù sulla croce.