Polsi: un santuario da restituire a Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Il resoconto giornalistico, ma non il resoconto del TG 3 Calabria, sulla processione che, come ogni anno, si è svolta il 2 settembre a Polsi, dove c’è il santuario della Madonna della montagna sfortunatamente noto anche come santuario della ’ndrangheta, recita cosí: il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Morosini, «sa che lo stanno ascoltando, che le “famiglie” di San Luca, Africo, Platì, sono venute anche quest’anno, malgrado la decimazione (300 arresti) dell’operazione Crimine di luglio. Addirittura i giovani del San Luca calcio, quelli che l’anno scorso scesero in campo col lutto al braccio dopo la morte del boss ‘Ntoni Gambazza, hanno preteso di portare loro la Croce in processione. Per farsi vedere da tutti. Perché questa da sempre è anche una storia di simboli. Il vescovo di Locri, Giuseppe Fiorini Morosini, sa che i figli della faida sono di nuovo lì davanti a lui come ogni anno, come ogni 2 settembre mischiati alla folla di Polsi, che batte le mani e canta “Evviva Maria” dietro alla statua della Madonna della Montagna. Perciò è a loro che ora parla direttamente: “Cari fratelli che avete scelto la strada dell’illegalità per costruirvi la vita, le vostre ricchezze, il vostro potere, il vostro onore, non c’è nulla che possiamo condividere. I nostri cammini non si congiungono a Polsi, se mai si dividono ancora di più”. Cosí li mette davanti a un bivio: “Convertitevi o andatevene”. Il vescovo è duro: “Non possiamo chiudere gli occhi sulla realtà calabrese”, ammonisce, “usura, droga, intimidazioni, sopraffazioni, violenza e non sarà Roma a risolvere i nostri problemi se non saremo noi a rialzare la testa”. Ma l’omelia è incompleta, c’è una parola che manca sempre: ‘ndrangheta. Il monsignore non la pronuncerà mai» (F. Caccia in “Il Corriere della Sera” del 2 settembre 2010).

E allora vediamo di pronunciarla questa parola: naturalmente per maledire e scomunicare tutto ciò che significa e tutti coloro che direttamente o indirettamente ne facciano parte, giacché i cristiani hanno il dovere di maledire e scomunicare tutto ciò che arreca grave danno ad una comunità e si configura come reiterata bestemmia contro Dio. Poi si potrà pregare per la conversione di questa gente infame, che vive deliberatamente di ladrocinio e di violenza sistematici, si potrà chiedere al Signore (ecco il senso del benedire i nemici, i malvagi) di concedere ad essa tutto il bene di cui necessita umanamente e spiritualmente, ma prima è necessario in modo inderogabile che questa gente, il suo modo di pensare e di agire, siano additati alla comunità come manifestazioni evidenti di una realtà demoniaca che si frappone pesantemente alla costruzione, già in sé faticosa, del regno di Dio e siano allontanati dal popolo di Cristo, foss’anche minima o esigua la vera entità di questo popolo. I violenti vanno isolati perché la comunità sia preservata e i membri della comunità hanno il dovere di ammonire ed emarginare coloro che danno scandalo e seminano terrore dentro o fuori la Chiesa, hanno il dovere di denunciarli pubblicamente e contrastarli con coraggio e in modo fermo e intransigente nel nome di Cristo.

Sarebbe il caso che, il prossimo anno, il vescovo di Locri impedisse a quei giovinastri, che hanno preteso “di portare la croce in processione” pur essendo amici di delinquenti e criminali ed essendo quindi nemici di Cristo, di fare i loro comodi nella comunità cattolica di quei territori, e di sostituirli con giovani non necessariamente “santi” ma almeno più rispettosi del vivere civile e più sensibili ai veri valori evangelici. E se al vescovo, a causa della loro arroganza e delle loro minacce, risultasse proprio impossibile ottenere il risultato sperato, molto meglio sarebbe che egli e la sua comunità non si recassero più in processione né a Polsi né in qualunque altro luogo in cui quei soggetti intendessero presenziare solo per esibire il loro falso onore e la loro forza tutta terrena: la Madonna di certo non si offenderebbe e, anzi, farebbe scendere copiosissima la benedizione del suo Figlio divino su tutti i figli onesti del suo popolo di Polsi. Altrimenti l’equivoco sarà destinato a perpetuarsi e la Chiesa, suo malgrado, continuerà ad essere usata e strumentalizzata da quegli individui, da quelle cosche, da quelle famiglie, da quei gruppi criminali che non figurano semplicemente ai margini della società civile ma che sono spesso ben inseriti in essa e nei suoi gangli più vitali, da tutte quelle anime marce insomma che, al di là dell’ostentazione di fede e di simboli religiosi, si sono poste in realtà al servizio di Satana senza curarsi minimamente di correggere la traiettoria del proprio destino di eterna perdizione.

D’altra parte, non è neppure ragionevole che, come si legge da qualche parte, le forze dell’ordine manifestino oggi l’intenzione di farla loro la processione a Polsi il prossimo anno, perché il problema, per quanto riguarda specificamente Polsi, non è l’esibizione una tantum della forza muscolare dello Stato, la quale peraltro dovrà essere esercitata doverosamente e utilmente in tutti gli ambiti della società civile, ma l’umile e coraggiosa presa di coscienza del popolo di Polsi che è suo il compito non già di fiancheggiare i violenti e tollerare la persistenza di piani o progetti criminali ma di espellere da sé con la massima energia possibile gli elementi ostinatamente votati a pratiche manifestamente contrarie ad ogni vivere civile e cristiano. E’ il popolo stesso di Polsi, e non altri al posto suo, che deve fare in modo che il santuario di quel luogo non sia più anche il santuario della ’ndrangheta locale e internazionale ma solo ed esclusivamente il santuario della Santa Vergine Maria che può aiutare maternamente i peccatori onesti in via di pentimento e redenzione ma non quelli disonesti che continuino a perseguire fini ignobili e perversi. O quel popolo è capace di ciò o è meglio che Polsi resti privo di popolo sino a quando non subentri una generazione di fedeli profondamente rigenerati e finalmente capaci di testimoniare in modo corretto la propria fede.

Ci sono vescovi illuminati che, al di là della singola vicenda di Polsi, hanno assunto in proposito posizioni molto coraggiose e salutari. Il vescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, diceva qualche tempo fa: “Proporrò di abolire ogni festa religiosa nei paesi dove si contano gli omicidi. Il sacro non basta per ritenersi a posto, se poi nessuno denuncia, e la cultura mafiosa è l’unica ammessa”. E il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, esortava: “Ogni comunità scelga un argomento in relazione alla situazione del proprio territorio e agisca: pizzo, usura, corruzione della politica, mafia devota che offre soldi per le feste popolari”. Non meno di monsignor Antonio Riboldi che denunciava senza mezzi termini:  “I cristiani al Sud devono svegliarsi. (…) Bisogna tagliare i ponti, anche quelli tra le nostre chiese e la cultura mafiosa, che spesso dimostra di essere devota”. La Chiesa tutta ne sia consapevole: non si può e non si deve consentire che i santuari cattolici siano santuari di criminalità e di morte, non si può e non si deve consentire che i santuari di Maria si trasformino in covi di malfattori e di empi traditori di Cristo.