Maria e la santità

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Tutti i cristiani sono chiamati a diventare “santi” perché la santità è la natura o l’essenza stessa di Dio. Anzi, come molti sanno, Dio è Cadosh, Cadosh, Cadosh, cioè tre volte santo, e, benché a nessuna creatura umana sia concesso di pervenire ad un grado cosí elevato di santità, noi tutti, sforzandoci di operare secondo gli insegnamenti di Gesù, possiamo metterci nella condizione di partecipare della assoluta santità di Cristo-Dio sia pure in misura e forme diverse. Alla fine, agli occhi di Dio, il buon ladrone crocifisso è santo come lo è san Pietro e Maria di Magdala è santa come Maria di Nazaret, anche se diverse sono le interne articolazioni di queste forme di santità e di amore verso Dio e i fratelli e diversi sono verosimilmente i posti che questi personaggi sono destinati ad assumere nella “comunione dei santi” e nel regno di Dio.

A nessuno di noi il Signore chiede di essere santo come san Paolo o come san Francesco e santa Chiara perché ognuno è chiamato ad essere o diventare santo, in virtù della grazia divina, nel suo determinato contesto di vita e secondo le sue capacità e le sue particolari predisposizioni ovvero secondo i talenti di cui dispone e secondo la misura in cui li fa fruttare. Per cui tutti i santi sono uguali quanto a dignità dello sforzo comune compiuto per corrispondere alla volontà del Signore e al tempo stesso diversi per la specificità delle funzioni assolte nel quadro del progetto salvifico di Dio stesso. Sicché non potrà accadere che in cielo un santo sia più felice di altri santi perché tutti e ciascuno godranno di eterna e identica beatitudine pur in ruoli diversi. 

La differenza reale e assolutamente incolmabile, invece, sussisterà tra i santi e i dannati, donde la necessità di darsi da fare, con intelligenza e amore, per far parte dei primi ed evitare il destino dei secondi. E possiamo darci da fare non con timore e con la paura che l’impresa della santità sia più grande dei nostri mezzi personali ma con l’entusiasmo di chi certo si sa troppo limitato e debole per poter aspirare alla santità e tuttavia la ricerca ugualmente con tutte le sue forze fidando nella compassione e nella misericordia divine. Il santo in genere non è un superman ma una creatura che ha consapevolezza del suo stato di peccato e avverte il bisogno del perdono e dell’amore di Dio facendo sinceramente e onestamente del suo meglio per non separarsi mai da lui. Persino la madre di Gesù, misteriosamente rimasta immune dal peccato originale, ebbe a sperimentare limiti di comprensione e difficoltà esistenziali che sono comuni a tutti gli esseri umani nonché il bisogno spasmodico di un Dio mai perfettamente conosciuto e conoscibile ma sempre appassionatamente cercato, amato ed invocato. 

Oggi la madre di Gesù, per volontà del Figlio, è anche nostra madre che dall’alto dei cieli e ormai perfettamente consapevole di tutti i misteri di Dio si prende cura di noi specialmente quando, sotto la poderosa azione dello Spirito Santo, iniziamo a confidare in lei e a chiederle di portarci o di trascinarci sempre più vicino a Gesù. Ella è solidale con noi, perché conosce per esperienza personale le debolezze e le angosce dei suoi simili ma anche le loro esigenze di rivolgersi al Signore e di migliorare o santificare le condizioni complessive della propria vita. A chi dunque più che a Maria ci si deve rivolgere per ottenere la grazia salvifica del figlio suo divino? Non perché la misericordia di Dio non sia in sé già perfetta e tale da esercitarsi pienamente anche a prescindere da sollecitazioni esterne ma perché essa, per libera scelta di Dio, viene internamente alimentandosi anche in rapporto alle istanze e alle preghiere delle sue creature e in particolare di quelle creature che sono state rese da lui meritevoli o capaci di condividere in modo esemplare la sua gloria.

 La misericordia di Dio necessita anche delle nostre preghiere specialmente quando esse rispecchiano una vita virtuosa ed immacolata, e siccome Maria è l’Immacolata tout court è facile intuire come il Signore, dinanzi alla sua preghiera di intercessione, non possa rimanere insensibile. La misericordia divina non è astratta, non consiste solo in una serie di atti misericordiosi unilaterali, come la creazione o l’incarnazione di Dio, l’infinita disponibilità al perdono e alla salvezza degli uomini, ma anche nella concreta relazione che si stabilisce tra Dio e le creature e in quella preghiera di lode e di santa domanda che è un momento costitutivo, imprescindibile e ineliminabile della divina misericordia medesima. Dio non ama la prevaricazione ovvero richieste o pretese che collidano manifestamente con la sua legislazione e con la sua volontà, ma ama l’insistenza anche accanita di chi, come sua madre, fidando incondizionatamente in lui, gli chieda più vino e più amore per gli sposi e tra i commensali ovvero per quel popolo d’Israele in cui l’amore si sta spegnendo, o come la donna siro-fenicia che ha l’ardire di interloquire con Gesù dopo aver già ricevuto da lui una risposta negativa. Più viene scocciato dalle preghiere sincere e martellanti dei suoi figli, più Dio si concede e concede grazia in abbondanza: contrariamente a ciò che accade molto spesso tra gli uomini, Dio ama gli scocciatori, quelli che non demordono mai anche quando le cose vanno loro malissimo.

Ora, chi più di Maria, che lo ha tenuto in grembo, lo ha tenuto tante volte tra le mani, stringendolo spesso al petto, educandolo lei stessa alla fede e alla carità, lo ha sottoposto in vita e continua a sottoporlo in cielo ad interminabili ed accorate istanze di grazia, e quali richieste più di quelle di sua madre potrebbero renderlo più lieto e risultare più organiche all’esplicarsi della sua misericordia? La misericordia di Dio non è automatica ma resta pur sempre correlata al comportamento, oltre che ai reali bisogni, degli uomini. E Maria è madre di tutti gli uomini e le donne indistintamente, madre che perora per tutti la divina misericordia e in particolare per coloro che, tra le contraddizioni e i drammi dell’esistenza, confidano pazientemente e ardentemente in Dio. Essendo anche regina degli esseri celesti e terreni esercita poi tutti i suoi poteri di grazia che le sono stati assegnati dal Figlio suo per l’eternità.

Ecco perché a Maria ci si può e deve rivolgere per poter sperare di poter progredire nella santificazione della propria vita, in una santificazione che, anche nei casi di maggiore perseveranza e tenacia spirituali, non è mai lineare, mai irreversibile e compiuta. La santificazione della vita, peraltro, è un compito che non riguarda solo il clero, i sacerdoti, ma “riguarda tutti, nessuno escluso” (come recita l’esortazione apostolica “Christi fideles laici” di Giovanni Paolo II). Dunque, tutti sono tenuti ad ascoltare e a mettere in pratica l’assai ricorrente invito biblico: “Siate santi, perché Io il Signore vostro Dio, sono santo” (Levitico, 19, 2); “cammina alla mia presenza e sii perfetto” (Genesi 17, 1); “Quello che Dio vuole (da voi) è che siate santi” (2 Tessalonicesi 4, 3); “Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione” (1 Tessalonicesi 4, 3 e 7); “Siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere” (Filippesi 2, 15).

Certo, le anime consacrate, i sacerdoti, i religiosi, dovrebbero essere ancora più sensibili ad un invito cosí imperioso e pressante. Non è un caso che Paolo VI proprio ai sacerdoti, alle suore e ai frati di tutto il mondo si rivolgesse in questi termini: «Costoro sono di fronte ad un terribile dilemma: o essere santi, totalmente, senza compromessi, per raggiungere la loro piena dimensione, o ridursi a scherzi, a caricature, a essere malsicuri e abortivi» (24 novembre 1969). Ancora oggi tale esortazione appare purtroppo attualissima, giacché forse non sono pochi i sacerdoti, le suore e i frati che si annoiano, si imborghesiscono o si lasciano andare ad abitudini non molto edificanti, dimenticando che alla santità può tendere solo chi vive e testimonia la sua fede con entusiasmo, con impegno e generosità. Per cui sia i laici, sia i sacerdoti, sia i religiosi in genere, volendo perseguire coerentemente la propria santità, è opportuno che diventino come i bambini, che diventino piccoli come i bambini, i quali confidano istintivamente nell’aiuto e nella protezione di chi li ama, e si accontentano “delle piccole cose” che bastano a renderli felici: come ha scritto Giovanni Paolo II, per «entrare nel Regno dei cieli bisogna avere sentimenti grandi, immensi, universali; ma bisogna sapersi accontentare delle piccole cose, degli impegni comandati dall’obbedienza, della volontà di Dio come si esprime nell’attimo che fugge, delle gioie quotidiane offerte dalla Provvidenza; bisogna fare di ogni lavoro, per quanto nascosto e modesto, un capolavoro di amore e di perfezione» (Omelia del 14 agosto 1979).

E chi può diventare come i bambini più di coloro che si affidano a una madre, alla propria madre, a colei che Gesù stesso ha voluto e ordinato che fosse Madre di tutta l’umanità e di ciascuno di noi? Chi ha fede in Gesù non può correre mai il rischio di esaltare a dismisura o sconvenientemente sua madre quando la si voglia rispettare, lodare, onorare e implorare con tutta la propria vita, con tutte le proprie forze, perché sua madre è nostra madre, è mia madre, è il riflesso purissimo della tenerezza stessa di Dio pur essendo una creatura come noi alla quale però il Signore ha voluto concedere di essere venerata al di sopra di tutte le creature per aver saputo accogliere il Creatore come nessun’altra creatura seppe fare prima di lei e avrebbe saputo fare dopo di lei. La nostra santità passa pertanto attraverso la nostra semplice e umile genuflessione esistenziale dinanzi a Maria, alla Madre di Dio e di noi tutti, alla Regina del cielo e della terra.

Probabilmente non ha esagerato san Massimiliano Kolbe nel dire: «se qualcuno fosse già con un piede nell’inferno, potrà anche divenire grande santo: basta che immediatamente cominci a correggersi, a confidare nell’Immacolata e ad amarla con tutto il cuore». Siccome, alla fine, l’unica vera gioia dell’uomo è “quella di santificarsi”, come osservava Igino Giordani, che fu il cofondatore del Movimento dei Focolari con Chiara Lubich, preghiamo Maria frequentemente di giorno e, quando non riusciamo a dormire, anche di notte; con la parola o solo con il pensiero, affinché ci renda capaci di spiritualizzare progressivamente e tenacemente tutti i nostri sensi e tutti i nostri pensieri. E potremo diventare santi a passi da gigante, nonostante i nostri limiti e le nostre debolezze. E saremo accolti in cielo perché saremo stati fatti santi.