Il Magnificat e la personalità di Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Maria fu amata e prescelta dal Padre celeste come madre del suo Figlio unigenito perché la sua fede in un Dio infinitamente giusto e misericordioso era pari alla sua innocenza, all’innocenza dei suoi pensieri e dei suoi comportamenti, di tutta la sua vita. Il Signore l’aveva predisposta ab aeterno a sentire per lui un amore non passionale e tuttavia appassionato, fuori del comune e tuttavia semplice ed immediato, sovrannaturale e naturale al tempo stesso, un trasporto affettivo incontenibile seppur spiritualmente disciplinato, un’attrazione superiore alla stessa attrazione carnale che un’amante avverte verso il suo amato.      

Per questo Maria fu gioiosa per tutta la vita e un senso sia pure compresso e mortificato di gioia albergò nel suo cuore persino nei momenti più difficili e drammatici della sua esistenza, in particolare quando venne a trovarsi sgomenta e priva di forze ai piedi della croce al cospetto del Figlio moribondo. Fu gioiosa perché di tutte le persone care che pure le capitò di amare profondamente e incondizionatamente nessuna le fu più cara ed emozionalmente vicina come la persona di Dio, come Dio percepito come persona, come Dio che si fa persona, e questo fu il suo principale sentimento anche prima che portasse in grembo il figlio di Dio, Cristo il Salvatore.

Fu gioiosa e attiva, concreta, laboriosa: non dedita ad una preghiera puramente rituale e contemplativa, ad una preghiera “mistica” e confinata nel chiuso delle mura domestiche, ma piuttosto ad una preghiera espressa con il canto e con la danza e calata nelle azioni stesse della quotidianità, non puramente consolatoria ma capace di aprire lo spirito alle sorprendenti novità della vita e ad un impegno risoluto per una umile ma continua attuazione della volontà di Dio in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, agli oppressi. Maria fu dedita insomma ad una preghiera che, già in sé prodotto di una particolare ed integra esuberanza spirituale, fosse capace di alimentare sia la gioia, derivante dalla certezza interiore di un Dio che non avrebbe lasciato per sempre i suoi “poveri” nel dolore e nella necessità, sia un impegno umano fiduciosamente volto a perseguire la giustizia divina nella giustizia umana e al di là di essa.  

Sempre aperta alla gioia e alla vita, sempre pronta al sacrificio e alla morte per il Suo Dio e nel nome del suo Dio: questa fu Maria di Nazaret. Sin da bambina sperimentò un Dio non crudele e non oppressivo ma immensamente amorevole e giusto, leggero seppur potente e non pesante e invadente, tenero e rassicurante  seppur esigente e intransigente e non angosciante ed asfissiante: e lo pregò e lo lodò giorno e notte non per paura ma per amore, sempre consapevole del fatto che Egli fosse l’unico argine e l’unica difesa contro tutte le paure provenienti da un mondo spesso iniquo e violento. Insieme al suo Dio affrontò tutti gli avvenimenti di questa vita terrena in pienezza di spirito e di sensi e con energica laboriosità: cosí poté conoscere una felicità incontenibile quando seppe che avrebbe potuto offrire il suo grembo e il suo cuore al Figlio suo unigenito e nello stesso tempo non esitò ad affrontare un lungo e pericoloso viaggio per avere la conferma di aver ben capito le parole dell’angelo e per mettersi al servizio della cugina Elisabetta a sua volta in attesa di un figlio, cosí poté ricevere come donna il privilegio irripetibile di essere contemporaneamente figlia madre e sposa di Dio e insieme poté amare di tersissimo amore verginale un uomo di nome Giuseppe da cui si sentí riamata aiutata e protetta in contingenze non semplici di vita, cosí partecipò a feste di nozze dove ebbe una volta l’ardire di chiedere a Cristo il suo primo miracolo pubblico ma anche all’evento più crudele di tutta la sua esistenza terrena dinanzi alla croce di Gesù morente quando tuttavia fu da quest’ultimo nominata madre e regina di tutta l’umanità.

Il divino la pervase senza però che niente di ciò che è umano, tranne il peccato, le rimanesse estraneo. Ora, Il Magnificat fornisce una chiave di lettura abbastanza chiara non solo della particolare intensità della fede di Maria ma anche di questa sua complessa e variegata personalità umana e della sua combattiva psicologia femminile. Giacché esso non è solo una chiave di lettura teologica della storia umana ma innanzitutto una spia oltremodo significativa della mentalità e della sensibilità di Maria come credente e come donna.

Esso rivela infatti che Maria è una credente convinta, una credente che non biascica meccanicamente preghiere e versetti biblici né rimugina ossessivamente nozioni teologiche già acquisite, ma una credente che, pur forte di cose e nozioni essenziali già apprese, si apre continuamente al nuovo della vita e della storia e cerca la vera sapienza e potenza di Dio non solo o non tanto nei fatti del passato ma negli accadimenti del presente e del futuro. Esso rivela anche che Maria è una donna di temperamento, una donna risoluta, una donna tanto riflessiva quanto combattiva, e soprattutto una donna che prende inequivocabilmente posizione a favore degli umili, degli oppressi, dei poveri di ogni genere che confidano nel Signore, e che non è portata a simpatizzare istintivamente con i superbi, i potenti e i ricchi di ogni epoca, con tutti coloro insomma che non temono e non amano Dio se non forse a parole e quale che sia il loro specifico ruolo sociale o religioso.

Anche per questo non sembra del tutto condivisibile quello che scrisse molti anni or sono il valente mariologo René Laurentin, e cioè che la fede mariana sarebbe fede in «un mondo rinnovato dove anche ai ricchi liberati dalle loro vuote ricchezze è ridata la dignità dei poveri: “Rovesciando i potenti, Dio li libera dalle loro vane illusioni e li promuove alla dignità dei poveri”» (Il Magnificat, espressione della riconoscenza di Maria, Queriniana, Brescia, 1993, p. 101), dal momento che non è di poco conto il dover precisare che anche per Maria i ricchi, affinché possano essere da Dio liberati dalle loro illusioni e promossi alla dignità di poveri, devono innanzitutto recuperare il senso della loro reale povertà dinanzi a Dio stesso e agli uomini e ripudiare in pari tempo tutte le loro ricchezze materiali usandole praticamente per venire incontro ai bisogni dei non abbienti e degli emarginati. 

Il Magnificat ci dice altresí che Maria è una donna semplice, alla mano, lineare, priva di complicazioni psicologiche anche se non ingenua, e quindi portata a prediligere i rapporti umani diretti, sinceri, franchi, onesti e senza formalismi di sorta che ne ostacolino la veridicità e la schiettezza; che Maria è una donna modesta e leale ma oltremodo forte ed autorevole e persino spregiudicata, che parla con un certo piglio persino al e con il suo Salvatore e al tempo stesso non transige sulla fedeltà sostanziale e non conformistica agli insegnamenti e alle promesse del suo Signore, pur non essendo né una protofemminista né una contestatrice ante litteram; che è infine una donna dolcissima ma non sdolcinata o svenevole, che amorevolmente e teneramente si dona a chiunque le si rivolga e le si affidi con fiducia ed amore.

Maria in questo mondo fu un’«umile star» (M. De Sanctis, Maria di Nazareth. Il boom di una umile star, Ravenna, SBC Edizioni 2010), che a dire il vero non seppe mai veramente di esserlo a causa del destino glorioso ma tragico che l’avrebbe accompagnata sino all’ultimo giorno di vita. E oggi, per nostra fortuna, è una star sempre umile ma potente, anzi l’unica star onnipotente per grazia, e riconosciuta e celebrata festosamente in cielo e in terra in quanto madre e regina di tutti gli esseri celesti e terreni.