L'attualità della "Caritas in veritate" a due anni dalla promulgazione

Scritto da Mariano Cherubini.

 

   Due anni fa, il 29 giugno 2009, veniva promulgata l’Enciclica “Caritas in veritate”, raccolta di tematiche ed indirizzi morali di grande attualità. “Ubi societas, ibi ius”: il diritto rappresenta il motore della società contemporanea. Lo sviluppo economico ad esso correlato, comporta la presenza di alcune disparità nello Stato e tra gli Stati, taluni  più poveri, altri più ricchi.

    La disparità  genera  a sua volta corruzione ed illegalità. Il lavoro, la mobilità, l’associazionismo, l’assistenza pubblica e privata, nei loro riscontri positivi, sviluppano la libertà e la creatività dell’individuo.

    Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità. La logica mercantile va superata, perché va finalizzata non solo al proprio interesse, ma al bene comune e collettivo, di cui si deve far carico la comunità politica.

   L’economia presuppone  lo sviluppo dell’impresa, collegata a sua volta al profitto, che non esclude  finalità mutualistiche e sociali. La delocalizzazione del lavoro in aree esterne, si dovrà far carico della “responsabilità sociale” e va riferita ad un assetto problematico, così come dannoso per lo Stato ed  il cittadino è da considerare il trasferimento di capitali all’estero e la speculazione in genere (Paolo VI, 1967).

   Tutto ciò sottolinea un impegno economico e morale, dell’imprenditore, nel campo della globalizzazione economica.  L’impegno sociale e morale della società, punta all’attenzione e rispetto della vita e della famiglia.  La cura e l’impegno  per la famiglia e  per la società, fanno  sì che vengano ad essere modificati alcuni messaggi oggi dilaganti.  La  sessualità, ad esempio, si avvantaggia del costume e dei mezzi di comunicazione, ma non va asservita a “fatto edonistico o ludico”, bensì va vissuta responsabilmente. La Chiesa non fa eccezioni per ricchi o potenti. La permissività dei costumi si basa su un’erronea concezione della libertà umana (Catechismo 2526).

    Non va minimizzata la “cultura della morte”, che ha varie modalità d’espressione, come nell’aborto, nella pianificazione eugenetica, nel “gay marriage”, nell’eutanasia, esempi che non possono essere condivisi, anche se proclamati  da comunità internazionali  politiche e sociali.  Tali posizioni, negando la dignità umana, sviluppano una concezione materialista e meccanicistica della vita umana.

   Una parte significativa dell’Enciclica è rivolta alla cura dell’ambiente, oggi di grande attualità. Lo sviluppo della società è collegato al rapporto  dell ’ uomo con l’ambiente. L’ambiente va utilizzato nel rispetto dell’equilibrio del creato, considerando che il suo danneggiamento, influisce negativamente sullo stato di vita, di salute e dell’economia, giungendo fino a comprometterne la sopravvivenza e la discendenza.  I progetti per lo sviluppo vanno basati sulla solidarietà e giustizia intergenerazionale. Ciò vale per i consumi energetici, che andrebbero orientati nella direzione dell’innocuità,  evitando  prodotti dannosi o un loro uso abnorme (segnalati dalle norme REACH o in campo medico dalla IARC). Una particolare attenzione va alle risorse non rinnovabili, che vanno protette e condivise, con i nostri successori ed i paesi poveri, sulla base di un’umana solidarietà (sostenibilità). Le energie rinnovabili oggi sono conosciute ed il loro sviluppo auspicabile ed economicamente vantaggioso.   Su questi temi la CEI (11.11.2007) sottolinea la presenza di  adeguati stili di vita, produzione e consumo, improntati al “progresso sostenibile”, nella riscoperta della sobrietà, che estirpi la brama del possesso e del lusso, che induca l’uomo a usare la terra senza abusarne, evitando l’inutile, il superfluo, l’effimero. Si osservi che l’ambiente non è preda da saccheggiare, ma giardino da custodire. La produzione del rifiuto, sia urbano che industriale o pericoloso, in quanto dannoso, deve subire un controllo ed una limitazione. Non sempre il civismo di una nazione, rispetta la correttezza del riuso, riduzione, riciclo, smaltimento, specie quando venga effettuato in spregio al rispetto igienico-sanitario della comunità.

   La globalizzazione fa emergere i limiti dello sviluppo, quelli della manipolazione del creato, i limiti del mercato e della politica, quelli della tecnica lasciata a se stessa…” (G. Crepaldi, 2007)

   I nuovi stili di vita rappresentano fattori di crescita, che determinano scelte opportune di consumi, risparmi e investimenti, che facciano evitare la desertificazione per l’aumento delle temperature,  perseguano  limiti alle emissioni, difendendo le qualità dell’acqua, della terra, dell’aria, rispettando cioè “l’ecologia dell’uomo”.

   E’ auspicabile le comunità internazionali e singoli governi sappiano contrastare le modalità di utilizzo dell’ambiente, che risultino ad esso dannose. Quanto vediamo nel campo energetico, nell’economia, nella preservazione ambientale  e nella crescita morale, può renderci solidali nello sviluppo sostenibile ed umano della carità nella verità. Questi principi rimangono attuali e andranno ancor più meditati.