Per parlar chiaro sulla Chiesa di Cosenza

Scritto da Francesco di Maria.

 

Caro don Gino, caro don Michele, oggi esco dall'anonimato dietro cui, non per viltà e cattiveria ma solo per spirito di carità (esattamente: spirito di carità) verso di voi, mi ero parzialmente nascosto qualche tempo fa, perché vedo che quell'anonimato non è servito alla causa per la quale era stato usato, anzi ha finito per rendervi ancora più sordi agli umili e disinteressati appelli di chi ha in animo solo il bene della sua e vostra comunità parrocchiale. Peraltro, la situazione si è ulteriormente aggravata perché, nel frattempo, avete ritenuto di poter cancellare la messa del mattino nei giorni feriali per i mesi di luglio e agosto per ragioni che non solo a me ma a molti vostri parrocchiani appaiono giustamente incomprensibili e ingiustificabili, soprattutto alla luce del fatto che il vostro ruolo nella parrocchia di piazza Loreto è, per entrambi, di parroci che, a parte la stranezza di questa decisione vescovile, vi dovrebbe consentire facilmente di garantire un pieno servizio sacramentale e spirituale all'intera comunità e quindi ad ogni singolo membro di essa.

Non voglio dire che i campi estivi per ragazzi non abbiano la loro importanza ma l'assistenza spirituale ai ragazzi può e deve essere offerta solo compatibilmente con le esigenze comunitarie della parrocchia e non a loro detrimento, anche perché far mancare in una parrocchia la santa messa del mattino è come fare mancare la forza e la benedizione di Dio a chi di esse necessita per affrontare una dura giornata di impegno o di sofferenza. Così come non è pastoralmente corretto intrattenersi troppo a lungo solo con pochissime persone della parrocchia, perché particolarmente "amiche" o "affezionate e gratificanti", dal momento che un pastore che si rispetti sarebbe tenuto a trascorrere la maggior parte del suo tempo con i "più lontani" e magari con i più "fastidiosi" (a ragione o a torto).

Vedo però che il dissesto riguarda anche altre chiese cittadine (non so a livello diocesano perché non ne ho diretta esperienza), dove per ore e ore, soprattutto d'estate ma anche nei periodi ordinari, è veramente difficile trovare in chiesa un sacerdote che sia pronto a confessarti e che magari ti aspetti già in confessionale, visto che confessare i penitenti non è un piacere, una gentile concessione del sacerdote ma un suo preciso e inderogabile dovere. Ci sono, d'altra parte, alcuni bravi sacerdoti, perlopiù giovani, che sono valorizzati ma forse non come dovrebbero e meriterebbero per il particolare zelo che infondono nella loro quotidiana attività pastorale e a cui probabilmente bisognerebbe dare più spazio e autorità per mettere a posto cose che potrebbero facilmente e dovrebbero comunque essere messe a posto nella nostra città, in cui il governo e la sorveglianza vescovili dovrebbero essere forse esercitati con maggiore rigore e con più determinata risolutezza.

Qui a Cosenza, ed è augurabile che si tratti di un fenomeno pur sempre momentaneo, già da troppo tempo si assiste a disdicevoli fenomeni di arroganza clericale: dal frate ormai anziano della chiesa di sant'Antonio in Commenda di Rende che, se anche vede che stai crepando, si rifiuta categoricamente di confessarti di mattina perché l'orario ufficiale per le confessioni è dalle 18 alle 19 (!) al prete che, pur sapendo bene chi sei, fa sempre finta di non riconoscerti (chissà poi per quale motivo!). E anche a fenomeni di incommentabile stoltezza come quello per cui alcuni preti cittadini o di zone limitrofe si danno aria di intellettuali e di teologi senza disporre di strumenti adeguati per esercitare la difficile arte dell'intellettualità e di quella teologica in particolare o tengono ad esercitare molto di più la loro presunta vocazione giornalistica che non quella esclusivamente silenziosa e "marginale" di pastori di anime.

Tutto questo finisce per pregiudicare la credibilità della Chiesa cosentina e per togliere luce alla luminosa Parola di Cristo, per cui sarebbe tempo che, prima di parlare male e in modo tendenzialmente "moralistico" dei mali del mondo, i maggiori responsabili della Chiesa cosentina si sforzassero di cambiare registro e di aprire nuovi e più genuini orizzonti di fede alla nostra gente. Quanto a me, che mi sento più peccatore di coloro cui direttamente o indirettamente mi sono rivolto, non posso fare altro che chieder loro perdono se ne toccherò la suscettibilità, ma erano cose che qualcuno doveva dire e che, non avendo mai sentito voci che opportunamente si levassero alte dal clero, io ho cercato di dire da laico con fraterna e caritatevole chiarezza.