Maria e gli sposi

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Come a Cana, anche oggi Maria Santissima non fa mancare la sua presenza a tutti coloro che decidono di sposarsi, a cominciare dal loro primo giorno di nozze che è un giorno di festeggiamento e di gioia. Non fa mancare la sua presenza, naturalmente, a tutti gli sposi, indipendentemente dalle loro credenze personali e dal grado di integrità della loro vita, ma in particolare a quelli che con sincerità di cuore e onestà di intenti si uniscono in matrimonio per non lasciarsi più sino alla fine dei loro giorni e per aiutarsi reciprocamente in tutte le vicissitudini della loro vita.

Maria, infatti, è strenua paladina di un amore indelebile tra gli sposi e di un amore che, lungi dal ridursi a mera attrazione sessuale pur umanamente e relazionalmente necessaria tra essi, sia già consapevolmente predisposto a forme disinteressate e generose di  mutua donazione spirituale. Maria ha una particolare predilezione per gli sposi che intendano contrarre le proprie nozze alla luce delle nozze che ciascuno di essi abbia già contratto o voglia contrarre con Dio, perché è ben consapevole del fatto che il futuro della terra che ci ospita passa necessariamente attraverso l’amore e la solidità morale e spirituale della famiglia e dunque del fatto che occorre benedire questa cellula primaria e vitale della società ed impegnarsi nella difesa ad oltranza della sua indissolubilità, come dell’indissolubilità del matrimonio tra uomo e donna su cui nasce e si fonda, contro un’opera ormai generalizzata di distruzione di questa vera e propria riserva aurea di umanità e di fede.

Forse quella candida e risoluta ragazza di Nazaret, cui era toccato in sorte di diventare la madre di Dio, non sospettava minimamente che un giorno, nella storia degli uomini, si potesse non solo parlare tanto accanitamente ma addirittura farsi avvocati d’assalto dei cosiddetti matrimoni omosessuali e di una struttura familiare diversa da quella rigorosamente e tradizionalmente eterosessuale.

Oggi, da più parti, e anche talvolta in casa cattolica, nel nome di presunti diritti naturali ed inviolabili si viene assumendo un atteggiamento talmente “tollerante”, “concessivo”, “solidale” verso fenomeni di degrado e di perversione sociali oltre che sessuali, da non curarsi per nulla delle possibili e, alla lunga, inevitabili conseguenze: la distruzione delle stesse fondamenta dell’amore, del matrimonio, della famiglia e la loro sostituzione con un illusorio mondo di libertà e di autonomia morale fondate unicamente su un costume trasgressivo e licenzioso.

Non solo: proprio perché cosciente di quanto un rapporto matrimoniale possa essere fragile ed esposto a pericoli psicologici di logoramento e di disaffezione coniugali, con conseguenti danni per i figli eventualmente messi al mondo, Maria continua a chiedere in cielo per tutti gli sposi della terra quel che chiese a Cana a suo figlio Gesù: “Figlio mio, questi sposi non hanno più vino, il loro amore rischia già ora di nascere morto o asfittico: se non si provvede subito a infondere in essi la convinzione dell’importanza umana e spirituale di quello che hanno deciso di fare, la forza di affrontare con gioia e determinazione tutte le difficoltà che potenzialmente ineriscono la loro decisione di vivere insieme, la capacità di apprezzare la prelibatezza del dono loro concesso da Dio e la felicità di sentirsi investiti di un nuovo e prezioso compito umano e sociale, essi vedranno subito compromessa la loro festa e la loro speranza di potersi amare, al di là di ogni contrarietà, per tutta la vita. Dunque, Signore, non fare mancare loro, né ora né mai, il vino squisito e raffinato di un amore che non si esaurisca né nel possesso dei corpi, né in continue emozioni di facile consumo, né in calcoli grettamente utilitaristici, ma sia capace di trasformarsi continuamente in reciproca capacità di ascolto e di comprensione, in reciproco servizio e spirito di sacrificio, e soprattutto in una fede comune sempre nuova e capace di generare una perenne speranza di benessere spirituale”.

Questo è ciò che Maria chiede ancora oggi a Gesù, mentre ella stessa, sulla base della via della verità e della vita da questi annunciate, si prodiga al fine di insegnarci ad amare, a credere, a sperare, ad operare il bene per noi e il nostro prossimo. «Madre della Chiesa, Regina della Famiglia», ha scritto qualcuno, Maria «non smette di vigilare sulle nostre case e intercede per noi, ogni giorno, il dono della comprensione, del reciproco rispetto, del perdono e della pace. Sulla nostra vita estende il suo sguardo, i suoi occhi misericordiosi si volgono a noi. In questa valle di lacrime, ella ci mostra ancora Gesù, il frutto benedetto del suo seno. E ci ridà la forza di sperare e amare».

Maria, in quanto protettrice degli sposi, assolve la funzione di tutelare dagli attacchi del Maligno il senso originario e originale, ovvero il senso divino, del matrimonio. Nel pensiero di Dio il matrimonio è un progetto. E, poiché “progettare” significa “gettare in avanti”, amarsi da persone sposate non significa “stare a guardarsi negli occhi”, coltivando interessi affettivi puramente personali o interpersonali, ma “guardare insieme verso la stessa meta”, per usare l’espressione di un nostalgico di Dio come Antoine Jean-Baptiste Marie Roger de Saint Exupery, ovvero, in senso cristiano, verso le finalità storiche e metastoriche di quella salvezza elargitaci da nostro Signore Gesù Cristo.

Quanti oggi, nel nome di un malinteso spirito di progresso o di evoluzione civile e non di rado per evidenti seppur inconfessati motivi politico-demagogici, propongono di non ridurre l’idea di matrimonio e di famiglia alle loro forme tradizionali ovvero fondate da una parte su un rapporto eterosessuale e dall’altra su un principio di indissolubilità (tranne casi molto particolari o estremi previsti da Gesù stesso), non sembrano comprendere come, nell’allontanarsi dalla sostanza etico-religiosa originaria del matrimonio, si possa solo contribuire ad indebolire la complessiva struttura spirituale della società e a spingerla verso  pericolosi e degradanti livelli di convivenza, al di là dei quali diventa difficile immaginare l’esistenza di un sia pur minimo barlume di civiltà.

E la sostanza etico-religiosa originaria del matrimonio, ovvero quella presente nella mente stessa di Dio al momento della creazione, è spiegata bene da sant’Agostino, il quale, considerando il matrimonio alla maniera del diritto romano come un contratto e quindi come un accordo derivante dal consenso degli sposi, spiega che quel contratto o quell’accordo raggiungono la loro espressione più alta e più umana solo alla luce del Vangelo, secondo cui la vera unione tra gli sposi si ottiene ben al di là di una semplice unione sessuale o di una comunione puramente corporea e più esattamente nel quadro di una carità coniugale che, senza prescindere dal sesso, sia anche capace di sublimarsi in un amore profondamente o unicamente spirituale: come quello, altissimo e irraggiungibile, tra Maria e Giuseppe.