I cattolici si guardino da banchieri e mercanti!

Scritto da Francesco di Maria.

 

I «poteri forti» sarebbero il frutto di un’invenzione ossessiva che attraversa i secoli, almeno a partire dalla rivoluzione francese, e giunge sino a noi. Quindi, non è recentissima l’idea che “complotti” e “burattinai” decidano il destino di tutti gli altri mortali. Questo sosteneva Vittorio Messori in un’intervista rilasciata poco più di un anno fa («Non credono al Diavolo ma credono ai diavoli. Ridicolo!», Intervista di Alberto Di Majo a Vittorio Messori su “Il Tempo” del 21 novembre 2011): «La gente», egli diceva, «non crede più al diavolo ma ai diavoli. L`ossessione complottista, la ricerca ossessiva di chi sta dietro è un modo per compensare il bisogno istintivo di attribuire il male a qualcuno». L’ossessione dei “poteri forti” riempie sempre quel vuoto che si crea tutte le volte che una società viene coinvolta da una crisi strutturale particolarmente dura e devastante di cui non si riesce ad individuare perfettamente le cause: «E’ dalla caduta della societas cristiana che si va alla ricerca dei responsabili del male. Ovviamente vengono identificati i grandi colpevoli ma anche i piccoli, una sottospecie di colpevoli, come i massoni, i banchieri o l’Opus Dei». L’intellettuale cattolico si mostrava pertanto certo del fatto che quella dei “poteri forti” sarebbe una semplice fantasia popolare, una leggenda con cui si cerca di spiegare tutto quello che contrasta sistematicamente con i desideri e con i bisogni della gente e della società.  

Ma che ci siano luoghi, salotti, abitazioni residenziali lussuose e appartate, in cui alcuni potenti del mondo si riuniscono periodicamente e segretamente per confabulare, ordire piani o tramare per il perseguimento di precisi interessi politici e finanziari, è vero o non è vero? Secondo Messori, anche questo è solo un “mito”, nel senso che i «salotti sono finiti negli anni ‘20-‘30. La storia è sempre la stessa: c’è un bisogno di oscuro, di diabolico» (Ivi). La Chiesa in generale probabilmente, come sostiene Messori, non è un “potere forte”, ma ciò significa forse che non possano esservi cardinali ed alti prelati che gravitano attorno a quei clubs esclusivi di rilievo nazionale e internazionale in cui si esprimono giudizi e si prendono spesso decisioni molto importanti per il destino stesso dei popoli? Ma, al di là del possibile coinvolgimento di uomini di Chiesa nei cosiddetti “poteri forti”, questi poteri esistono o non esistono oggettivamente?

Per esempio, dietro il governo Monti, se non la massoneria e il Vaticano, non ci sono quanto meno i grandi banchieri, gli attori della finanza che conta? La risposta è stupefacente: «Sa che le dico, magari fosse cosí. Questa crisi economica è stata certamente provocata dalle banche e da una finanza allegra o, direi meglio, irresponsabile. Allora a questo punto mi augurerei che dietro a Monti e ai ministri ci fossero quella grande finanza e quelle banche che hanno perso moltissimo in questi mesi. Se fosse vero, risolvendo la crisi per loro ne avremmo vantaggi anche noi» (Ivi).

Messori evidentemente non si rende conto di quello che dice: pensa che il punto decisivo di risoluzione della crisi siano ancora, malgrado tutto, la grande finanza e le banche, ovvero il grande capitalismo finanziario! Messori dimentica tra l’altro che la Chiesa cattolica, almeno sino all’età moderna, ha sempre denunciato l’usura, fondamento del capitalismo e degli istituti finanziari contemporanei, come pratica peccaminosa e peccaminosa non in quanto prestito a un tasso troppo elevato di interesse ma già in quanto prestito ad un interesse sia pure minimo. Oggi anche la Chiesa ha mitigato il suo giudizio sull’usura praticata da banchieri e mercanti di varia stazza, ma essa ovviamente non può e non potrà mai prescindere dalle inequivocabili condanne evangeliche e paoline dell’accumulo di ricchezze.

Quasi tutti i Padri della Chiesa e molti santi hanno giudicato illecito e immorale qualsiasi prestito ad interesse ritenendo che, per chi può, il prestito ai bisognosi sia nient’altro che un dovere evangelico. Il precetto evangelico è infatti: “prestate senza sperare di ricevere” (Lc 6, 35), il cui scopo tuttavia non sta tanto nel vietare di esigere un interesse proporzionato alle reali possibilità economiche di chi riceve quanto quello di stimolare la disinteressata spontaneità nel dare. Gesù non intendeva dire che il denaro non debba fruttare o che non ci si debba preoccupare di ricavarne degli interessi (si vede la parabola dei talenti) ma che esso debba essere prestato al bisognoso non per rovinarlo con interessi che non potrà pagare ma per aiutarlo a superare le sue difficoltà applicando interessi che sarà in grado di restituire con la somma ricevuta.

La Chiesa viene mitigando storicamente il suo giudizio sull’usura appunto perché essa viene approfondendo e acquisendo nel tempo, anche attraverso le sollecitazioni critiche della imperfetta ma importante riflessione calvinista sui concetti di usura e usuraio, il più profondo significato della lezione evangelica. E tuttavia, a parte la parentesi in vero abbastanza prolungata del “mecenatismo” pontificio (allorché i papi nel periodo rinascimentale non esitavano a farsi prestare denaro e a farsi quindi finanziare dai grandi mercanti usurai dell’epoca), durante la quale la condanna ecclesiastica e pontificia su usura e usurai venne non poco affievolendosi, non c’è dubbio che la Chiesa su tale tematica, preoccupandosi di tutelare più il povero o comunque chiunque fosse costretto a chiedere un prestito che non i ricchi possidenti che lo concedessero, avrebbe sempre mantenuto una posizione molto chiara e precisa: ancora nel 1745, con la enciclica “Vix pervenit”, Benedetto XIV ribadiva la condanna morale dell’usura, e da allora ad oggi, nonostante talune aperture o parziali aggiornamenti suggeriti dalla estrema complessità del mondo economico e finanziario contemporaneo, non si può certo dire che il magistero della Chiesa sia venuto mutando dal punto di vista rigorosamente dottrinario.

Oggi come ieri, per la Chiesa non è lecito né lasciare morire di fame il povero o il non abbiente (o lo stesso ricco che si trovi in un momento di grave difficoltà) né pretendere che l’uno e l’altro possano chiedere e ottenere un aiuto finanziario solo a condizione di assumersi l’onere di restituire il denaro ricevuto con l’aggiunta di interessi assolutamente insostenibili. Ecco perché non può non destare sorpresa e sconcerto che oggi una buona parte del mondo cattolico e della gerarchia ecclesiastica sia tentata di continuare a sostenere con un certo entusiasmo il governo di Mario Monti anche per la prossima legislatura. Possibile, è la domanda doverosa che occorre farsi, che l’autorevole esponente di clubs politico-finanziari cosí esclusivi quali la Trilateral Commission o il Gruppo Bilderberg, e influente consulente di potenti istituti bancari e compagnie multinazionali quali la Goldmann-Sachs e Coca-Cola Company, ispiri a tante anime dell’universo cattolico ancora più fiducia di quanta ne ispirasse il ricchissimo Silvio Berlusconi che, essendo iscritto alla più modesta Loggia massonica P2, aveva indubbiamente credenziali meno importanti di quelle di cui dispone l’accademico bocconiano? Possibile cioè che ricchi e potenti siano spesso percepiti ancora oggi dalla Chiesa come soggetti degni di fiducia e meritevoli di essere sostenuti in quanto candidati a ricoprire le più alte cariche di governo?

I cattolici “progressisti” delle Acli, i cattolici di “Comunione e Liberazione”, molti ex democristiani dell’Azione Cattolica, per non parlare della Comunità di Sant’Egidio del ministro Riccardi, e di importanti organi cattolici di stampa quali L’Osservatore Romano, Avvenire, persino Famiglia Cristiana, di solito più attento alle questioni economiche e sociali, che si sono praticamente allineati a giornali laici o laicisti e soprattutto sostenuti dal grande capitale finanziario come “Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “La Stampa”: tutti hanno dato e sembra che vogliano continuare a dare un convinto sostegno a Monti e al suo possibile futuro governo. Poi, certo, ci sono anche i tradizionalisti cattolici, quelli che secondo un diffuso luogo comune sarebbero più vicini allo spirito del vangelo e alla vera e grande tradizione della Chiesa, ma costoro scuotono il capo solo temendo che il cattolico Monti sia in realtà un massone; per il resto se ne stanno zitti, completamente chiusi o indifferenti ai drammi del mondo e della famiglia umana: per loro è come se a contare fosse solo Cristo a prescindere dalle tragedie dell’umanità e dalle sue incombenti gravissime necessità di ordine materiale e spirituale. Il loro Cristo è esclusivamente il Cristo della sana ortodossia cattolica, della solenne liturgia canonica, della intransigente condanna della modernità, come se Cristo ancora oggi non operasse per salvare proprio la mondanità e la modernità dalle sue perversioni o degenerazioni.

Sta di fatto che il governo dei banchieri, imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Centrale Europea oltre che dai mercati internazionali dominati dalle più potenti multinazionali, e pur avendo sin qui prodotto solo un peggioramento delle complessive condizioni economiche e sociali della nazione, continua ad essere molto gradito, sia pure tra qualche dubbio e perplessità, a molti cattolici ivi comprese le gerarchie ecclesiastiche: segno che il giudizio, sopra riportato, di Vittorio Messori è fondamentalmente condiviso dalla comunità cattolica. Eppure, per la parte migliore della sua stessa storia oltre che per un’immutabile esigenza di rigorosa fedeltà a Cristo, la Chiesa dovrebbe guardarsi dal sostenere esattori delle tasse, mercanti, banchieri.

Si dirà che Monti non è un banchiere in senso proprio, non è cioè un capitalista della finanza o proprietario di una banca, come lo è per esempio Mario Draghi (uno dei proprietari della Banca d’Italia), altro personaggio oggi osannato anche in sede politica. Tuttavia, egli, come è stato scritto, è «un tecnico dell’economia che gestisce i capitali finanziari ed è strettamente legato ai  principali e spesso occulti centri mondiali della finanza e delle multinazionali, come testimoniano i suoi ruoli di dirigenza  negli organismi politico-finanziari sopra indicati. E’ perciò un uomo del grande capitale, che senz’altro condivide il progetto di un unico governo mondiale dell’economia, preposto a favorire, se attuato, l’espansione totale e pressoché dirigistica del capitalismo dei consumi e del capitalismo finanziario a tutto il globo, cioè il  trionfo completo della globalizzazione, con una conseguente accelerazione della tendenza alla massificazione completa dell’umanità, alla distruzione sistematica di tutte le differenze, le tradizioni culturali e le identità collettive, all’omologazione di uomini e popoli in tutti i posti della terra, allo sradicamento infine da ogni appartenenza che non sia quella del denaro e della merce. Naturalmente si tratta di un piano folle, perché si bassa sull’implicita convinzione che vi possa essere una crescita infinita in un mondo finito, e questo, con buona pace del grande capitale e dei suoi servi stolti, non è possibile».

E’ consapevole la Chiesa dei pericoli che essa contribuirebbe a far correre non solo al popolo italiano ma all’intera umanità qualora perseverasse nel diabolico errore, magari anche semplicemente con un atteggiamento ambiguo e ipocrita, di sostenere un altro esecutivo guidato da Monti? Com’è possibile che la Chiesa non abbia ancora compreso perfettamente che per soggetti umani come Monti solo l’economia o meglio una certa economia, e anzi la finanza più dell’economia, ha importanza? Uno che abbia la mentalità e la formazione prettamente teoricistica ed intellettualistica di Monti non potrà mai ritenere che la società possa funzionare e sia governabile attraverso un drastico ridimensionamento o una radicale regolamentazione di banche, borse, mercati, agenzie di rating e via dicendo. Uno come lui è troppo innamorato delle proprie teorie scientifiche per poter capire che la realtà è un’altra cosa e non si lascia comprimere in esse.

Uno come lui, inoltre, potrà sentirsi soggettivamente cattolico ma non potrà mai essere oggettivamente cattolico, giacché nel suo mondo la parola cristiana può solo assolvere il ruolo subalterno di assistere socialmente i “perdenti” del sistema, ovvero barboni, tossicomani, handicappati e disabili di ogni genere, disoccupati, vecchi improduttivi, extracomunitari senza lavoro. La Chiesa perciò si allontana dal suo stesso magistero se, lasciandosi tentare da calcoli di natura politica più che evangelica ed apostolica, tarda a capire che Monti, sia pure con i suoi modi apparentemente educati e gentili di comunicare e con quell’aria di persona dedita al bene esclusivo della propria patria, in realtà rappresenta Mammona.

Certo, c’è un problema: che, se la Chiesa comincia a predicare seriamente e con toni appropriati contro Mammona, rischia di vedersi togliere il microfono molto più bruscamente di come le viene tolto quando parla di bioetica, di eutanasia, aborto, divorzio, omosessualità. Ma è un rischio che rientra completamente nella sua missione che non consiste nell’annunciare cose “politicamente corrette” ma, il più delle volte, cose “politicamente scorrette”, perché le cose giuste e sante di Dio turbano profondamente uomini e donne che non abbiano fatto o non facciano esperienza spirituale di quella tagliente lama che è la Parola di Dio.

Il mondo, il mondo di destra, di sinistra o di centro, è disposto non solo ad accettare ma persino a valorizzare la Chiesa se dice cose gradevoli o non troppo traumatiche, come quando afferma in modo pseudosalomonico che bisogna stare vicini ai poveri ma al tempo stesso non bisogna invidiare i ricchi, che bisogna perseguire la giustizia sociale ma in forme che non spiacciano alla giustizia divina, che Dio è dalla parte degli oppressi pur essendo misericordioso verso tutti. La Chiesa invece è tenuta a far capire bene i suoi valori, a comunicare non retoricamente ma logicamente il significato e il peso specifico delle sue idealità e dei suoi insegnamenti. La Chiesa non deve preoccuparsi di essere tenuta in considerazione dal mondo e non deve temere di poter essere ricacciata nelle catacombe qualora si discosti eccessivamente da certe logiche mondane, tra cui certamente quelle che si pongono al servizio della sacralità del denaro, dell’individualismo libertario a sfondo edonistico o di un egualitarismo volgare e di maniera.

La Chiesa è luce del mondo se la sua luce abbaglia le consolidate certezze del mondo sino a farle vacillare, ed è sale della terra se il suo sale, e dunque anche il suo stesso modo e la sua volontà di comunicare, rende realmente appetibili ed entusiasmanti le prospettive della fede. Per essere “sale della terra” i cattolici non possono e non devono essere culturalmente subalterni. Comincino dunque a non lasciarsi sedurre dai seguaci di Mammona e dell’usura. Un allarme in tal senso era già stato dato tredici anni or sono dal cardinale Joseph Ratzinger: «C’è qualcuno che sta progettando un sistema rigido e inattaccabile per governare lo sviluppo del mondo. Organismi internazionali dall’indiscutibile autorità (Organizzazione Mondiale della Sanità, Banca Mondiale, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, UNICEF e altri) hanno messo a punto un nuovo paradigma che misura il valore delle persone in anni di aspettativa di vita, invalidità, morbilità al fine di valutare le priorità e mettere in atto, oppure no, i piani di aiuto in tutto il mondo. Applicando questi "nuovi criteri" si scopre che tutto diventa una questione di costo-rischio-beneficio. Perciò, chi è povero e malato riceverà meno aiuti; chi è ricco e sano riceverà maggiori cure. Per questo motivo, a questo punto dello sviluppo della nuova immagine di un mondo nuovo, il cristiano - non solo lui, ma comunque lui prima di altri - ha il dovere di protestare e di denunciare coraggiosamente la “grande trappola” per i poveri del mondo e la nuova schiavitù al servizio degli imperativi della mondializzazione e della globalizzazione» (“Presentazione” al volume di Michel Schooyans, Nuovo disordine mondiale, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2000).

Già, perché la globalizzazione voluta dai “poteri forti” (che esistono realmente, con buona pace di Messori, e che tuttavia non potrebbero imporre i propri disegni se i popoli si ribellassero energicamente) produce modelli sociali esattamente antitetici a quelli che possono ricavarsi dalle parole di Gesù : «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio». (Lc, 6, 20-21). E: «Guai a voi, ricchi, che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete» (Lc 6, 24-25), dove è evidente che povertà e ricchezza si configurano come un problema di fede in quanto Gesù non volle vivere né nell’indigenza né tanto meno nella ricchezza ma in una condizione di povertà che è una condizione di vita in cui non si vive in modo agiato ma in cui si può vivere in modo dignitoso e che è diversa dalla condizione estrema dell’indigenza in cui si muore di stenti e spesso di disperazione.

Con Gesù non si scherza: chi vuole sperare di entrare nel suo regno deve imitare il ricco Zaccheo che non promise al Maestro di fare beneficienza ai poveri ma di volersi privare di metà delle sue ricchezze e di non voler più esercitare, a danno dei poveri, un’attività usuraia.

Ora, con un invito cosí autorevole e convincente come quello del cardinale Ratzinger, oggi pontefice della Chiesa cattolica, i cattolici oggi non dovrebbero avere difficoltà a negare il loro sostegno a banchieri e a mercanti, gli stessi che poi operano nell’ombra dietro i famigerati mercati, e ai loro delegati che vorrebbero attuarne in sede politica i piani costosi e sinistri per le popolazioni di tutto il mondo. Non dovrebbero avere difficoltà ma poiché, al contrario, di difficoltà ce ne sono tante, dobbiamo pregare ogni giorno il Signore affinché ai suoi fedeli dia la forza di tradurre in atti quotidiani il versetto del “Pater”: “sia fatta la tua volontà come in cielo cosí in terra”.