Corrado Augias: intervista su Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Corrado Augias, il noto giornalista laico portato ad occuparsi di problematiche religiose e cristiane con uno spiccato senso di curiosità intellettuale e di opportunismo pubblicistico-editoriale, si è cimentato, con la consueta verve critico-polemica, su un'altra figura centrale della fede cristiana e cattolica: Maria di Nazaret. In un’intervista rilasciata a Giacomo Galeazzi (L’enigma di Maria è il silenzio dei vangeli, in “Vatican Insider” del 21 settembre 2013), dopo l’uscita del libro intitolato “Inchiesta su Maria: la storia vera della fanciulla che divenne mito” e scritto con Marco Vannini per la casa editrice Rizzoli (2013), riconosce che la figura di Maria «è in assoluto la più importante figura femminile della tradizione religiosa occidentale. Rappresenta una presenza importante, protettiva e affettuosa anche per un non credente come me. Capire Maria significa penetrare nel cuore della fede cattolica: è il simbolo della grazia, è la Mater dolorosa che subisce il destino terribile di veder morire la creatura da lei generata. Una moltitudine di aspetti mette Maria al centro dell’esperienza culturale e religiosa della nostra civiltà. Eppure è largamente ignorata dai cattolici italiani», ma poi, in modo sottilmente e subdolamente malizioso e a prescindere dal giudizio molto opinabile per cui Maria sarebbe «ignorata dai cattolici italiani» (in che senso, sotto quale aspetto?), osserva che ella  è «poco citata nei vangeli e quasi assente negli Atti degli apostoli e nelle lettere di San Paolo»  e che, nonostante sia «oggetto di un culto senza pari, concepita senza peccato originale, assunta in cielo», ella è «poco conosciuta nella sua dimensione storica».

Come dire: Maria sarebbe un “enigma” non tanto perché inserita in una dimensione a metà tra umana e sovrannaturale ma, al contrario, proprio perché, a fronte di tanto universale trasporto fideistico nei suoi confronti, in realtà ben poco di lei si sa da un punto di vista storico tanto che gli stessi vangeli dicono poco o niente su di lei.

Da questo deriverebbe, secondo Augias, la difficoltà oggettiva di poter capire su quale base, sulla base di quali elementi, possano essere accettati i dogmi fissati dalla Chiesa cattolica come quelli dell’immacolata concezione e dell’assunzione come anche la collaborazione di Maria all’opera redentiva di Dio e la preghiera popolare a lei rivolta. Per cui, egli aggiunge con una certa saccenteria, sulla figura della madre di Cristo, come del resto su tante altre cose del credo cristiano e cattolico, ci sarebbe ancora molto da approfondire e da discutere.

D’altra parte, è già indicativo il sottotitolo del libro di Augias: “la storia vera della fanciulla che divenne mito”, ovvero, sottintende il giornalista televisivo, non la storia falsa o fantasiosa o arbitraria e in sostanza mitologica trasmessa dalla tradizione e dal magistero ecclesiale oltre che pontificio, quella al cui interno si parla di Maria come vergine concepita immacolata e quindi priva di peccato originale e come donna assunta realmente in cielo in corpo ed anima con ogni altro corollario annesso e connesso come se fossero fatti realmente accertati, ma la storia vera, fondata su elementi storici oggettivi, quella al cui interno Maria in definitiva sia riducibile ad una straordinaria figura storica, dove il termine “straordinaria” è usato demagogicamente con lo scopo di addolcire presso la coscienza cattolica la carica obiettivamente scettica e irriverente dell’unilateralità del termine “storica”.

Infatti, ecco puntuale il consiglio di Augias per evitare che l’approccio a Maria sia troppo “devozionale”: «Consiglio di partire dal piano storico, senza varcare subito la soglia della trascendenza», anche se egli, che da una parte lamenta la laconicità dei vangeli e di tutto il Nuovo Testamento sulla teotòkos, omette di ricordare che proprio nel vangelo di Luca ricorre una pagina di esemplare e incontrovertibile chiarezza circa il destino non solo storico ma anche extrastorico e sovrannaturale della donna Maria di Nazaret: l’angelo Gabriele, «entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 28-33).

Allora: è proprio vero che nei vangeli si parli poco e genericamente della madre di Gesù? Non basta, storicamente e non mitologicamente, questo brano per dimostrare che non c’era proprio bisogno che gli evangelisti e tutti gli altri autori dei testi neotestamentari amplificassero o enfatizzassero ulteriormente un dato rivelato cosí prodigioso come il rapporto diretto tra Dio e Maria, la maternità divina di Maria, la sua perenne verginità fisica e spirituale, e insomma il suo destino umano e sovrannaturale ad un tempo? Ovviamente sul relativo “silenzio” dei vangeli intorno alla persona di Maria, la Chiesa (in particolare con papa Giovanni Paolo II ma con numerosi altri teologi cattolici) ha dato per tempo altre risposte adeguate ed esaustive, ma, come si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.  

Non si accorge Augias che su Maria non c’è stata alcuna adulterazione storica, alcuna manomissione da parte delle gerarchie ecclesiastiche, nessuna esagerazione devozionale nel migliore spirito delle masse popolari? Non capisce che la stessa verginità di Maria è tutta contenuta già nel brano evangelico sopra riportato, è già uno dei portati principali della santa Rivelazione di Dio? Quale prova storica vorrebbe Augias a sostegno dell’attendibilità dei dogmi mariani? Che uno storico come Tacito, anziché scrivere dell’uomo di Gesù e dell’alone di divina sacralità che lo accompagnava presso alcuni gruppi di ebrei, avesse avallato personalmente la tesi della sua divinità?

 I comuni mortali, tutti quelli che sono dotati di normale intelligenza, capiscono perfettamente queste cose. Ma pare che il dotto giornalista romano, pur avvezzo a leggere tante cose interessanti, non sia poi cosí capace di leggere veramente documenti e carte di valore storico-religioso? Il dubbio viene quando si ostina a scrivere quanto segue: «Persino l’integrità fisica di Maria è un dogma su cui la Chiesa negli ultimi tempi non insiste più tanto. Ratzinger, da teologo dell’università di Tubinga, scrisse nell’Introduzione al Cristianesimo del 1967: “La dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata quand’anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano”. Poi, divenuto Papa, cambiò idea, ma sono in tanti a non ritenere la verginità di Maria un elemento indispensabile al nucleo della fede cristiana. E cosí anche i più recenti dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione. Eminenti teologi concordano sul fatto che la verginità fisica di Maria non ha più grande importanza: rimane centrale semmai come riferimento spirituale alla purezza del cuore».

E da dove si deduce che sull’integrità fisica di Maria la Chiesa “negli ultimi tempi” non starebbe insistendo “più tanto” e che la sua verginità non sarebbe più «un elemento indispensabile al nucleo della fede cristiana»?  Di grazia, da dove si deduce una cosa del genere? Forse dagli “eminenti teologi» che non sono ovviamente esenti da errore ma che tanto piacciono all’ateo Augias? Che poi Ratzinger, ancora cardinale, abbia scritto che la divinità di Gesù non sarebbe stata inficiata neppure se fosse nato da “un normale matrimonio umano”, significa solo che Dio non fosse certo obbligato a seguire una strada per cosí dire miracolosa per far nascere il Figlio unigenito nella vita e nella storia degli uomini e che quindi avrebbe certo potuto farlo nascere anche in un modo assolutamente normale oppure in un altro modo straordinario rispetto a quello di fatto da Lui adottato, ma, ed è quello che il cardinale Ratzinger dava naturalmente per scontato, il fatto che Dio sia ricorso al miracolo, al prodigio, ha un preciso significato umano, spirituale e religioso che può sfuggire naturalmente solo a coloro che sono pregiudizialmente interessati a gettare discredito sui principali articoli della fede cristiana.

Certo che Maria è vergine “eminente” quanto a “purezza di cuore” ma, se Dio ha voluto lasciarne intatta anche la verginità fisica, è non solo per sottrarre il Cristo alla concupiscenza umana nata dal peccato originale ma anche per far capire che Maria è un essere umano ma non è come tutti gli altri esseri umani perché nella sua realtà umana è già contenuta l’essenza di ciò che gli altri esseri umani sono chiamati a diventare alla fine della loro vita terrena o almeno a cercare di perseguire con sincerità nel corso della loro esistenza per essere riconosciuti a pieno titolo quali degni figli di Dio.  

Perciò, non è affatto vero che la mariologia non procederebbe dalla Rivelazione ma avrebbe solo «l’appoggio dei testi pontifici», come scrive con tono rozzamente polemico l’intellettuale televisivo. E poco importa, ai fini di una corretta fede in Cristo, se «gli anglicani propendono a vedere nella verginità della Madonna più che un’integrità fisica una disponibilità interiore di obbedienza alla volontà divina.  Ed hanno difficoltà a considerare altri che Gesù come mediatore con Dio, mentre l’intercessione della Madonna è divenuta nel corso dei secoli per i cattolici un elemento fondamentale della loro devozione mariana».

Poco importa, Augias! Se Maria è stata ab aeterno nel cuore di Dio, come dimostra inequivocabilmente la Rivelazione racchiusa nei vangeli che, piaccia o non piaccia, sono anch’essi documenti storici, a maggior ragione sarà e dovrà essere, nella intangibilità della sua duplice dimensione naturale e sovrannaturale, nel cuore di noi tutti peccatori: per sempre!