Maria, la bellissima donna di Dio
Quando si parla di Maria di Nazaret si ha generalmente una certa ritrosía ad immaginarla non solo nella sua bellezza spirituale ma anche nella sua bellezza fisica. Non tanto perché i riferimenti evangelici alla sua persona sono pochi e interamente riservati al suo ruolo di madre di Cristo e quindi alla specifica funzione spirituale che ella assume e assolve nel piano salvifico di Dio, ma anche e soprattutto perché si teme che, volendosi soffermare sui possibili o reali aspetti fisici della Madre del Redentore, si possa peccare di irriverenza o addirittura di blasfemìa nei suoi confronti, che è un pericolo reale ma strettamente connesso alle intenzioni con cui ci si accosta a tale dimensione della personalità mariana.
Sta di fatto che di solito ci si preoccupa di premettere o di precisare che in lei non è tanto importante la bellezza fisica, su cui i vangeli tacciono completamente, ma lo splendore di grazia di cui ha voluto cingerla lo Spirito Santo, per cui sarebbe futile indulgere alla domanda sulla bellezza della donna Maria in se stessa essendo invece ben più importante esser certi della sua bellezza in rapporto a Dio, al nostro destino spirituale e a quella stessa Chiesa “senza macchia e senza ruga”, di cui è icona purissima, donde, si aggiunge anche con grande scrupolo religioso, la vera bellezza di Maria è una bellezza spirituale e tale bellezza deve diventare la nostra stessa bellezza di credenti redenti da Cristo.
In questo caso, nel caso cioé della venerazione popolare portata a Maria, raramente si riflette sul fatto che anche la bellezza fisica è un preziosissimo dono di Dio e che, essendo Maria la “piena di grazia”, è del tutto lecito ritenere che ella fosse stata resa anche fisicamente bellissima dal Signore. San Louis-Marie Grignion de Montfort scrisse: «Dio, il Padre, ha fatto un insieme di tutte le acque, che ha chiamato mare; ha fatto un insieme di tutte le sue grazie, che ha chiamato Maria». In Maria confluiscono tutte le grazie di Dio, ivi compresa quella che si riferisce alla perfezione e alla gradevolezza delle fattezze fisiche, anche se è indubbio che le fattezze fisiche da sole, e quindi non accompagnate da caratteristiche psicologiche e temperamentali particolarmente pregiate oltre che da eccelse qualità spirituali, non avrebbero potuto conferirle una bellezza realmente affascinante, coinvolgente, avvincente o esaltante.
La divina pienezza di grazia si adattò anche fisicamente alla Vergine di Nazaret, tanto che, proprio a riprova di ciò e sia pure in relazione a tutti coloro che credono nella autenticità degli eventi verificatisi a Lourdes nel 1858, Bernadette Soubirous, una ragazzina semplice e innocente, disse con grande spontaneità al commissario di polizia Jacquomet, che la interrogava sulle sue presunte “visioni”, che la bella Signora che le era apparsa era senza dubbio “più bella di tutte le signore che conosco”.
Peraltro, i vangeli, che notoriamente non sono una rivista di gossip, tacciono sulle fattezze fisiche probabilmente conturbanti e sensuali di altre donne: si pensi alla peccaminosa e perversa Erodiade o alla stessa Maria di Magdala che sarebbe stata convertita da Cristo ad una vita di santità e di fedeltà ai suoi insegnamenti. Forse solo una volta essi indulgono nella descrizione delle qualità fisiche di una donna piangente, i lunghi capelli riversati sulle membra di Gesù, le mani unte di prezioso olio di nardo con cui ella massaggia i piedi del Maestro al cospetto di altre persone e con il corpo completamente piegato su quello di Gesù: ma qui l’evangelista si sofferma giustamente anche su taluni particolari fisici e gestuali della donna, indubbiamente dotata di grande sensualità, sia per sottolineare la grande e purissima libertà spirituale di Cristo pur nel quadro di una situazione in cui chiunque altro sarebbe stato colto a dir poco da un qualche imbarazzo, sia anche per evidenziare come la purezza dell’amore umano e femminile verso Dio non si manifesta necessariamente in uno stato di immobilità fisica contemplativa o di compostezza stereotipata ma può manifestarsi anche attraverso atteggiamenti psichici e corporei particolarmente teneri ed intensi ma limpidi e solari che, in quelle donne che ne siano castamente capaci, denotano certo un grado particolarmente significativo di affetto e di fede verso Cristo. Ma, in generale, il riserbo dei vangeli su questioni che attengano la corporeità o fisicità dei suoi personaggi, a cominciare da Gesù, è più che comprensibile e giustificabile.
Tuttavia, ciò chiarito, non è affatto irrilevante umanamente e religiosamente ritenere che Dio abbia scelto in Maria non solo la più pura e la più degna di tutte le donne ma anche la più bella di tutte le donne di ieri, di oggi e di sempre, e la più bella in tutti i sensi possibili ed immaginabili. D’altra parte, nell’Antico Testamento, come sostengono a giusta ragione i Padri della Chiesa, i Dottori e altri esegeti biblici, c’è un libro noto come “Cantico dei cantici” il cui ispirato autore pare che descriva profeticamente proprio la statuaria e insieme leggiadra bellezza fisico-estetica di Maria di Nazaret: «Come sei bella, amica mia, come sei bella!/ Gli occhi tuoi sono colombe,/ dietro il tuo velo./ Le tue chiome sono un gregge di capre,/ che scendono dalle pendici del Gàlaad./ I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,/ che risalgono dal bagno;/ tutte procedono appaiate,/ e nessuna è senza compagna./ Come un nastro di porpora le tue labbra/ e la tua bocca è soffusa di grazia;/ come spicchio di melagrana la tua gota/ attraverso il tuo velo./ Come la torre di Davide il tuo collo, costruita a guisa di fortezza./ Mille scudi vi sono appesi,/ tutte armature di prodi./ Le curve dei tuoi fianchi sono come monili,/ opera di mani d’artista./ Il tuo ombelico è una coppa rotonda/ che non manca mai di vino aromatico./ Il tuo ventre è un covone di grano,/ circondato da gigli./ I tuoi seni sono come due cerbiatti,/ gemelli di una gazzella, /che pascolano fra i gigli./ Tutta bella tu sei, amica mia,/ in te non c’è nessuna macchia./ Tu mi hai rapito il cuore,/ sorella mia, sposa,/ tu mi hai rapito il cuore/ con un solo tuo sguardo,/ con una perla sola della tua collana!/ Quanto sono soavi le tue carezze,/ sorella mia, sposa,/ quanto più deliziose del vino le tue carezze./ L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi./ Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,/ c'è miele e latte sotto la tua lingua/ e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano./ Giardino chiuso tu sei,/ sorella mia, sposa,/ giardino chiuso, fontana sigillata» (4, 1-5 e 7, 2-8).
Ora, se in questi versi sono come mirabilmente fotografati in anteprima il corpo di Maria, la sua regale e maestosa bellezza, la sublime perfezione estetica dei suoi lineamenti e la ineguagliabile e armoniosa proporzionalità di ogni sua singola parte corporea rispetto alla totalità della sua persona fisica, non c’è dubbio che, se a tutto ciò si aggiungono le soavi doti caratteriali e le eccelse qualità morali e spirituali che furono proprie della madre di Gesù, ci si trovi in presenza di un capolavoro divino non solo di bellezza spirituale ma anche e congiuntamente di bellezza fisica e persino erotica.
Ma l’erotismo che sprigiona dalla figura di Maria non è un erotismo istintuale o pulsionale bensí un erotismo già spiritualizzato, ovvero un erotismo certamente ricco di sensibilità fisico-estetica e di un vissuto moderatamente radicato nei sensi ma al tempo stesso cosí pregno di grazia e amore divini da esercitarsi non egocentricamente o edonisticamente ma oblativamente e altruisticamente al massimo grado verso Dio e verso gli uomini. Sí, perché non c’è solo un erotismo che si nutre di sesso e di sensualità ma anche un erotismo consistente nell’usare sesso e sensualità, peraltro biologicamente ineliminabili, in funzione di un amore tendenzialmente casto ma più avvolgente e confortevole di quel che può trasmettere l’amplesso carnale più caldo e intenso e di un godimento spirituale personale ben più duraturo del godimento pure in sé legittimo ma meramente fisico e fugace che può derivare da qualche indimenticabile momento di passione.
Questo non significa che Maria non abbia sentito lo stesso bisogno di amare e di essere amata che è comune a noi tutti, ma che tale bisogno, sostenuto costantemente dalla reale percezione della presenza di Dio e dal misterioso ma concreto e oggettivo contatto esistenziale con l’appassionato ma purissimo amore divino, sia venuto esplicandosi in forme oltremodo caritatevoli, generose e disinteressate, sicché Maria sarebbe stata eternamente innamorata di Dio, certa non già di essere ricambiata da Lui secondo le consuetudini umane ma di essere stata già scelta da Lui come donna, come madre, come sposa, da amare al di sopra di qualunque altra creatura per sempre. Non solo: ella, benché non abbia fatto volontariamente esperienza di rapporti carnali, ha sempre sentito e continua a sentire la necessità di essere amata e onorata da tutti gli esseri umani non tiepidamente ma fervidamente e si aspetta di occupare nel loro cuore e nei loro affetti lo stesso posto privilegiato che occupa nel cuore e nell’affetto di Dio.
Maria ama Dio e tutti i suoi simili con i sensi e con il cuore, con la forza emotiva della carne e con la potenza affettiva e amorevole dello spirito, ma in Maria i sensi e il cuore, la carne e lo spirito ritrovano la loro originaria e meravigliosa fusione edenica in un modo non peccaminoso ma immacolato di amare. Maria è l’Immacolata Concezione non perché non abbia sperimentato la presenza dei sensi e i focosi condizionamenti della carne nella sua vita terrena ma perché la sua struttura spirituale, identica a quella di Eva prima che questa decidesse liberamente di violare la volontà del suo Creatore, è stata resa capace di dire sí integralmente al Signore. E Maria Immacolata è la donna infinitamente umana e semplice, tenera e dolce, forte e coraggiosa, affettuosa e autorevole, nonché dotata di un aspetto bellissimo e perfetto, di una personalità amabile e avvenente, che ogni essere umano, indipendentemente dalla sua fede, vorrebbe avere sempre accanto a sé. Anche perché l’amore di Maria Immacolata non è un amore superficiale e passeggero, volgare e strumentale, instabile e infedele, non è un amore che delude e che tradisce o che si attenua alla prima contrarietà, ma è un amore vivo, profondo, integro e resistente a tutte le avversità e persino all’umana ingratitudine. Se noi possiamo peccare ed esserle infedeli, lei ci è sempre fedele perché non può peccare e non può cessare di amare anche se il suo amore non potrebbe più raggiungerci efficacemente là dove decidessimo con condotte reiteratamente e pervicacemente sbagliate di non voler entrare nel Regno del suo Figlio divino.
Non sempre, nella storia della Chiesa, è stata riconosciuta la natura immacolata di Maria. Persino grandi luminari e santi come Bernardo di Chiaravalle, Bonaventura da Bagnoregio, Alessandro di Hales, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, pure cosí devoti della madre di Cristo, non solo non riconobbero la sua natura immacolata, e quindi priva di peccato originale, ma, richiamandosi all’autorità di sant’Agostino, combatterono addirittura la festività dell’immacolata concezione di Maria come pura e semplice superstizione, e la loro presa di posizione fu cosí influente che ancora in pieno quattrocento il domenicano Vincenzo Bandelli citò più di 260 teologi cattolici per dimostrare eretica la dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria, anche se poi con il papa francescano Sisto IV e il successivo Concilio di Trento furono poste le basi per un definitivo riconoscimento canonico di tale dottrina. Peraltro, nel 1848 il gesuita Peronne diede un apporto molto importante con il dimostrarne la fondatezza proprio sulla base dell’esegesi biblica avente per oggetto anche i versi su citati del “Cantico dei cantici” e in particolare quei versi che recitano: «Tutta bella tu sei, amica mia,/ in te non c’è nessuna macchia» e «Giardino chiuso tu sei,/ sorella mia, sposa,/ giardino chiuso, fontana sigillata».
Non la bruttezza o una mediocre bellezza ma una fulgida e intramontabile bellezza conveniva all’Immacolata Concezione: è tempo di riconoscerlo e di abbandonare certo tradizionale intimismo spiritualistico, pure comprensibile in epoche storiche passate, in ragione del quale, bella o brutta che fosse, l’importante è che Maria sia la madre misericordiosa di noi tutti. Che Maria sia la madre universalmente misericordiosa del genere umano, è certamente vero e importante; ma non si comprende quali danni spirituali potrebbero derivare dal credere che questa madre sia anche una donna bellissima e deliziosa, incantevole e attraente da tutti i punti di vista, non potendo la principale collaboratrice di Dio non riflettere nella sua persona l’essenza stessa della bellezza presente nella mente di Dio Creatore. Questo pensava sant’Ambrogio che, proprio riferendosi alla bellezza di Maria, evidenziava come «la stessa bellezza del corpo fu un’immagine dell’anima, figura della probità»; questo pensava anche il patriarca di Alessandria Teodosio (VI sec. d.C.) che definiva amorevolmente Maria “colomba bella” e poi anche san Massimo il Confessore che ha lasciato di lei la seguente descrizione: “bella di anima e di corpo, armoniosa per l’altezza della sua statura, colma di tutte le finezze e di tutte le buone azioni”.
Resta ancor oggi significativa anche l’esperienza che un filosofo marxista ed ateo russo come Sergej Nikolaevič Bulgakov fece poco prima di convertirsi al cristianesimo. Trovandosi nel 1898 a Dresda davanti a quel meraviglioso dipinto a olio su tela di Raffaello che è la Madonna Sistina, egli stesso la descrisse in seguito in questi termini: «Là, gli occhi della Regina dei cieli che sale al cielo con il suo divin Figlio mi hanno guardato. C'era in quegli occhi una forza infinita di purezza e d'immolazione volontaria... Ho perso i sensi, la testa mi girava; dai miei occhi scendevano lacrime dolci e amare insieme, che fecero liquefare il ghiaccio del mio cuore; era come se un nodo vitale si sciogliesse improvvisamente. Non era un turbamento estetico; no, era un incontro, una nuova conoscenza, un miracolo. Chiamavo questa contemplazione una preghiera (ero allora marxista)...». Maria attrae e “fa girare la testa” non perché ecciti i sensi ma perché, mettendo in subbuglio i sensi in un senso molto più ampio di quello specificamente sessuale e per cosí dire trasfigurandoli radicalmente, riesce a conquistare interamente persino le menti e i cuori più duri, più sospettosi e più disincantati, in particolare verso la bellezza femminile.
E’ un dato di fatto sempre più inoppugnabile. L’indimenticato vescovo don Tonino Bello, in un volumetto dedicato a Maria (Maria donna dei nostri giorni, San Paolo Editrice, 1993), scrisse al riguardo parole bellissime e difficilmente confutabili: «Maria, comunque, doveva essere bellissima. Non parlo solo della sua anima… Parlo, anche, del suo corpo di donna...La teologia, quando arriva a questo punto, sembra sorvolare sulla bellezza fisica di lei. La lascia celebrare ai poeti: Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle, al sommo Sole piacesti sí che in te sua luce ascose...La affida alle canzoni degli umili: Mira il tuo popolo, o bella Signora....O agli appassionati ritornelli della gente: Dell'aurora tu sorgi più bella... non vi è stella più bella di te...O al rapido saluto di un'antifona: “Vale, o valde decora”…Ciao, bellissima! O alle allusioni liturgiche del Tota pulchra. Tutta bella sei, o Maria. Sei splendida, cioé, nell' anima e nel corpo!
Essa, per la teologia, non va oltre. La teologia non si sbilancia. Tace sulla bellezza umana di Maria. Forse per pudore.
Forse perchè paga di aver speso tutto speculando sul fascino soprannaturale di lei. Forse perchè debitrice a diffidenze non ancora superate circa la funzione salvifica del corpo. Forse perché preoccupata di ridurre l'incanto di lei a dimensioni naturalistiche, o timorosa di dover pagare il dazio ai miti dell' eterno femminile. Eppure, non dovrebbe essere difficile trovare nel Vangelo la spia rivelatrice della bellezza corporea di Maria. C'è una parola greca molto importante, carica di significati misteriosi che non sono stati ancora per intero esplicitati. Questa parola, che fonda sostanzialmente tutta la serie dei privilegi soprannaturali della fanciulla di Nazaret, risuona nel saluto dell'angelo: Kecharitomène. Viene tradotta con l'espressione Piena di grazia. Ma non potrebbe trovare il suo equivalente in "graziosissima", con allusioni evidenti anche all'incantevole splendore del volto umano di lei?».
Certo che sí: graziosissima ovvero “piena di bellezza”, perché dove c’è pienezza divina di grazia non può non esserci anche pienezza di bellezza in senso fisico. Il compianto vescovo-poeta di Molfetta si chiedeva anche se non si faccia torto a Maria tutte le volte che la si veda solo su un piedistallo precostituito di perfezione e non anche sulla via di tutte quelle miserevoli imperfezioni terrene lungo la quale anche lei dovette faticosamente avanzare per fronteggiare tutte le incertezze e le tentazioni che vennero spesso frapponendosi al suo umanissimo e coraggiosissimo incedere verso il cielo. Quante volte in tal modo veniamo facendo torto alla sua umanità; quante volte, ritenendola solo capace di un amore indomabile verso le cose del cielo e del tutto impermeabile alle piccole miserie terrene di ogni giorno, abbiamo finito per rendere mitico il titolo di regina del cielo e della terra da lei realmente conquistato per grazia divina attraverso il durissimo e faticosissimo impegno di una vita! Per quanto riguarda il suo modo di amare, scrive significativamente don Tonino, esso non conobbe, a differenza di quello che troppo spesso accade dissociativamente nei nostri modi di amare, «contabilità separate: una per il cielo (troppo povera in verità), e l'altra per la terra (ricca di voci, ma anemica di contenuti)» (ivi).
E allora ecco la preghiera che andrebbe correttamente rivolta a Maria: «Facci capire che l'amore è sempre santo», per le cose celesti e per le cose terrene, «perché le sue vampe partono dall'unico incendio di Dio. Ma facci comprendere anche che, con lo stesso fuoco, oltre che accendere lampade di gioia, abbiamo la triste possibilità di fare terra bruciata delle cose più belle della vita» (ivi). Maria, perciò, non può continuare ad essere additata quale semplice punto di riferimento per monache di clausura o per ragazze tutte casa e chiesa ma quale modello ideale e realistico ad un tempo per ogni donna che voglia vivere pienamente la sua femminilità, cosí come donne e uomini non devono percepirla semplicemente quale madre estranea ai conflitti della vita e della storia e capace di accogliere e consolare perennemente e indiscriminatamente chiunque. Maria non è materna in un senso genericamente e astrattamente ecumenico. Pur essendo certo di fondamentale importanza salvifica il suo ruolo di madre sempre attenta a tutte le reali necessità dei suoi figli, ella è innanzitutto, per uomini e donne, il vero Israele amato da Dio, ovvero la più valorosa ed eroica combattente di Dio (da Yisrael, colui che combatte con Dio) che incita gli uomini a lottare per la verità, per la giustizia e per la carità insegnate e testimoniate da Cristo. Come Cristo, ella non potrebbe pertanto essere misericordiosa se non nella verità.
Una donna bellissima che non è lí per contemplarsi vanitosamente e farsi contemplare cortigianamente, ma per scuotere le coscienze di tutti dal torpore sempre in agguato della pigrizia, dell’indifferenza, dell’ipocrisia, dell’abitudine ad accettare passivamente le storture e le iniquità del mondo senza impegnarsi oblativamente e non narcisisticamente per correggerle o rimuoverle. Solo alla luce di questa essenziale precisazione spirituale e teologica possono essere apprezzate le divertenti ma tenerissime considerazioni di un frate francescano anonimo dei giorni nostri: «qual è il segreto della bellezza di Maria? Quale make-up usa? Chi è il suo estetista? Se ci fosse permesso di frugare nella sua borsetta vi troveremmo prodotti del tipo: Grazia di Dio distillata, Spirito Santo a iosa, ettolitri di profumo di santità. Sí perché Maria è Immacolata, cioè preservata immune da ogni bruttezza, da ogni volgarità e disarmonia, da tutto ciò che non piace a Dio e quindi conseguentemente anche da tutto ciò che non piace all’uomo. La Sua bellezza seduce ma non abbandona; la Sua “graziosità” ha sedotto anche lo sguardo di Dio che l’ha creata, tanto da fargli scegliere la Sua femminilità per dare un volto alla propria divinità».
Chi di noi potrebbe non sentirsi attratto, al pari di quel che accadde a Giuseppe detto “il giusto”, da questa donna “adorabile”, pur essendo chiaro che ella è stata e potrà essere solo la bellissima donna di Dio? Ma chi di noi non ha benedetto e non benedirà gioiosamente la generosa decisione di Gesù crocifisso e morente di darla ad ognuno di noi come madre e compagna per l’eternità?