Ragioni teologiche della verginità di Maria

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani


La verginità o meglio la vocazione alla verginità viene maturando in Maria di Nazaret sin da bambina, sebbene tale vocazione fosse stata predisposta per via sovrannaturale in lei ancor prima della sua nascita. Maria, per quanto dotata di una femminilità molto aggraziata sia in senso fisico che in senso psicologico e morale, sente in lei sin dall’infanzia il desiderio di offrire il suo essere donna a Dio, ad un Dio che ella riesce a percepire prodigiosamente come una persona realmente esistente e stracolma di amore per le sue creature.


La sua massima aspirazione umana, quindi, presto diventa quella di essere “la serva del Signore”, ovvero una consapevole e obbedientissima esecutrice della volontà divina, da lei molto diligentemente appresa attraverso le Sacre Scritture. In quanto “serva del Signore”, naturalmente, non può non sentirsi portata a servire anche il suo prossimo e più esattamente il suo prossimo più sofferente e provato dalle circostanze della vita. Ella capisce bene che il suo grande amore per il Signore viene comportando non già una diminuzione ma un aumento di amore per il prossimo stesso più bisognoso.


Accade cosí che, per quanto verosimilmente non sia indifferente né ad un rapporto del tutto normale con soggetti maschili né alle loro doti fisiche, intellettuali e morali, ella, pure dotata di movenze e gesti cosí eleganti e delicati da far innamorare qualunque uomo, non si senta mai particolarmente coinvolta da un punto di vista sentimentale e amoroso.


Ella, benché creatura su questa terra, vive tutto in una dimensione diversa: o meglio, pur sperimentando la durezza e la ferocia della realtà terrena, si comporta come se si trovasse ancora in una condizione edenica, a stretto o diretto contatto con Dio e con le sue leggi inviolate. Si sente come Eva, prima del peccato originale, e si sente tuttavia diversa da Eva, per grazia ricevuta, perché istintivamente portata ad evitare le tentazioni del maligno sempre in agguato contro le creature divine. Sa che, come creatura e come donna che pure ha ereditato il peccato dei progenitori, è soggetta alla maledizione divina raccontata in Genesi 3, 16, quando il Signore «alla donna disse: moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». Ma ciò non le impedisce di amare il Signore come se fosse la prima donna creata da lui.


Dio ascolta i moti più intimi e segreti del suo cuore e le concede il privilegio di poter diventare realmente la “serva del Signore”, ma, poiché per diventare “serva del Signore” ed essere di conseguenza assolutamente docile ai suoi disegni, le sue capacità spirituali non possono essere compromesse e indebolite dal peccato originale di Adamo ed Eva e dai castighi che ne conseguono, Maria non solo viene preservata dallo stesso peccato d’origine ma le vengono anche risparmiate le relative punizioni.


Eva era vergine prima di peccare contro Dio, a Maria viene dunque concesso di restare liberamente e volontariamente vergine, nonostante il vulnus, la devastante ferita inferta al genere umano dai suoi progenitori edenici, e le viene dunque risparmiato sia il dolore del rimorso derivato a tutte le donne dalla trasgressione di Eva, sia i lancinanti dolori del parto, sia soprattutto un umiliante rapporto di dipendenza psicologica e sessuale dall’uomo e dal marito.


Maria rimane vergine, secondo i suoi desideri e secondo la stessa volontà di Dio, perché la verginità fisica e spirituale, come osservano i Padri della Chiesa, era l’unica scelta che avrebbe potuto liberare la donna dalla duplice pena riservatale in origine da Dio: il dominio da parte dell’uomo e la condanna del mettere dolorosamente al mondo dei figli.


Solo la verginità avrebbe consentito a Maria, nuova Eva della nuova creazione divina al cospetto del nuovo Albero della Vita ovvero Cristo, di sottrarsi alle pesanti servitù al marito, dettagliatamente elencate nella legge ebraica, e ai dolori relativi sia alla generazione fisica della prole sia alla complicata opera di educazione e allevamento dei figli. Donna a tutti gli effetti perché avrebbe avuto un marito da amare e un figlio da crescere ed educare, Maria sarebbe stata tuttavia donna non per voluttà e scelta personale, bensí per grazia di Dio e per desiderio di rimanere vita natural durante solo e interamente di Dio ovvero la sua Immacolata Concezione.


Vivere da donna sulla terra sorretta però dall’ardente desiderio di servire Dio come se fosse ancora o già in Cielo, per mezzo del sacrificio, dell’astensione dai rapporti sessuali, della rinuncia e della penitenza in vista di un felice e integrale ricongiungimento al Dio della misericordia e della giustizia. E’ accaduto cosí che Maria, già in terra conseguisse accanto al Cristo una condizione superiore a quella in cui vengono a trovarsi uomini e donne in questo mondo e acquisisse un’esistenza dalla natura semidivina.


Maria dunque fu vergine perché la madre di Cristo-Dio non poteva che essere illibata nel corpo e nell’anima, perché il figlio di Dio non poteva nascere se non da una donna fecondata direttamente dallo Spirito Santo sine virili semine ovvero senza seme di uomo e quindi destinata a rimanere vergine anche dopo il parto.


Ma Maria, destinata ab aeterno ad essere la Madre di Dio, doveva essere perpetuamente vergine perché non era possibile che ella fosse una delle tante donne sottoposte ai castighi inflitti da Dio alle discendenti di Eva. Ed ella voleva essere “serva di Dio” in un modo talmente veritiero e onesto che il Signore, ammirato per tanta umana rettitudine, ne avrebbe fatto il suo inviolato e inviolabile santuario vivente.


D’altra parte, scrive lapidariamente sant’Agostino, «se un Dio doveva nascere, non poteva nascere che da una Vergine e se una Vergine doveva partorire, non poteva partorire altro che un Dio» (La Trinità, Città Nuova, Roma, 1973, 13, 18-23). La verginità di Maria è un eloquentissimo indizio della natura di Dio stesso ovvero della sua profondissima umiltà, perché Dio, che l’uomo cerca in alto, ha voluto avere una madre, e perché la santità, che è una sua prerogativa ontologica di cui con grande fatica l’essere umano cerca nel corso della sua esistenza di essere partecipe, egli ha voluto riversarla immediatamente e totalmente nel corpo e nell’anima di una semplicissima creatura da sempre di lui perdutamente innamorata.


Che Dio abbia voluto avere una madre, pur potendosi permettere tante altre soluzioni meno ordinarie, è una cosa credibile, come scrive Tertulliano, perché è una pazzia; è certa proprio perché è impossibile, è divina proprio perché non è da uomini (Sulla carne di Cristo, Biblioteca Universale Rizzoli, 1996, 5, 4).