Il solito Mancuso!

Scritto da Francesco di Maria.


Vito Mancuso è tornato a combinarne una delle sue! Traendo spunto da una lettera inviata al papa da 26 donne che hanno relazioni sentimentali e sessuali con preti, il sensibilissimo teologo dell’università San Raffaele di Milano non ha mancato ancora una volta di pontificare, mostrandosi convinto «che ignorare» questa lettera «non è da lui», anche se il papa non potrà telefonare ad ognuna di queste donne perché sarebbe «troppo macchinoso», per cui «penso non abbia altra strada che stendere a sua volta uno scritto», una epistola (che si potrebbe intitolare “de coelibato presbyterorum”) da inviare appunto «a figure che fino a poco fa nella Chiesa venivano chiamate, senza molti eufemismi, concubine» (Il matrimonio è un diritto anche per i preti, in “La Repubblica” del 19 maggio 2014), mentre si tratta in realtà di povere donne che, scrivendo al papa, avrebbero «“inteso porre con umiltà ai tuoi piedi la nostra sofferenza affinché qualcosa possa cambiare non solo per noi, ma per il bene di tutta la Chiesa”. Ecco la posta in gioco: il bene della Chiesa» (ivi).

Ma pensate sino a che punto può spingersi l’umana idiozia! Questo teologo ed ex prete pretende di farsi interprete di autentiche esigenze spirituali dell’animo femminile e paladino di una pretesa resipiscenza evangelica della Chiesa osando dire che cosa dovrebbe fare il papa non solo per placare la sofferenza esistenziale di quelle donne ma anche e soprattutto per il bene della Chiesa.

Non lo sfiora minimamente il dubbio che papa Francesco potrebbe scrivere un documento sul celibato indipendentemente da motivi cosí banali come quelli che si riferiscono ad alcune insane recriminazioni femminili. Certo: insane, perché le donne in parola non si rendono conto di quanto grave e sconsiderata sia non solo la loro petizione ma la loro stessa condotta di vita irresponsabilmente volta a coltivare rapporti illeciti con uomini che un giorno decisero di dedicare tutta la propria esistenza al Signore facendo dono di castità e accettando di restare fedeli alla disciplina della Chiesa. Se è già illecito che una donna abbia una relazione con un uomo sposato, non è molto più insensato e peccaminoso instaurarla con chi dovrebbe essere “uomo di Dio” per antonomasia?

In questa vita tutto può succedere e tutti certamente siamo peccatori, ma non è che, se fino all’altro giorno ho condotto una vita dissoluta o sono ancora soggetto a pesanti e pressanti tentazioni, sia ragionevole chiedere a Dio, al papa e alla Chiesa, di giustificare la mia dissolutezza o la mia perdurante inclinazione al male semplicemente perché non posso farne a meno e soprattutto perché sarebbe necessario, per il bene stesso della Chiesa, che quest’ultima fosse finalmente più “aperta” e più “duttile” su questioni che riguardano la vita affettiva e sessuale delle persone. Come dire: siccome non posso o non voglio liberarmi da un vizio e da una debolezza, sarebbe il caso che li si autorizzasse!

Non solo la fede ma anche il buon senso dicono che si tratterebbe semmai di chiedere perdono, di chiedere aiuto e misericordia affinché io possa lasciare la strada dell’errore e della colpa, o opporre adeguata resistenza al peccato incombente, e ritornare non una volta ma sempre a Cristo. E’ cosí semplice da capire, ma indubbiamente anche cosí capace di attuare! Ed è per questo che alcuni o molti vorrebbero potersi ritagliare Dio sulle proprie licenziose necessità psicologiche e sessuali di vita piuttosto che sui comandi precisi e inequivocabili impartiti da Dio stesso.

D’altra parte, anche se Mancuso, per giustificare la sua scelta e la sua fuga personale dal sacerdozio verso il matrimonio, sente oggi il bisogno di dire che queste donne non possono più essere considerate delle “concubine”, la verità è che queste donne sono in realtà delle concubine perché, optando per una forma di “convivenza” non benedetta da Dio e non riconosciuta dalla Chiesa, hanno scelto di vivere da concubine sebbene tale oggettiva constatazione non comporti necessariamente alcun giudizio morale verso di loro come anche verso chiunque infranga i precetti divini.

E’ parzialmente vero, come scrive Mancuso, che nei primi secoli di cristianesimo, il celibato non costituí un obbligo per chi intraprendesse la vita sacerdotale, a dimostrazione del fatto che nei vangeli non si trovasse alcuna significativa e cogente indicazione in tal senso. Anzi, per tutto il primo millennio esso sarebbe rimasto facoltativo.

Parzialmente vero: perché Mancuso omette di specificare che, nella Chiesa latina, se da una parte anche gli uomini sposati con prole potevano essere ordinati al sacerdozio essendo tuttavia tenuti da quel momento in poi ad astenersi da ogni rapporto sessuale e a vivere quindi da celibi, coloro che avevano abbracciato il sacerdozio da celibi erano pur sempre tenuti tassativamente a vivere da celibi per tutta la vita. Ecco: in questo senso è legittimo riproporre oggi il sacerdozio per i cosiddetti viri probati (uomini sposati anziani di provata fede e di virtù riconosciuta), ma questa problematica non ha alcun rapporto diretto né con la falsa e spudorata esigenza di determinate donne di convivere o di contrarre matrimonio con preti né con le pretese pseudoteologiche e pseudoumanitarie del professor Mancuso.

Non può avere inoltre alcun valore indicativo il fatto che, come scrive ancora Mancuso, «anche Raimon Panikkar, prete cattolico, tra i più grandi teologi del ’900, si sposò civilmente senza che mai la Chiesa gli abbia tolto la funzione ministeriale» (ivi). E’ vero: Panikkar si era sposato civilmente con una certa Maria adottandone anche la figlia Mariona, in virtù di una dispensa della Congregazione del Clero che non sembra abbia comminato una successiva scomunica nei suoi confronti. E’ un episodio interno alla Chiesa che effettivamente non è mai stato chiarito e già per questo non dovrebbe indurre a conclusioni affrettate, ma, in ogni caso, chiunque abbia dato eventualmente un’autorizzazione contraria alla vigente legge ecclesiastica e agli statuti spirituali della Chiesa, anche se solo per compiacenza o delicatezza nei confronti di un fratello di fede giustamente ritenuto di grande valore, ne porta ovviamente la responsabilità personale e dovrà risponderne a Dio.

Ciò riconosciuto e precisato, le norme della Chiesa cattolica sono ancora, spesso a giusta ragione, quelle che sono e sin quando restano in vigore, piaccia o non piaccia a persone irrequiete come Mancuso, bisogna osservarle.  Peraltro, per quanto teologo di grandissimo spessore, lo stesso Panikkar dovette essere spiritualmente irrequieto non solo per la su ricordata vicenda matrimoniale ma anche per la sua natura cosmopolita che lo portò a girovagare spesso per il mondo senza precisi scopi spirituali e missionari e che gli valse soprattutto il conseguimento di numerose onorificenze internazionali e di diversi titoli accademici e scientifici.

Egli fu di fatto un sacerdote controverso, talvolta accusato anche di sincretismo e panteismo, per cui, come è stato scritto giustamente su un sito cattolico,  «è possibile definirlo come un sacerdote cattolico borderline, cioè, uno di quei sacerdoti cattolici sempre sul confine tra ciò che è cristiano e ciò che non lo è; uno di quei sacerdoti che mettono spesso il piede fuori dalla Chiesa Cattolica ma in seguito vi rientrano, e in definitiva il loro pensiero rimane sempre molto controverso e nebuloso, ed i lettori, oltre a confondersi, fanno anche difficoltà a comprendere cosa vogliono dire questi sacerdoti».

Dunque, pur essendo auspicabile che domani possano essere ordinati sacerdoti anche uomini sposati anziani, è completamente fuori strada Mancuso quando afferma: «Oggi, a terzo millennio iniziato, penso sia giunto il momento di integrare le esperienze dei due millenni precedenti e di far sí che quei preti che vivono storie d’amore clandestine (che sono molto più di 26) possano avere la possibilità di uscire alla luce del sole continuando a servire le comunità ecclesiali a cui hanno legato la vita. La loro “anzianità” non ne potrà che trarre beneficio» (ivi).

Le storie d’amore clandestine, anche se molto numerose, sono storie clandestine di peccato e non di amore e, come tali, non solo resteranno avvolte dalle tenebre del male senza poter sperare di accostarsi alla luce del bene ma non potranno concorrere in nessun modo ad una eventuale ridefinizione ecclesiale ed ecclesiastica della funzione presbiterale.

Quanto poi al fatto che vi siano «molte migliaia di preti che hanno lasciato il ministero per amore di una donna (ma che rimangono preti per tutta la vita, perché il sacramento è indelebile) e che potrebbero tornare a dedicare la vita alla missione presbiterale, segnati da tanta, sofferta, anzianità» (ivi), non è certo per intolleranza o per mancanza di carità che la Chiesa, molto presumibilmente, riterrà ancora una volta di non poter accogliere e soddisfare le aspettative e le richieste dell’eretico Mancuso, anche perché il matrimonio non è un diritto per nessuno ma solo un prezioso dono divino cui tuttavia chi aspira a servire unicamente e incondizionatamente il Signore può e deve rinunciare.