Maria tra ascolto e pathos

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani


Il fatto che il nostro rapporto con Dio si fondi essenzialmente sull’ascolto e sull’ascolto della sua Parola non implica affatto, a differenza di quanto scrivono alcuni teologi, che il mistero divino non sia sondabile anche attraverso il vedere degli occhi del corpo e dell’intelligenza, in quanto la visione sarebbe «un evento chiuso in se stesso», sarebbe «possessiva», cercando «la compiacenza di chi vede», mentre l’ascolto sarebbe «esperienza sempre aperta…teso in avanti» per cui provocherebbe «all’agire» (B. Forte, Maria di Nazaret, “terra buona” donna dell’ascolto, Schede di animazione mariana monfortana, 2009-2010).

Faccio fatica a capire perché mai “la visione” sarebbe necessariamente “possessiva” e ho difficoltà a comprendere lo stesso senso logico-concettuale di questa distinzione, non perché non capisca naturalmente la differenza sussistente tra l’atto del vedere e quello dell’ascolto, ma perché il significato spirituale dell’ascolto della Parola di Dio non può non essere comprensivo anche di quel vedere fisico-corporeo e intellettivo che contribuisce, con i molteplici dati empirici e razionali di cui può disporre in senso critico-selettivo, ad allargare continuamente i confini dell’ascolto e a potenziarne per cosí dire la capacità di approfondimento. E’ la vita oggettiva, la vita reale, che stimola l’ascolto soggettivo e personale ad essere ascolto del divino che la governa e che vi abita, cosí come la fede nasce e si sviluppa dall’ascolto della Parola di Dio al fine di poter conferire il giusto senso alla vita soggettiva ed oggettiva medesima.

L’ascolto non si esaurisce nel vedere ma non può non esserne comprensivo ai fini di una sana vita spirituale. Non è forse anche per questo motivo che Gesù restituí la vista ai ciechi e l’udito ai sordi? Al perfetto ascolto della Parola di Dio non è dunque di intralcio una perfetta capacità di visione fisica e intellettiva (anche se Dio può concedere a chi ne sia privo una capacità altrettanto efficace di ascolto solo in virtù di una buona capacità di interiorizzazione), perché siamo stati creati da Dio come unità inscindibile di anima e corpo e perché la nostra vita spirituale viene necessariamente esplicandosi, pur senza ridursi ad essa, attraverso la materialità dei nostri atti sensoriali, psichici, volitivi.

Chi intende ascoltare la Parola di Dio, non può che volersi giovare degli occhi del corpo e dell’intelligenza i quali vedranno le cose e le realtà della vita nel modo in cui, mossi dalla volontà personale dei singoli individui e dalla particolare azione dello spirito umano a sua volta variamente sollecitato dallo spirito divino, si saranno volute vedere e di esse si coglieranno solo gli aspetti e i significati che si sarà stati capaci di individuare e contemplare. Tutti odono, tutti guardano, ma non tutti ascoltano, vedono e comprendono : come recita il vangelo, «guardando non vedono, udendo, non ascoltano e non comprendono» (Mt 13, 13). La nostra interiorità è il motore della nostra spiritualità, ma questo motore tanto più potente e produttivo è o diventa,  quanto meglio utilizza, avendone la concreta opportunità, le facoltà dell’udito, della vista oculare, della visione intellettiva.

La spiritualità di Maria fu particolarmente potente proprio perché interagí sempre intensamente con la sua stessa corporeità: credeva sin da bambina in un Dio giusto e misericordioso non solo per via dell’educazione religiosa che le veniva impartita ma anche per la sua condizione di persona povera e indifesa che sperimentava e conosceva i soprusi e le ingiustizie del mondo, non per generici e astratti motivi religiosi ma principalmente per la fede in un Messia, ovvero in un inviato di Dio, che prima o poi avrebbe risollevato i suoi poveri, i suoi umili, da intollerabili condizioni di miseria e di oppressione. Maria fu sempre disposta a rimanere povera, emarginata, indifesa, ma con la certezza assoluta che il suo Signore l’avrebbe liberata da quello stato di sofferenza fisica e spirituale.

Il suo ascolto della Parola di Dio, dunque, non fu, per cosí dire, disincarnato, indipendente dalla sua concreta e sofferta esperienza di vita, svincolato da ogni genere di condizionamento psicologico ed emotivo, ma venne esercitandosi nel quadro di un contesto esistenziale da una parte movimentato e drammatico e dall’altra segnato da fatti sorprendenti e misteriosi. L’ascolto mariano della parola divina venne spiritualmente affinandosi e approfondendosi non rinunciando agli apporti degli occhi del corpo e della mente ma anche o proprio alla luce di tutto ciò che la visione fisica e intellettiva consentiva  di capire attraverso un continuo e concreto lavoro spirituale di elaborazione e coordinamento.

Tale lavoro è evidentemente diverso da persona a persona e porta ad esiti diversi a seconda che muova da un sentimento di fede in una presenza divina o piuttosto da una chiusura interiore a qualunque credenza extramondana ed extrastorica, ma esso non può non avvenire se non all’interno di un’esperienza umana lacerata e lacerante, di una spiritualità sempre assediata dalle contrarietà e dalle esigenze lecite o illecite della carne, di una fede sempre minacciata dal peccato e sempre risorgente da una indefessa lotta contro il peccato.

Questo comporta anche che il livello di profondità della Parola di Dio, non è attingibile nello stesso modo e nella stessa misura da parte di chiunque si accosti alle Sacre Scritture, ma che esso sarà più o meno elevato, più o meno ricco di senso e di significato, quanto maggiore sarà la capacità del credente di istituire, sia pure alla luce dell’universale magistero ecclesiale e pontificio, un inesauribile rapporto di reciproca circolarità tra i fatti concreti e specifici del suo vivere quotidiano e le indicazioni esegeticamente estraibili dai sacri testi.

Quanto più docili si saprà essere al soffio, al vento o ai suggerimenti dello Spirito Santo che aleggia su ogni creatura, tanto più feconda e pregnante apparirà o risulterà la Parola di Dio. Dio parla ad ognuno di noi, ma ognuno di noi deve interloquire con lui, deve fargli delle domande, sulla base della propria condizione personale di vita, delle proprie debolezze, delle proprie privazioni e dei propri drammi, per comprendere sempre meglio, sempre più esaustivamente, il suo Logos, la sua Parola, la sua Verità.

Ed è appunto in questo senso che Maria è e resta per noi tutti non solo un modello di santità, ma anche un esempio eccellente e forse ineguagliabile di ascolto e di comprensione della Parola di Dio. La Parola di Dio la raggiunse nel suo reale stato di vita, nella sua determinata condizione sociale, nelle sue particolari esigenze psicologiche, e quindi anche nei suoi timori, nelle sue speranze, nelle sue aspettative, e persino nelle sue possibili debolezze, e insomma nel suo specifico vissuto personale, non al di fuori di tutto questo e della resistenza che tutto questo potesse obiettivamente e minacciosamente opporre alla solidità e all’incrollabilità della sua fede.

La sua fede non nasce da una separazione spirituale dalla vita e dai suoi tumulti, ma da una separazione spirituale dentro i marosi e le turbolenze della vita e del mondo; non nasce in una irreale oasi di silenzio e di quiete ma in mezzo ai conflitti e alle contrarietà della quotidianità, non in una rarefatta e distaccata spiritualità ascetica ma in una spiritualità attiva sempre attenta a recepire i bisogni, i dolori, le tragedie del mondo, e sempre pronta a tradursi in disinteressata e appassionata azione caritatevole con gli altri e per gli altri.

Maria, certo, ha creduto alla Parola di Dio anche senza vedere, ma, nel vedere per tutta una vita tutto ciò che le capitò di vedere e partecipando anche emotivamente ai tanti avvenimenti che le toccò di vivere, non solo continuò a credere ma poté accedere già esistenzialmente ad una esaltante, amorevole e pressoché perfetta conoscenza di Dio, tanto che Dio, alla sua morte, non volle che il suo corpo fosse sottoposto a corruzione ma decretò che ella fosse assunta subito in Cielo per vivere accanto a Lui in eterno.

Noi, inesorabilmente soggetti alla corruzione della morte, possiamo credere senza vedere, ma, vedendo, non siamo condannati necessariamente a credere di meno ma possiamo essere anche sospinti a credere di più e meglio, sino a poterci convincere che ciò che noi oggi speriamo per fede, un giorno non molto lontano potremo vederlo dispiegarsi gloriosamente dinanzi a noi in tutta la sua tangibile e divina bellezza.