Maria, "vergine della prontezza"

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

L’angelo Gabriele, recandosi da Maria, si rende conto che, benché la sua fede sia adamantina e pura e santa sia la sua vita, è pur sempre una creatura non abituata ad apparizioni sovrannaturali e quindi comprensibilmente timorosa di trovarsi al cospetto di un messaggero divino. Per questo, la tranquillizza subito annunciandole due notizie fondamentali non solo per la sua esistenza personale ma per quella che sarebbe stata la storia della salvezza dell’intero genere umano: la prima è che si deve rallegrare perché il Signore l’ha scelta come colei che dovrà mettere al mondo suo figlio il Salvatore, per cui non ha nulla da temere ma solo da gioire per le cose che sta ascoltando da lui; la seconda è che, alla sua domanda legittima circa le modalità in cui le fosse possibile dare alla luce il Figlio dell’Altissimo non “conoscendo uomo”, lo Spirito Santo avrebbe operato in lei un prodigio allo stesso modo di come l’aveva già operato nella cugina Elisabetta, che essendo ormai avanti negli anni non avrebbe potuto più concepire figli per via naturale.

La prima notizia è dunque che, quando il Signore sceglie, inondando qualcuno della sua grazia, ci si deve solo rallegrare, quali che siano le implicazioni terrene di questa scelta, anche se è del tutto comprensibile il timore umano di colui o colei a cui accada di percepire la concreta presenza di Dio nella propria vita; la seconda notizia è che per l’uomo o la donna di fede nulla di ciò che sembra impossibile agli uomini “è impossibile a Dio”.

Bisogna anche notare che Maria accoglie la Parola senza mai metterla in discussione ma semplicemente interloquendo umilmente con essa per capirne il senso preciso – per cui il volerla meditare e approfondire sinceramente non solo è atto lecito del credente ma è quello che Dio stesso si aspetta da lui – e che ella può accogliere la Parola incarnata nel suo grembo e nella sua vita solo perché il Signore, senza meravigliarsi del suo innocente stupore creaturale, sa che il suo cuore è traboccante di fede.

Dopodiché, Maria, racconta Luca, si alza e va in fretta verso la regione montuosa in una città di Giuda (Ain Karem, distante circa 150 km. da Nazaret) per fare visita alla cucina Elisabetta. L’angelo non le ha ordinato di recarsi da Elisabetta, non l’ha invitata a compiere questa missione: si alza e va liberamente di sua iniziativa; e parte non per verificare la fondatezza del “segno” appena ricevuto ma, su ispirazione dello Spirito divino, per condividere la sua gioia spirituale con l’unica persona con cui in quel momento avrebbe potuto condividerla, essendo stata anche Elisabetta graziata da Dio per mezzo di un sorprendente intervento dello Spirito Santo.

L’annuncio della Parola e della volontà di Dio procura gioia, ma chi sperimenta interiormente questa gioia avverte anche il bisogno di parteciparla agli altri e condividerla con essi, specialmente se gli altri siano già nella condizione spirituale di comprenderla e farla propria. Chi riceve la grazia di Dio non se la deve tenere per sé ma, senza aspettare che sia il Signore ad imporgli alcunché, deve adoperarsi al fine di parteciparla quanto più possibile al prossimo e più segnatamente al prossimo aperto alle amorevoli sollecitazioni dello Spirito Santo. Però, una volta condivisa, la gioia deve diventare anche occasione di servizio al prossimo, perché il servizio a Dio implica sempre e non semplicemente a parole il servizio al prossimo che ha bisogno del nostro aiuto e del nostro conforto. Ed è per questo che Maria resta per alcuni mesi nella casa della cugina per prestarle tutta l’affettuosa assistenza di cui ha certo bisogno una donna incinta ormai vicina a partorire.

Accogliere veramente la Parola incarnata nella propria vita significa interloquire dolcemente e intensamente con essa e andare contestualmente in missione, partecipando la gioia che ne deriva a tutti coloro cui sia realisticamente possibile parteciparla e ponendosi al servizio dei bisognosi non sulla base di un principio dottrinario eteronomo ma per via di un irresistibile, spontaneo ed autonomo bisogno di testimoniare l’amore stesso di Dio in mezzo a loro, anche se il soddisfacimento di tale bisogno possa comportare molta fatica, come appare evidente nell’ascesa stessa di Maria verso la montagna giudaica (la quale evoca la fatica della santa ascesa verso il bene e verso Dio).

Ascoltare e accogliere oggi la Parola incarnata di Dio ovvero il pensiero e l’opera di nostro Signore Gesù Cristo significa “starsene seduti” per stare contemplativamente in compagnia di Gesù ma anche e soprattutto essere pronti ad alzarsi, per andare ad annunciare al mondo la gioiosa notizia che ci è stata annunciata, e infine per prestare soccorso materiale e spirituale a chi ne abbia necessità. Non è forse vero che bisogna glorificare Dio non solo con la preghiera ma con tutta la propria vita?

Da questo punto di vista, è vero che Maria, come dice papa Francesco, è una donna che “va di fretta”: non è una di quelle mistiche che restano in estasi per tutta la vita dopo aver sentito o aver creduto di sentire la voce di Dio, non è uno di quei santi la cui attività contemplativa non si traduca mai in una spinta spirituale ad uscire dalla propria cella di preghiera solitaria e a portare gioia e speranza dovunque si sia in amorevole e fiduciosa attesa della benevolenza divina, ma è una donna che, conseguentemente alla potente irruzione della grazia divina nella sua vita, non esita ad abbandonare in fretta le sue abitudini, ad uscire da una condizione domestica di sicurezza, per andare ad annunciare avventurosamente, con un lungo e pericoloso viaggio, l’amore di Dio per gli uomini, l’amore di un Dio che si incarna per non essere solo il Dio dell’umanità ma il Dio Salvatore che cammina con l’umanità condividendone sofferenze e privazioni.

Maria, poi, è una donna che “va di fretta” anche perché, trovandosi al cospetto di chi ha bisogno di assistenza, non esita a mettersi al suo servizio pur potendosi vantare di essere “la benedetta tra tutte le donne”.

E’ opportuno ribadire il concetto: «l’uscire è la prima conseguenza dell’accoglienza, perchè è una risposta immediata al dono ricevuto. Chi ha scoperto l’amore di Dio nella propria vita non può tenerlo per sé. E’ un dono cosí abbondante che è sufficiente per noi e per gli altri. Per questo si avverte la necessità di condividerlo, perché esso non è destinato solo a noi, ma va riversato con generosità a tutti quelli ai quali Dio vorrà offrirlo gratuitamente» (O. Rinaldi, La visitazione di Maria è un invito a diventare tutti missionari, in “Zenit” del 31 maggio 2014). Maria ha sempre compreso perfettamente la lectio divina: quanto più si riceve da Dio, tanto più si deve donare, perché Dio si aspetta che l’amore da lui gratuitamente elargito a qualcuno sia fatto fruttificare a beneficio e per la salvezza degli altri e di chiunque abbia sete di verità e d’amore.

Ed è anche per questo che ancor oggi, dall’alto dei cieli, il suo amore materno «non si ripete mai stancamente, si ripropone invece affascinando il cuore e la mente alla bellezza delle “cose di Dio” e sa penetrare, con la sua impagabile e disarmante dolcezza, anche nelle coscienze che più ostinatamente si oppongono alla Grazia» (M. Piatti, La “Peregrinatio Mariae”. Maria Santissima, apostola ed evangelizzatrice, in “Zenit” del 31 maggio 2014). Anzi, oggi più che mai «Maria Santissima è Madre e Maestra di carità; con pazienza ricuce in noi gli strappi provocati dal peccato e ci riconsegna nelle mani di Cristo Gesù. Il suo desiderio non si limita a vederci recitare con fervore una preghiera o a ripetere una formula di “affidamento” al suo Cuore Immacolato: Ella vuole che quelle parole diventino la nostra vita, irradino le nostre molteplici attività quotidiane e il nostro lavoro, sostengano le nostre relazioni, nella Chiesa e nella società, perché la luce del Vangelo penetri dovunque» (ivi).

Oggi più che mai ella è lí a ricordarci che quanto più siamo visitati da Dio, tanto più siamo tenuti a visitare i fratelli che consapevolmente o inconsapevolmente hanno bisogno dell’amore divino e hanno bisogno di sperimentarlo concretamente anche attraverso l’amore dei loro simili. Pertanto, «in tutti gli ambienti, dove ci chiama la volontà di Dio, come Maria dobbiamo essere Tabernacolo e Ostensorio di Cristo, cuori di pace e di carità che siano conforto e voci amiche per le coscienze devastate del nostro tempo» (ivi).

Dobbiamo sforzarci di imitare la “Vergine della prontezza”, che, come ha detto papa Francesco in occasione del giorno della “visitazione” nei Giardini Vaticani (31 maggio 2014), «è subito pronta a darci aiuto quando noi la preghiamo, quando noi chiediamo il suo aiuto e la sua protezione. In tanti momenti della vita in cui abbiamo bisogno», ma in cui il nostro prossimo ha a sua volta bisogno di noi, dobbiamo «ricordare che Lei non si fa aspettare: è la Madonna della prontezza, subito va a servire» e a glorificare il suo e nostro Signore.