Maria, eterna e gloriosa abitazione di Dio

Scritto da Miriam Soave on .

 

Il Tabernacolo, durante l’esodo ebraico dall’Egitto, era una tenda che, posta durante le soste al centro dell’accampamento e della vita religiosa comunitaria, stava ad indicare la presenza di Dio, per cui era quello il posto in cui veniva adorato il Signore. Tale schema spaziale sarebbe rimasto anche nel tempio di Gerusalemme, il cui luogo più sacro era il Santo dei Santi in cui una volta l’anno poteva entrare solo il sommo sacerdote. Infatti in questo luogo, fatta trasportare a suo tempo da Davide, si trovava collocata l’Arca dell’alleanza, considerata il trono di Dio e consistente in una cassa di legno pregiato contenente le tavole dei dieci comandamenti, un recipiente di manna e la verga di Aronne.

L’alleanza implica l’amicizia di Dio per Israele, che Dio aveva promesso di liberare e proteggere non perché migliore di altri popoli ma per un libero quanto misterioso atto di elezione che è esclusivamente nello stesso amore divino. Ma i profeti annunciano nuove promesse divine: sarà la parte migliore e più obbediente di Israele, la discendenza a Dio più fedele, il resto di Israele e infine la Figlia escatologica di Sion ad ereditare la presenza del Messia. La Figlia di Sion è Maria di Nazaret ed è in lei che si sarebbe realizzata la dimora definitiva di Dio in mezzo a noi. Concependo Gesù, Maria si trasforma nel santuario o nel tempio di Dio e quella presenza divina che prima adorava nel tempio, adesso l’adora in se stessa.

Nell’incarnazione di Cristo, Maria, nuova e definitiva arca dell’alleanza di Dio con Israele e il mondo intero, riassume e attualizza tutte le attese e le esperienze di Israele e in ella Dio non si manifesta più in tavole di pietra ma in carne ed ossa, cioè si fa persona. Da questo momento in poi non è più sufficiente entrare in un tempio, in un luogo materiale, per mettersi in relazione con Dio, perché, avendo Dio scelto di dimorare e incarnarsi in Maria, solo mettendosi in relazione con lei sarà possibile accedere alla dimora e alla persona divina di Cristo.

Se è stato Dio a muoversi verso Maria e a cercarla per portare la salvezza all’umanità, come potrà quest’ultima, come potrà ognuno di noi, aspirare ad essere salvato da Dio senza dirigere il proprio sguardo spirituale verso Maria, senza cercarla, senza mettersi in contatto con lei?

E’ altresì vero che Dio, cosí come ha cercato Maria, ovvero direttamente la più degna e santa delle creature al di fuori di ogni tempio e di ogni luogo di preghiera semplicemente di pietra, nello stesso modo ha cercato e cerca ognuno di noi per poter abitare nella carne e nelle ossa di ognuno di noi. Ma in nessuno di noi Egli potrà mai abitare come in Maria se noi a nostra volta non ci sforzeremo di abitare nella mente e nel cuore, nell’anima e nello spirito della sua madre divina.

Qui si impone una tristissima constatazione: che, dopo più di venti secoli, il popolo di Israele in genere non solo continui a disconoscere Maria quale Madre di Dio e di quello stesso Messia di cui resta ancora stoltamente in attesa, ma ad usare anche nei confronti di colei che è la persona più nobile e pura tra tutti i suoi figli toni ingiustificatamente sprezzanti o polemici, dove, sia detto per inciso, la nostra Chiesa sarebbe forse tenuta a parlare apertamente di lei, nei periodici incontri con esponenti religiosi del mondo ebraico, per testimoniare coraggiosamente anche in questo caso la propria fede in Cristo e nella sua santissima madre.

Ma, ritornando al mondo cristiano, va peraltro osservato che la prima annunciatrice del Vangelo è proprio Maria: è lei a portare l’annuncio della pace, della felicità, della salvezza, della misericordia e della giustizia divine. Anzi, alcune importanti pagine evangeliche sono dovute probabilmente al racconto che ella avrebbe fatto di alcuni episodi della vita e dell’opera di Gesù ai discepoli del figlio e ad alcuni suoi discepoli in particolare.

Il Signore vuole che non solo la sua Chiesa ma ognuno di noi imiti Maria: noi andiamo verso gli altri portando loro gioiosamente Cristo e il vangelo attraverso la nostra parola e la nostra stessa vita, anche a costo di non essere compresi e di assistere all’apparente fallimento della nostra umile opera evangelizzatrice?

Io personalmente sento l’ansia esistenziale di comunicare nel modo più chiaro ed efficace possibile al numero più largo possibile di persone la parola di Cristo o mi sento frenato, pigro, timoroso, scettico? Vivo la fede solo nel mio “privato” o mi dò da fare per manifestarla anche in pubblico ad esclusiva gloria di Dio?

Maria si mosse subito e raggiunse in fretta la cugina Elisabetta: non dev’essere questa la premura stessa della Chiesa, la mia stessa premura di cristiano, per portare la via, la verità e la vita, dovunque vi siano esseri umani, e per portare a chiunque ne abbia bisogno quel conforto e quell’aiuto che quella via, quella verità e quella vita, implicano in modo inderogabile?