Maria, madre e modello di speranza

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Marána thá, vieni Signore Gesù: il credente sincero e consapevole della vera natura e delle finalità ultime della sua fede ha continuamente questa invocazione di origine aramaica nel cuore e sulle labbra. E’ principalmente in questa invocazione che si concretizza la duplice speranza cristiana di poter sperimentare la venuta quotidiana di Gesù nel nostro pellegrinare terreno e la venuta ultima e definitiva di Gesù alla fine dei tempi (ovvero la parusìa), proprio come duemila anni or sono il popolo di Israele, nei suoi più ispirati componenti, aveva atteso la venuta storica del suo Messia.

Nessuno più di Maria ha vissuto appassionatamente tutte queste attese: perché, intanto, nessun israelita aspettò mai il Messia con la stessa convinzione spirituale e lo stesso trasporto emotivo con cui seppe attenderlo ed invocarlo Maria, tanto che proprio e solo a lei sarebbe stato concesso da Dio non solo di vivere l’attesa ma di diventare partecipe, per la grazia dello Spirito Santo, della stessa volontà divina per effetto della quale ella sarebbe stata il privilegiato punto di congiunzione tra cielo e terra, anzi la porta del cielo (janua coeli) sia per consentire a Gesù di scendere e vivere nel mondo con l’umanità della madre sia per consentire alle creature salvate da Cristo e in lui giustificate di poter accedere e vivere nel mondo celeste con l’umanità divinizzata della loro madre spirituale.

Ma poi Maria, ogni volta che Gesù si allontanava da lei, o per andare a pregare nel Tempio e a discutere con i dottori della Legge o per svolgere la sua attività pubblica annunciando il vangelo e lasciando segni prodigiosi della sua opera salvifica, non solo non si stancò mai di aspettare il figlio ma non di rado, sempre carica di attenzione e di amore umani e materni per lui, si preoccupò di andarlo a cercare, di proteggerlo, di desiderarne il ritorno tra le sue amorevoli braccia. E, infine, dopo la morte di Gesù, e per quanto addoloratissima, ne aspettò fiduciosa la risurrezione e dunque, ancora una volta, il ritorno.

Ecco allora che Maria costituisce il modello di ogni cristiano, perché da nessun altro più che da lei il cristiano può imparare che l’attesa non è inutile e che la speranza di sentire Dio durante la vita terrena e di incontrarlo in carne e ossa dopo la morte non è né illusoria né meramente augurale. Laddove questa speranza, ove venga realmente e intensamente coltivata a dispetto di tutte le umane e tragiche apparenze che potrebbero indurre a disperare o a ritenere più che sufficiente la vita di o in questo mondo, porta altresí, pur tra contraddizioni e contrarietà di vario genere, ad impegnarsi in opere silenziosamente ed umilmente caritatevoli a favore del prossimo più bisognoso: ancora una volta in conformità alla testimonianza di Maria, che, in virtù di quella vitale speranza, sarebbe sempre stata dedita al servizio e predisposta ad un amore fatto non solo di desiderio volitivo ma anche e soprattutto di impegno e di servizio fattivi.

La speranza mariana può pertanto ben diventare la speranza di ogni uomo e donna affinché, nel ricordo della promessa di Gesù secondo cui «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20), si sia realmente motivati a vedere in ogni essere umano, a cominciare dai poveri e dagli oppressi, il volto di Cristo, e al tempo stesso capaci di pregare senza sosta per tutti, anche per i defunti, e di andare incontro direttamente e indirettamente alle necessità materiali e spirituali di coloro che, senza responsabilità personali, versino in condizioni di grave disagio.

Quante speranze Maria si è vista esaudire nel corso della sua vita terrena: la venuta del Messia persino nel suo corpo e nella sua anima, il ritrovamento del figlio e l’essere stata capace di allevare ed educare e soprattutto seguire il Figlio di Dio nel migliore dei modi possibili, la riuscita della festa nuziale di Cana, la risurrezione di Gesù, il prender forma della Chiesa di Cristo essendo lei ancora viva in questo mondo, solo per citare le speranze realizzate di cui parlano i vangeli, ma chissà poi quante altre speranze “minori” e tuttavia importanti, non espresse o non documentate, ella avrà fiduciosamente riposto nelle mani e nel cuore del Salvatore!

Per tutto questo si può affermare con certezza che ella non avrebbe dovuto aspettare l’ultimo giorno per essere assunta in Cielo ma vi sarebbe stata assunta immediatamente subito dopo aver esalato l’ultimo respiro terreno per continuare a vivere in strettissima comunione con il Figlio e per continuare ad esercitare dal Cielo la funzione di madre spirituale dell’umanità assegnatale da Cristo moribondo sulla croce.

Come è stato ben scritto recentemente: «In virtù della speranza di Maria di vivere sempre unita a Dio e rimanere vicino ad ogni essere umano, Maria può essere contemporaneamente Madre del Figlio di Dio e Madre del figlio dell’uomo, Madre della Chiesa celeste e Madre delle Chiesa pellegrina, Madre della speranza e Madre della carità, Regina dei martiri e Regina delle vergini,  Regina degli angeli e Regina dei predicatori e dei confessori cristiani. Maria, avendo vissuto una adesione fedele al Figlio di Dio, ha la volontà e la capacità di rimanere vicino ad ogni essere umano. Per questo chi rimane vicino a Maria viene contagiato dalla pienezza della speranza della Madre, quella speranza cristiana che non delude mai, perché Dio non delude mai in tutto quello che ha promesso. E la più grande promessa che ci fa Maria è quella che ha ascoltato e visto dal suo Figlio: la vita eterna frutto di una fede ricolma della grazia dell’eternità» (O. Rinaldi, Maria ci insegna la speranza cristiana dell’Avvento, in “Zenit” del 30 novembre 2014).

Quelli che hanno ricevuto la grazia di sentire stabilmente e radicalmente nel cuore Maria e la sua speranza di vita oltre questa vita, di percepirne intimamente la costante preghiera di intercessione presso il Figlio per ottenere grazie e grazia a loro favore e a favore dei loro simili più sofferenti e bisognosi della misericordia divina, non possono trattenersi ad ogni risveglio mattutino dall’esprimere a voce alta un’invocazione di questo tipo: è passato un altro giorno di questa vita terrena, Signore. Io ti ringrazio di avermelo concesso ma, anche se tu mi concedessi di vivere ancora a lungo quaggiù e sapessi che tu non verrai mai a trovarmi in carne ed ossa per prendermi con te e farmi vivere con te e per te per sempre, io sarei infelice. Per questa speranza indistruttibile di vederti, di sentirti, di toccarti, anche al di là del prezioso sacramento della santissima eucaristia di cui hai voluto farci e farmi dono, e ancora di onorarti e di servirti per sempre, prima o poi, anche parlando e mangiando con te, come accadde un giorno sulle rive di un lago ai tuoi apostoli sbalorditi (Gv 21, 1-14) dopo la tua risurrezione, io, nonostante le mie cadute e le mie contraddizioni, continuerò ad aspettarti fino all’ultimo giorno di vita, come mi ha insegnato e mi insegna sempre meglio la Madre tua e Madre nostra e mia, e a gridare: Marána thá, Vieni Signore Gesù! Perché so per certo, grazie alla consolante e persistente presenza di Maria nella mia vita, che tu non deluderai questa speranza!