Gesù e la sua famiglia

Scritto da Veronica Bazzoli on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

La Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, è il primo nucleo storico della Chiesa di Cristo. Essa non fu al riparo dai drammi e dalle disavventure del mondo, non fu mai ferma o statica ma sempre in cammino e in frenetico anche se ordinato movimento per le vie di un certo mondo mediorientale, pur essendo certa di poter sempre contare sulla presenza e sull’aiuto di Dio. Quella Chiesa embrionale non fu perfettamente Chiesa sin dall’inizio ma dovette imparare ad essere Chiesa: le furono solo dati i comandamenti e i preziosi insegnamenti di Dio, ma per il resto, per imparare a crescere e a darsi una fisionomia, una personalità spirituale, dovette fare esperienza di tutto.

Maria volle essere “la serva del Signore” senza capire esattamente tutte le parole dell’arcangelo Gabriele e senza sapere cosa avrebbe dovuto sopportare per esserlo veramente, Giuseppe volle essere il marito di Maria pur sapendo che con lei non si sarebbe potuto comportare proprio nello stesso modo in cui un marito generalmente si comporta con la moglie e volle essere padre putativo di Gesù senza sapere fino a che punto avrebbe saputo sopportare umanamente di avere per figlio un figlio non suo, Gesù dovette imparare pur essendo già Dio a diventare concretamente figlio e uomo attraverso l’educazione ricevuta dalla madre e il lavoro appreso dal padre Giuseppe predisponendosi come ogni buon figlio di questo mondo ad obbedire a una mamma e ad un papà con i quali ebbe bisogno di confrontarsi e dai quali imparò anche a come procurarsi il pane.

Anche Gesù quindi venne esplicando la sua natura divina per mezzo di un’immersione costante nella complessa e sofferta umanità delle creature comuni e solo facendo concreta esperienza di figlio e di uomo finí poi per esercitare il suo potere divino e per essere il Signore della storia.

Gesù scoprì la sua identità e la sua missione nella sua famiglia, nella sua Chiesa, non al di fuori di esse o contro di esse, anche se talvolta dovette rimproverare sia la sua famiglia che la sua Chiesa, tentate di tanto in tanto di voler rinchiudere Dio nel perimetro pur ampio e accogliente dei propri schemi mentali, delle proprie aspettative, dei propri affetti, e di non volersi aprire d’altra parte completamente a tutti gli altri innumerevoli familiari di Dio o del Figlio di Dio. L’opera salvifica di Cristo è tutta intersecata, nei momenti più lieti come in quelli più oscuri, con le vicende della sua famiglia.

La differenza tra il comportamento di Gesù e il comportamento di noi tutti è evidente: non è forse vero che tante volte i nostri problemi nascono quando ci intestardiamo a voler fare tutto da soli senza l’aiuto di nessuno e della nostra stessa famiglia e quando, lungi dal voler aiutare i nostri genitori a percepire più nitidamente di quanto non facciano la presenza misericordiosa e provvidenziale di Dio nella loro e nostra vita, pretendiamo sconsideratamente di dare loro lezione di libertà e di indipendenza da tutto e tutti?

Sono bellissime e oltremodo significative le parole proferite su questo tema  dal medico e vescovo titolare di Cittanova e ausiliare di Roma Lorenzo Leuzzi: «Il mistero di Dio e la sua vicinanza si scoprono nella famiglia. Quando penso a Gesù che aiuta il suo papà a levigare la legna, a consegnare il prodotto fatto, a ricevere le monete conquistate con il proprio lavoro, la mia esistenza si libera da ogni progetto fantasioso e si apre al realismo della storia» ("Lasciatevi affascinare dalla vita della famiglia di Nazaret", in “Zenit” del 30 dicembre 2014).

Ma anche Giuseppe e ancor più Maria sono tutt’uno con la loro famiglia: «Maria, la Madre di Dio, la donna più grande della storia, non ha rifiutato di avere un marito. Poteva fare da sola, come già aveva sperimentato nella sua maternità. Forse qualche padre spirituale non Le avrebbe consigliato di ritirarsi nel deserto per contemplare il suo mistero? Invece Maria ci ricorda che quando si vive nella storia, di fronte alla maternità, la donna non può fare a meno dell’uomo. La dualità maschio-femmina non può essere sminuita, o peggio ancora eliminata, neppure di fronte a eventi religiosi o anche strabilianti, come può permetterli oggi la tecnologia riproduttiva. Che lezione di antropologia per tutti! Che lezione di tenerezza per tutti!» (ivi).