Gesù e i miracolati

Scritto da Francesco di Maria.

 

Al paralitico che viene miracolosamente guarito, Gesù dà un avvertimento preciso: «non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio» (Gv 5, 14). Peccare contro Dio e contro gli uomini dopo aver ottenuto la grazia prodigiosa di una completa guarigione fisica, significherebbe non essere riconoscenti verso il Signore, non manifestargli gratitudine attraverso una vita di fedeltà alla sua volontà.

Certo, anche un soggetto miracolato rimane un essere umano imperfetto, con le sue debolezze e i suoi limiti, con i suoi peccati ordinari, ma non è alle sue inevitabili e persistenti cadute che il Signore si riferisce nell’ammonirlo a “non peccare più” bensí alla possibilità che egli, completamente dimentico del bene ricevuto, continui a comportarsi come si comportava prima della guarigione, magari trovando anche il modo di giustificare intimamente il proprio disordine interiore proprio con la sua malattia, con quella specie di “maledizione divina”.

Chi è malato nel corpo è certo infelice, il Signore lo sa bene, ma chi venendo da lui guarito nel corpo non fa nulla o fa poco per dimostrargli il suo amore riconoscente, la sua disponibilità ad iniziare o ad intraprendere un cammino sempre più sincero e profondo di pentimento e di conversione, non stancandosi mai di chiedergli la guarigione quanto più completa possibile del proprio spirito e la grazia di poterne testimoniare la misericordia e la giustizia infinite con parole e opere adeguate, rischia di contrarre una malattia ancora più grave che potrebbe condurlo ad un’eterna infelicità.

Gesù intende dunque sottolineare come anche i cosiddetti miracolati non debbano farsi facili illusioni: la consapevolezza di sapersi guariti fisicamente da Gesù in persona deve comportare non già la presuntuosa certezza di essere ormai definitivamente al riparo da qualunque disgrazia ma, al contrario, un rinnovato e sempre più umile e responsabile impegno a vivere secondo gli insegnamenti e i comandi di Dio. Gesù vuole farci capire che qualunque cammino di guarigione che non sia sostenuto da una rigorosa volontà di conversione personale rischia di essere inutile e fallimentare.

Non sarà sufficiente dire genericamente “Signore, ti ringrazio del tuo amore”, “Signore perdona me che sono peccatore”, né sarà sufficiente accostarsi quotidianamente alla santa eucaristia, per poter ottenere la guarigione, sia pur lenta ma concreta, dell’anima. Non sarà sufficiente recitare il Santo Rosario tutti i giorni o fare qualche consistente offerta alla propria parrocchia di appartenenza, per potersi salvare.

Se le nostre abitudini o pratiche religiose non scalfiscono minimamente la nostra presunzione, la nostra superficialità, la nostra superbia, il nostro orgoglio personale, e non ci aiutano a vivere realmente in spirito di verità e carità, noi non solo non potremo guarire anche se perfettamente sani da un punto di vista fisico, ma continueremo ad ammalarci spiritualmente in modo inesorabile anche senza sospettare di essere affetti da un male particolarmente devastante e alla fine letale.

L’indulgere, col silenzio, con il disimpegno o con la complicità, alle molteplici impurità e iniquità del mondo, alle tante forme di menzogna e di violenza che vengono esercitate in tutte le parti del mondo perfino nel nome di Dio, alle numerose manifestazioni di egoismo e di viltà di cui molti di noi non hanno coscienza pur talvolta nutrendosi di letture edificanti e di santi esercizi spirituali, può produrre l’effetto di vanificare un’intera esistenza illusoriamente passata nella convinzione di aver fatto di tutto per piacere al Signore.

A volte si è tentati di pensare che almeno i miracolati, pur peccatori come gli altri, non possano venir meno alla loro riconoscenza e alla loro fedeltà a Dio. E invece non è cosí, perché il Signore, anche quando compie prodigi straordinari, non vuole tenerci legati a sé per via di imposizione o di costrizione: ci lascia sempre liberi di amarlo e di seguirlo nella sua Chiesa anche se ben al di là della Santa Messa, delle pratiche liturgiche e sacramentali, dei riti devozionali e delle offerte giornaliere e periodiche. Ci lascia sempre liberi, fratelli e sorelle carissimi, di credere incondizionatamente nel suo amore e nella sua giustizia, e “nella vita del mondo che” prima o poi “verrà” per coloro che realmente avranno voluto e saputo sacrificarsi con Lui e per Lui.