Dio: giustizia, non solo misericordia*

Scritto da Pierfrancesco Nardini on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

Il giudizio «è il rendiconto della propria vita,

che ogni uomo deve dare dopo la morte a Dio, Signore e Giudice supremo,

per  riceverne secondo i suoi meriti»

(Dizionario di Teologia Dommatica, Piolanti-Parente-Garofalo, Ed. Studium, 1952)


Ci siamo dimenticati la Giustizia. Quella divina. Sì, ce la siamo dimenticati. Tutti a dirmi “eh, ma Dio è misericordioso, mica un dittatore pronto a condannarti per qualsiasi cosa”; tutti a parlarmi di carità, senza però ricordarsi/sapere che la Carità non è semplice compassione umana, non è risolvibile nella sola solidarietà, ma è innanzitutto l’amare Dio, senza il quale amore non si può realmente essere caritatevoli con il prossimo (la carità «fa tendere e aderire a Dio come al bene assoluto in sé», Dizionario di Teologia Dommatica, Piolanti-Parente-Garofalo, Ed. Studium, Roma, 1952). Soprattutto, in questi giorni, tutti a parlare di misericordia, come se fosse arrivata finalmente l’epoca della Chiesa che ha capito tutto, come se la Chiesa non avesse mai avuto misericordia fino ad oggi.

A causa della falsa idea di misericordia dominante, di questo «“misericordismo” (che è ben altro dall’autentica misericordia)» (Prof. C. Gnerre, Sosta aprile 2015, Il Cammino dei Tre Sentieri) credo sia normale trovare poi molte persone che pensano che Dio perdona tutti, che non credono più nell’Inferno (e come dargli torto, se non si sente più parlare di peccato e Novissimi?), fino agli estremi del “non ho bisogno della Chiesa, con Dio me la vedrò io” e affini protestantizzanti.

Eppure nella Sacra Scrittura non mancano le indicazioni sulla Giustizia di Dio, sull’oggettività del Giudizio particolare che ci aspetta subito dopo la morte (Cfr. Lc 16, 19-31; 2Tim 4, 6; Eb 9, 27) e del Giudizio universale alla fine dei tempi (Cfr. Mt 25, 2Cor 10; Rom 14, 10; 2Tes 1 e 2). Nella Scrittura è evidentissimo anche l’attributo punitivo della giustizia divina (concetto da non equivocare e da intendere come metafora per rappresentare che è lo stesso peccatore che, con il suo peccato, sceglie la punizione, non come un’azione diretta di Dio, tesa a portare pena e dolore. Dio, in quanto Bontà per eccellenza, infatti, disprezza il male morale).

Non voglio con questo cadere nell’errore opposto di chi parla solo di misericordia. Dio non è giusto o misericordioso, bensì giusto emisericordioso. Non si possono considerare queste due caratteristiche in termini di contrapposizione tra loro. Esse sono presenti in egual modo in Dio, tanto che mi permetto di dire che sono le due facce della stessa medaglia. San Tommaso d’Aquino spiegava che «quando Dio opera con misericordia non agisce contro la sua giustizia, ma compie qualcosa oltre i limiti della giustizia» (Summa Theol., I, q. 21, a.3). Non ci sarebbe giustizia senza la misericordia e non ci sarebbe misericordia senza la giustizia.

Pensare alla sola misericordia comporterebbe che non ci sarebbe il giudizio. Se Dio non punisse i peccatori, però, sarebbe ingiusto. E mi sembra inoppugnabile che Dio sia giusto, giustizia per eccellenza.

Riterrei un’eresia affermare il contrario.

La conseguenza di ciò è l’impossibilità, e la conseguente improponibilità e assurdità della tesi di un Dio solo misericordioso. Se restasse solo la misericordia, se non ci fosse la giustizia, si dovrebbe cadere anche in un’altra eresia: quella di pensare che N.S. Gesù Cristo ha mentito (o si è sbagliato) nel parlare ripetutamente della giustizia divina, della salvezza e della dannazione eterna.

Si ricordano solo alcuni passi (fra i tanti) in cui Gesù non è equivocabile.

«Io vi dico che nel giorno del giudizio gli uomini dovranno render conto d’ogni parola oziosa, che avranno detta» (Mt 12, 36); «Così succederà alla fine del mondo; verranno gli angeli a separare i cattivi di mezzo ai buoni, per gettarli nella fornace di fuoco: dove sarà pianto e stridor di denti» (Mt 13, 49-50); «Allora due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato; due donne faranno andare la mola; l’una sarà presa e l’altra lasciata. Vegliate, dunque, perché il vostro Signore verrà» (Mt 24, 40-42; cfr. Lc 17, 34-35); «In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede in Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non è sottoposto a giudizio, ma passa da morte a vita. … e procederanno quelli che avran fatto il bene a resurrezione di vita, quelli che avran fatto il male a resurrezione di giudizio» (Gv 5, 24.29). Ci sono anche Mt 24, 26-27; 25, 31-32ss; Lc 11, 31; 12, 35-39; 21, 34.

Si può avere l’ardire di affermare che Gesù non fosse misericordioso se ricordava che alla fine della vita terrena saremo giudicati e da quel giudizio dipenderà la nostra vita eterna, alla presenza di Dio o nella dannazione? O è proprio lì la vera e massima misericordia di Gesù, nel mettere le persone a conoscenza dei rischi ed evitare loro «pianto e stridor di denti»?

Cristo era l’Amore. Era la misericordia per antonomasia, eppure non si è posto il problema, anzi volutamente, per amore nostro, ha insistito sul concetto di giudizio.

Il rischio di non vedere più questo aspetto non è forse dimenticare che «Gesù ha incontrato la donna adultera con grande compassione, ma le ha anche detto: “Va’, e non peccare più” (Gv 8, 11)»? (Card. G.L. Müller, Indissolubilità del Matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti in "Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e Comunione nella Chiesa cattolica", p. 152). «Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia» non «si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare»? (Card. G.L. Müller, Op. Cit.).

La misericordia di Dio non può essere intesa come un vuoto buonismo, come un esonero dai comandamenti di Dio. Non avrebbe senso. La misericordia di Dio per essere efficacemente e correttamente veicolata ai fedeli non può essere staccata dalla santità e dalla giustizia di Dio: diversamente significherebbe non prendere più sul serio il concetto di peccato.

La Chiesa, custode e non padrona della Parola di Dio, non ha fatto altro che continuare l’insegnamento del Maestro nel corso dei secoli. A partire dagli Apostoli e da San Paolo, il quale ci avverte che «tutti compariremo davanti al tribunale di Dio» (Rm 14, 10), dove «ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio» (Rm 14, 12; cfr. 2Cor 5, 10). S. Agostino espone sistematicamente la dottrina tradizionale nel De Civitate Dei (XX, 30). S. Tommaso d’Aquino spiegava che in Dio «vi sono invece altre virtù morali, come la giustizia» (Sum. Theol., I, q. 21, a. 1) e che «perfino nella dannazione dei reprobi appare la misericordia, sotto forma non di totale indulgenza, ma di una certa clemenza, poiché Dio punisce meno di quanto sarebbe dovuto» (Ibid., I, q. 21, a, 4).

Per sintetizzarla con Romano Amerio, «la condanna ufficiale dell’errore è intrinsecamente opera di misericordia perché mette in guardia l’errante e contestualmente i fedeli, fornendo loro lo strumento necessario a difendersi».

La misericordia di Cristo, dunque, è inscindibile dalla sua giustizia, non può contraddirla.

Il pericolo di questa deviazione del concetto di misericordia che si sta pian piano diffondendo tra i fedeli è quello di non seguire integralmente Cristo e di cadere nel relativismo e nel lassismo. E soprattutto di non difendere la nostra fede, la sua integrità, sperando di farci piacere un po’ di più al mondo, ma ottenendo così solo ancora più disprezzo e odio.

«Mentre ci preoccupiamo di mostrarci più “buoni” di Cristo e più “misericordiosi” della Parola del Vangelo», infatti, «mentre ci preoccupiamo di ridurre il sacramento del Matrimonio in una burletta regalando il Corpo e il Sangue di Nostro Signore a chi non ha saputo rispettare virilmente la Promessa matrimoniale, mentre ci preoccupiamo di affermare che anche chi pratica il peccato contro-natura può donarsi vero amore … aumentano cristianofobia e martiri» (Prof. C. Gnerre, Sosta aprile 2015, Il Cammino dei Tre Sentieri).

In conclusione, mi sembra che la soluzione per evitare danni maggiori sia quella di iniziare a riproporre con forza l’autentica ed integrale dottrina della Chiesa, ma soprattutto liberare il campo dalla falsa e quasi caramellosa immagine che vien data di N.S. Gesù Cristo. Si deve gridare in ogni dove che invece Gesù, Amore per antonomasia, è anche giusto; che è Colui che giudicherà ognuno di noi con il nostro Giudizio particolare e, pur Misericordia assoluta, se saremo in peccato mortale, ci dirà: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno» (Mt 25, 41).

Invochiamo la Santa Vergine affinché ci sia vicina nel percorso della nostra vita e ci dia l’aiuto necessario per rimanere nella strada stretta e non cadere nella tentazione della comodità di quella grande e lastricata diretta all’Inferno.

*Pubblicato in www.civiltàcristiana.com in data 27 aprile 2015