Maria e il Dio inatteso

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Che Maria sia stata una campionessa inimitabile di fede e costituisca per tutte le generazioni il paradigma più perfetto di fede in Cristo, non si può porre minimamente in discussione se si tiene presente che ella volle sempre essere, sin da bambina e al di fuori di ogni slancio religioso meramente retorico, “la serva del Signore”, con tutto ciò che tale attitudine spirituale e religiosa venne implicando sul piano concretamente esistenziale. Le angustie, le drammatiche vicissitudini, le situazioni dolorose e angoscianti che, a causa della sua fede, dovette sperimentare nel corso della sua esistenza terrena, soprattutto nella fase conclusiva di essa, sono la vera cartina di tornasole della genuinità e profondità della sua fede.

Eppure, per quanto Maria percepisse Dio come un Dio vicino e presente nella sua vita, come un Dio familiare e dai tratti ben noti, come un Dio per cosí dire a portata di mano, anche per lei Dio non fu affatto un Dio ovvio, scontato, prevedibile e acquisito una volta per tutte. Al contrario, persino Maria fece esperienza di un Dio ben noto ma sconosciuto ad un tempo, rivelato e tuttavia misterioso, sempre identico e fedele a se stesso e insieme inedito e sorprendente.

Benché a Maria l’angelo avesse detto per tempo che avrebbe portato in grembo il Figlio dell’Altissimo, si può ben affermare che di lui ella sapesse meno di quanto ne sappiamo oggi noi: più e meglio di noi sapeva che Gesù sarebbe venuto per salvare il mondo, ma in che modo e con quali strumenti esattamente venisse a salvarlo non le fu mai abbastanza chiaro. Maria sapeva che Gesù aveva una missione salvifica ben precisa da svolgere su questa terra, ma faticò sempre molto a decifrare le reali caratteristiche, le specificità esplicative di tale missione.

Si stupisce delle parole riconoscenti e adoranti che i magi, venuti da terre lontane, proferiscono su Gesù, così come delle parole profetiche e misteriose del vecchio Simeone. Non comprende il comportamento del piccolo Gesù, allorché questi se ne resta nel Tempio a discutere con i sacerdoti. Figlio, perché ci hai fatto questo, fu il rimprovero che Maria allora gli rivolse, e Gesù rispose: ma forse non sapevate che il mio compito è quello di occuparmi delle cose del Padre mio celeste? Cioè, volendo esplicitare: nonostante Dio ti abbia parlato e ti abbia anticipato che io non mi sarei incarnato per vivere come tutti gli altri esseri umani, tu Madre ti meravigli che io non mi conformi a taluni moduli educativi e comportamentali di vita terrena? Pensi forse che Dio debba renderti conto di quel che fa o non fa, del modo in cui agisce e opera in mezzo agli uomini, o forse pensi che la divinità corrisponda in tutto e per tutto all’idea pure ispirata, rispettosa e corretta, che tu te ne sei fatta?

Le implicazioni delle parole di Gesù sono chiare: a nessuno, neanche alla donna-madre e serva Maria, è consentito di possedere vita natural durante una visione completa e perfettamente esaustiva di Dio e del suo modo di manifestarsi nella vita e nella storia degli uomini; c’è chi accede a Lui, per sua stessa grazia, di più o di meno, e chi in tal senso ne possieda una conoscenza più o meno fedele e autorevole, ma non c’è alcun essere umano che possa racchiuderlo e cristallizzarlo in categorie aprioristiche e definitive. Dio ci fa conoscere la sua volontà e i modi migliori di corrispondere ad essa, ma questo non significa che la sua volontà sia sempre o subito chiara e comprensibile e che gli stessi mezzi per onorarla siano sempre e comunque utilizzabili in modo agevole.

E’ Gesù che si era allontanato da Maria e Giuseppe o, paradossalmente, erano stati proprio quest’ultimi ad essersi allontanati inconsapevolmente da lui, dal suo piano salvifico, dalla sua missione redentrice? Forse, se avessero prestato maggiore attenzione, avrebbero potuto seguirlo fino alla porta del Tempio, rimanere con lui e tornarsene a casa insieme a lui piuttosto che insieme a parenti, amici e compaesani. Forse, se non si fossero dimenticati, sia pure per qualche attimo, del particolare spirito di iniziativa di quel bambino, della sua unicità e originalità, ovvero della sua divinità, non sarebbero rimasti cosí sorpresi della scomparsa momentanea di Gesù.

Anche noi, mutatis mutandis, perdiamo talvolta di vista Gesù perché non sappiamo rinunciare a certe nostre abitudini di vita, perché lo trasformiamo in qualcosa di abitudinario, di ordinario, di ovvio, senza sapere che egli è sempre sorprendente, che le cose che dice e che fa sono sempre inedite e straordinarie, al punto che, per tenerne il passo, occorrerebbe non essere soggetti a statiche standardizzazioni mentali e ad attività spirituali ordinarie di tipo meccanico o consuetudinario. Anche a noi capita di meravigliarci che certe nostre aspettative religiose risultino talvolta infondate e abbiamo quasi la tendenza a rimproverare il Signore, perché non si fa trovare dove vorremmo trovarlo e non appaga il nostro desiderio quasi infantile di tenerlo sempre attaccato a noi, di averlo sempre a portata di mano, per gestirlo, controllarlo e condizionarlo secondo le nostre necessità affettive più o meno egoistiche e unilaterali.

Ma siamo noi che ci dobbiamo rimproverare se perdiamo di vista il Signore, che ci dobbiamo chiedere seriamente perché non dia riscontro alle nostre preghiere, che dobbiamo rinnovare continuamente la nostra fede. La vergine Maria, l’Immacolata di Dio, la tota pulchra, piano piano capisce che la fede obbliga a un costante e mai definitivo rinnovamento interiore, che l’infinito Dio chiede alle sue creature di tendere a lui attraverso un infinito processo di trasformazione spirituale, nel quale sono naturalmente compresi momenti di crisi, di incertezza e di peccato. Oggi, più che mai, ella è lí, nell’alto dei cieli e nella nostra pur sonnecchiosa coscienza, a ricordarcelo con insistenza per incoraggiarci ad amare Dio per quello che è ed è giusto che sia e non per quello che vorremmo che fosse.