Ricordo di Ida Magli
Non ero suo collega, né collaboratore, né allievo, né amico. Ero solo un estimatore, un estimatore critico ma sincero, e, per la verità, mia moglie era stata allieva affezionata della professoressa Magli all’inizio degli anni ’70 presso la “Sapienza” di Roma, ma questo particolare glielo avrei riferito solo dopo essersi dichiarata disponibile a rilasciarmi l’intervista che le avevo proposto. L’intervista, per l’appunto: su fede e Chiesa. Era l’1 ottobre 2011. La professoressa accettò la proposta con una semplicità disarmante, semplicemente dopo aver dato un’occhiata al sito mariano che dirigevo e in cui sarebbe stato pubblicato il suo intervento. Non pose condizioni, non si fece pregare più del necessario, non volle sapere niente di me. Via email, io facevo una domanda e lei rispondeva, ma le sue risposte non erano affatto sbrigative, bensí ben meditate e articolate. Si andò avanti con domande e risposte per due giorni: la sera del 2 ottobre 2011 l’intervista, con il suo consenso, veniva pubblicata sul sito citato.
Questo è il mio ricordo di Ida Magli donna: una donna semplice, naturale, schietta, interessata a sottoporsi alle domande di un illustre sconosciuto, priva di quelle moine snobistiche che sono proprie della stragrande maggioranza degli accademici chiarissimi. Eppure avevo letto della sua difficoltà a relazionarsi con i colleghi universitari, delle sue serene ma decise critiche al maschilismo baronale imperante nelle università italiane, di un carattere a tratti aspro e polemico, oltre che del suo acume di ricercatrice e della vastità e originalità della sua produzione scientifica, tutte cose che solo parzialmente trapelavano dalla lettura diretta che avevo fatto di alcune sue opere significative. Confesso che in lei, benché mia moglie me ne avesse parlato sempre come di una docente seria e preparata, affabile ed equilibrata, non mi aspettavo di trovare una tale umanità.
L’intervista, per nulla di comodo né per me né per l’esimia studiosa, verteva su una problematica eminentemente religiosa, ma, a ben vedere, in essa alla fine avrebbero fatto capolino alcuni dei temi a lei più cari, come la critica ad un certo conformismo di massa e la demitizzazione di quel feticcio ingombrante che è l’Unione Europea. Ma quel che ella disse durante la nostra intensa conversazione informatica è di per sé molto significativo e, credo, molto utile a laici e credenti. Non si poteva non cominciare da Gesù.
Per Ida Magli Gesù si era posto in un rapporto di totale discontinuità e quindi di rottura con la religiosità ebraica, dando molta più importanza al fare religioso che non al dire religioso con la sua teologia, la sua sin troppo sofisticata esegesi scritturale, le sue norme dottrinarie, i suoi riti troppo spesso fini a se stessi.
La Chiesa, pur credendo in Gesù, ha proseguito sulla strada della mentalità ebraica creando una nuova teologia, nuove norme, nuovi riti, come in precedenza avulsi dalla vita reale, suscettibili di trasformarsi in pure e semplici formule e dunque tendenzialmente chiusi ai sentimenti e al cuore delle persone.
In questo consiste il maggiore tradimento operato dalla Chiesa nei confronti di Gesù: riportarlo nella continuità dell’ebraismo. Il risultato di questo tradimento è anche il tradimento dell’uomo contemporaneo cui la Chiesa elargisce discorsi sulla verità, sull’amore, sulla giustizia, più che concreti, vissuti e “visibili” seppur umili gesti o testimonianze di verità, amore e giustizia.
Se Gesù è la verità, è Gesù sine glossa che bisognerebbe predicare senza compromessi con il politicamente corretto e senza preoccuparsi di dispiacere a questo o a quello. La Chiesa invece, anche oggi, cita Gesù ma troppo spesso non parla come Gesù. Per esempio, pur essendo evidente che biblicamente la pratica omosessuale non trovi alcuna giustificazione, sta di fatto che la Chiesa, di fronte all’esplosione dittatoriale dell’omosessualità, appare più che mai debole e incerta, nonostante qualche sua timida e formale protesta.
Stando cosí le cose, i veri credenti, sempre di meno, non devono starsene in disparte ma devono assolvere un preciso e impegnativo compito evangelico: “correggere” i pastori, spingere la Chiesa ad avere il coraggio di non piacere al mondo. Fare le opere di bene è facile e, per questo, piace a tutti, anche ai più critici nei confronti della Chiesa. Ma per somigliare a Gesù, bisogna essere come lui: bisogna contestare l’ipocrisia dominante, infrangendola con le azioni.
Anche accettare quest’Europa, questa Unione Europea, non è evangelico, perché non è evangelico fare della “crescita” un imperativo categorico, come fanno i banchieri della BCE, né è evangelico accettare passivamente tutti i falsi valori e le patologiche direttive che vengono impartite, anche sul piano etico-civile, dagli ottusi burocrati di Bruxelles.
Purtroppo la Chiesa, lamentava ancora Ida Magli, si è disinteressata del destino dell’Europa, dandola ormai per perduta: non ha lottato, non lotta contro questa nuova Babilonia, non si espone e non grida profeticamente il suo sdegno contro politici, parlamenti, capi di governo, che asserviscono le proprie nazioni, come se ne fossero proprietari, all’immorale dominazione europea.
Ida Magli era una scienziata laica ma era anche una credente cristiana, benché non credesse, secondo me a torto, nel Gesù dei sacramenti e dei dogmi. Era una credente cristiana, perché credeva sinceramente alla promessa decisiva di Gesù: la risurrezione dopo la morte. Spero di poterla incontrare un giorno per farmi rilasciare un’altra intervista su Dio, sul Dio che, come dice Giovanni apostolo, vedremo faccia a faccia. E quel giorno sarò felice di dirle ancora una volta: grazie, professoressa Magli!