Via crucis. Maria sapeva

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

A Gerusalemme molti erano convinti che Gesù vi sarebbe entrato come un Messia potente e ormai prossimo, dopo aver compiuto tanti prodigi e aver sfamato le folle, a liberare il popolo ebraico dal giogo romano e da tutte le sue restrizioni storico-materiali. Maria però sapeva che l’opera di liberazione del Figlio non aveva niente a che fare con una delle tante liberazioni politiche, sociali o economiche, che periodicamente possono verificarsi nella storia degli uomini. Sapeva che egli non era venuto a salvare dall’oppressione, dalla schiavitù o dalla povertà, dalla fatica e dal dolore, ma nell’oppressione, nella schiavitù o nella povertà, nella fatica e nel dolore. Certo, era venuto a salvare dalla morte, ma non dalla morte fisica bensí dalla morte eterna: anzi occorreva espiare con Cristo nel corso della vita terrena sino all’estrema umiliazione della morte per sperare di poter essere tratti da Lui, in Lui e con Lui, a nuova vita e ad un’eterna felicità.

A nessun altro come a Maria, che pure si era interrogata per tutta la vita con grande apprensione sul destino terreno del Figlio, era altrettanto chiaro il senso di quella grande opera redentiva di Dio. Persino gli apostoli ancora faticavano a capire: Giuda ne era un esempio eclatante, ma anche gli altri, a cominciare da Pietro, tardavano a capire che la liberazione dal peccato e dalla morte dovesse passare necessariamente attraverso la morte dello stesso Salvatore dell’umanità.

Vedendolo condannato a morte, e poi deriso, sputato e sbeffeggiato, durante il percorso che conduceva al Calvario, Maria comprende ormai perfettamente che il suo Dio non era sceso dal cielo per cercare l’applauso del mondo o il consenso delle piazze, ma semplicemente per rivelare la sua eterna e salvifica verità, che mette radicalmente in discussione le certezze e i poteri della terra e che pertanto può risultare gradita soltanto a chi avvertendo tutti i limiti e la profonda angustia di queste certezze e di questi poteri confida in un Regno di giustizia e di amore che si tratta di costruire in questa vita ma che in essa non si esaurisce e non si dispiega nella sua massima e splendida perfezione.

Maria, assistendo alla crocifissione di suo Figlio, immaginava anche che nessuna crocifissione umana, passata presente e futura, potesse essere più ingiusta di quella inflitta a Gesù e che, per quanto umanamente comprensibili, ben stolte dovessero essere considerate tutte le lamentele e le proteste che, epoca dopo epoca, in presenza di eventi particolarmente tragici, di cataclismi distruttivi o di persecuzioni e crimini efferati, di morti innocenti o di forme oltremodo crudeli di sterminio, molti avrebbero espresso per mettere in dubbio l’amore e la misericordia di Dio per l’umanità, o meglio per esseri umani apparentemente innocenti e del tutto incolpevoli.

Stolte, certo! Perché che senso avrebbe avuto, in questi casi, chiedersi dove fosse Dio o cosa Dio facesse, dal momento che persino il Figlio di Dio, e quindi il più giusto, il più innocente, il più umile degli uomini, era lí in balìa dell’umana malvagità e di una ferocia assassina del tutto gratuita e ripugnante? Gesù stesso avrebbe gridato: “Padre dove sei, che fai, io sto morendo in questo modo!”, ma non per metterne in discussione la giustizia e la misericordia divine, bensí solo per condividere fino in fondo tutta la disperazione degli uomini. Maria sapeva già allora che molti uomini e molte donne delle successive generazioni, pur potendo evitare di porre quell’odiosa e sconsiderata domanda, non avrebbero mai fatto abbastanza per cercare la risposta a certe domande retoriche e insulse proprio nel più tragico degli olocausti umani: quello del Cristo stesso!

Maria sapeva, per averlo sperimentato personalmente, che la misericordia infinita del Figlio sarebbe stata sempre invocata con sincerità di cuore ma, in pari tempo, sempre chiacchierata ed usata strumentalmente in conformità ad  esigenze e aspettative puramente umane di natura psicologica e, nel migliore dei casi, di tipo soggettivistico. Sapeva Maria che, per quanto ineffabilmente misericordioso (fino al punto di lasciare il suo trono celeste per venire a sprofondare nelle sabbie mobili della perversione e dell’ingratitudine umane), il suo amore per noi tutti non avrebbe cessato di essere frainteso, equivocato, usato con intenzioni polemiche e sfruttato per scopi non evangelici, e quindi manipolato e diffamato, irriso e svuotato di senso.

Ella, infatti, non dimenticava che dopotutto il vecchio Simeone le aveva detto profeticamente: «Ecco, Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2, 34-35). Piaccia o non piaccia, il Cristo è venuto non solo per la risurrezione spirituale e fisico-corporea ma anche per la rovina altrettanto concreta di molti, in Israele come in quello che storicamente si sarebbe venuto affermando come il sempre più ampio popolo di Dio. La sua misericordia è illimitata per coloro che amano la sua giustizia, non per quelli che, vita natural durante, la sviliscono, la offendono, la deturpano a proprio piacimento.

L’antropomorfismo è sempre stata una tendenza molto illusoria e pericolosa dello spirito umano e questa tendenza viene manifestandosi anche nei confronti del Dio cristiano: lo vorremmo secondo i nostri gusti, e diciamo pure a immagine e somiglianza di uomini che desidererebbero essere compresi, perdonati o giustificati nelle proprie peggiori inclinazioni da cui non intendono tuttavia rifuggire. Maria sapeva tutto questo e sapeva che lei stessa, un giorno, sarebbe stata spesso invocata in modi impropri o addirittura blasfemi, non essendo possibile ipotizzare che ella possa intercedere a favore dei suoi simili per cose che si oppongano alla giustizia divina.

La misericordia di Dio viene elargita ai sofferenti, a quanti soffrono per l’impossibilità di rimuovere cause che sono oggettivamente lesive dell’integrità e della dignità della persona umana e non per la loro cocciuta volontà, che vorrebbero fosse compresa e approvata, di lasciare intatte o inalterate le cause della loro sofferenza e infelicità, le cause di ciò che altro non sono se non vizi e perversioni personali.

Si può chiedere la misericordia divina per guarire da malattie e vizi di qualunque genere, non certo per continuare a convivere con essi; per essere capaci di rinunciare a determinati piaceri o passioni terrene pur di non privarsi della grazia salvifica di Dio e non per non vedersi mancare mai niente; per essere pronti a sopportare ogni genere di privazione pur di poter sempre disporre dell’aiuto dello Spirito Santo e non certo per rivendicare un presunto quanto inesistente diritto ad una felicità terrena; per poter accettare di morire alla vita di questo mondo al fine di poter pregustare quella del vero mondo per cui siamo stati creati e non per realizzare pienamente quaggiù i nostri desiderata. Maria, madre della misericordia, intercede se la nostra fede è semplice ma consapevole, è umile ma sensata, è ardita ma responsabile.

Maria sapeva che Dio può salvarci, ma non è obbligato a salvarci. Ha voluto salvarci per amore ma l’atto d’amore è un atto di libertà, non di costrizione. E il suo libero e non vincolato atto d’amore scaturisce dal suo desiderio di rimettere gli esseri umani in cammino verso la sua volontà, verso i suoi comandi, verso il suo Regno, perché, nonostante le inevitabili tentazioni e le ricorrenti cadute cui essi sono soggetti, solo con Lui e non contro di Lui può essere conseguita l’ambita felicità.

La sua misericordia è dunque funzionale a questo disegno e non possono esserne destinatari quanti scientemente, deliberatamente e ostinatamente vagheggiano e perseguono disegni esattamente opposti. Chi non ha e non vuole avere il senso del peccato perché mai dovrebbe ricevere da Dio per l’eternità il dono della misericordia? Se non sente di dover essere perdonato, perché Dio dovrebbe renderlo oggetto della sua misericordia violandone la libertà personale? Né, d’altra parte, si può invocare la misericordia divina accettando e rifiutando ad un tempo determinati aspetti della legislazione di Dio, ovvero della sua stessa verità, perché già la sua verità nella sua interezza è espressione o riflesso dell’amore viscerale di Dio per le sue creature.

Oggi è invalsa una melliflua retorica umanitaria, anche nella preghiera e nelle meditazioni religiose, che rischia continuamente di recare offesa alla sconfinata sensibilità divina, che si muove a compassione solo se i credenti e gli oranti si sforzino, al meglio delle loro possibilità, di attenersi fedelmente ai suoi insegnamenti e ai suoi santi precetti. Il che, purtroppo, tutte le volte che non onoriamo Dio per quel che è su base rigorosamente biblico-evangelica ma per quel che vorremmo sia pure inconsciamente che fosse, non  accade o accade molto imperfettamente.

Maria sapeva tutto, sa tutto e, ormai regina delle nostre vite per sempre, cerca di aiutarci dall’alto innanzitutto e soprattutto sollecitandoci ad essere o diventare spiritualmente più consapevoli della vera e più profonda natura della misericordia di Dio. Aiutaci, Madre, a sostenere la croce di Cristo senza mettere in discussione nulla della sua volontà!