Maria e le donne sole

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

In ognuno di noi male e bene si trovano intrecciati profondamente, perché il peccato originale ha prodotto in noi un vulnus, una ferita così profonda e lacerante da indebolire geneticamente e notevolmente la specie umana, la nostra struttura fisica e psichica, la nostra capacità di discernimento come le nostre capacità volitive, la nostra soglia di resistenza al male e infine alla morte, ma non ha annientato completamente la nostra intelligenza e la nostra facoltà di conoscere, né il nostro senso morale e il nostro desiderio di cose buone e giuste, la nostra stessa tensione spirituale verso Dio. Siamo così schiavi di quel peccato da non poterci sottrarre da soli alle sue nefaste conseguenze, ma, per l’infinita misericordia di Dio, possiamo anche affidarci a quel Cristo morto e risorto per noi al fine di poterci liberare da quella stessa schiavitù sia pure con grande fatica e costante impegno.

Noi non siamo immacolati come Maria, pur essendo stati tali prima della caduta edenica, ma possiamo e dobbiamo diventare immacolati come lei, ognuno secondo le sue forze e i doni spirituali ricevuti da Dio. Maria è l’umanità ben riuscita sin dall’inizio, noi possiamo e dobbiamo diventare l’umanità ben riuscita alla fine del nostro cammino terreno. Quanto più ci si avvicina ad una condizione di immacolatezza, di purezza verginale, di adesione al divino volere, tanto più si è facilitati nel tentativo di piena reintegrazione spirituale del proprio essere.

Naturalmente, i percorsi individuali non hanno un esito salvifico scontato, perché la grazia si spande su tutti ma non tutti hanno la stessa volontà di rispondere adeguatamente alla grazia ricevuta, benché la misericordia divina non lasci mai solo nessuno ed accompagni instancabilmente, in modo particolare, gli sforzi di chi esistenzialmente e spiritualmente appaia debole e affaticato. Tra le categorie di persone generalmente molto deboli e affaticate cui è rivolta costantemente l’attenzione materna di Maria, va inclusa certamente quella delle donne sole.

Le donne sole sono le donne che hanno subìto traumi esistenziali cosí gravi da sentire seriamente compromessa la coscienza stessa della propria identità personale, da avvertire il disagio di chi è infelice ma non sa come e cosa fare per migliorare la propria condizione, anche a causa dell’estrema difficoltà di instaurare con gli altri rapporti di fiducia o affettivamente sereni e significativi.

La donna sola, ben diversa dalla donna emancipata ed autonoma che si assume consapevolmente la responsabilità delle sue azioni e di quel che ne consegue,  è colei che soggiace senza alcuna colpa personale a ripetute violenze fisiche e psichiche, a violenze sessuali o a stupri di massa deliberati e sistematici; è anche colei che non ha mezzi economici per vivere dignitosamente o che pensa di potersi realizzare procurandoseli in modi illeciti. La donna sola è quella che è o resta orfana di madre e di padre, è una ragazza-madre che non sa come fare per allevare un figlio, è una fidanzata o una moglie non solo tradita ma abbandonata e umiliata, è una donna che non può avere figli, oppure anche una donna che coltivi con grande e doloroso senso di responsabilità un amore impossibile, o infine una donna ingiustamente emarginata e disprezzata nei diversi ambiti della vita sociale e persino una donna che opti per una condotta licenziosa e immorale destinata a non approdare mai a qualcosa di solido e rassicurante.

La donna sola è dunque una donna svuotata, isolata anche se apparentemente capace di avere diverse relazioni umane e sociali, insoddisfatta, frustrata e bisognosa di un affetto e di un amore che non riesce più a trovare non già oggettivamente ma soggettivamente, perché resa terribilmente diffidente verso tutto e tutti dalle precedenti esperienze di vita.

Ma la donna sola è anche e forse soprattutto colei che, pur interamente e sinceramente dedita alle cose del cielo, è costretta a patire sulla propria carne privazioni, incomprensioni e iniquità di questo mondo terreno; colei che spesso, pur sapendo di avere tutto in Dio, si vede trattare come un niente su questa terra. Ora, Maria, che, nonostante la sua solidissima fede e il suo immenso spirito di carità, conobbe bene la solitudine, in quanto essere umano e in quanto donna, nello sperimentare innumerevoli maldicenze e pregiudizi e nel trovarsi esposta dall’inizio alla fine della sua vita a privazioni e pericoli di ogni genere, per cui è particolarmente sensibile ai drammi quotidiani di tante donne sole e sole anche se sostenute da una fede più o meno grande.

La solitudine, a seconda dei modi in cui viene vissuta e affrontata o sopportata, può produrre effetti molto diversi e persino antitetici: nelle donne più provate, più esasperate o disperate, per motivi soggettivi e oggettivi ad un tempo, essa induce a percepire la vita semplicemente come non senso e come oppressione da cui non si vede l’ora di uscire con la morte.

In questi casi, persino una fede sincera, se non opportunamente consolidata attraverso la costante preghiera e un pur sommesso prendersi cura del prossimo sofferente come o più di noi, rischia di non incidere affatto sul “vissuto” femminile e quindi su un comportamento quotidiano sempre più chiuso a qualunque novità di vita e ad aspettative di vera e propria rigenerazione esistenziale.

Qui la presenza di Maria il più delle volte non si manifesta certo in una repentina e miracolosa risoluzione delle problematiche fortemente conflittuali e angoscianti di queste donne, né in un mutamento sostanziale della loro vita infelice, ma in una lenta e progressiva opera di interiore sollecitazione volta a far nascere o a far crescere in esse un inedito desiderio di Dio, di perdono e di pace divini, che, benché non sconosciuto in senso dottrinario, era magari come inavvertito o non percepito all’interno del loro orizzonte spirituale. Non un desiderio teorico, astratto, puramente mentale, di Dio, ma un desiderio concreto, pratico, di Dio come di una persona reale, familiare, domestica, a portata di mano; un desiderio che spinga di nuovo a credere in qualcosa che sembrava impossibile.

Maria, non solo come regina dell’umanità ma innanzitutto come donna madre e sorella, è sempre accanto alle donne sole e disperate, principalmente nel senso che fa di tutto perché, nell’ottica salvifica del suo Figlio divino, recriminazioni e desideri terreni non siano fino alla fine più forti di quel sincero e travolgente desiderio di Dio che è già in se stesso indizio significativo di salvezza. Non esistono esperienze femminili di vita così fallimentari da risultare ormai inaccessibili alla stessa grazia divina: Maria, che è figlia e madre ad un tempo della grazia divina, sa sempre come mobilitare il Figlio al quale continua a rivolgersi supplice con le parole evangeliche “non hanno più vino”, ovvero non hanno più amore, sono privi di gioia.