Il potere dei mediocri

Scritto da Francesco di Maria.

 

La mediocrità di cui si tratta qui di seguito non ha niente a che fare con l’aurea mediocritas cantata ed esaltata dal poeta Orazio, il quale con questa espressione intendeva riferirsi alla capacità di tenersi lontani dagli estremi e dagli eccessi e quindi in definitiva ad un principio di saggezza e ragionevolezza secondo cui fosse possibile vivere in modo equilibrato e moralmente dignitoso. 

Il filosofo canadese Alain Deneault parla di mediocri e di mediocrità in un senso tutt’altro che “aureo”. Nel suo recente libro “La médiocratie”, Lux Editeur, Montréal 2016,  ha preso infatti di mira il conformismo acritico dominante in tutto il mondo, l’attenersi della stragrande maggioranza della popolazione mondiale a modi e stili standardizzati di pensare e di agire, a parametri di giudizio e a canoni di comportamento definiti e determinati sulla base di ciò che “mediamente” viene ritenuto accettabile e praticabile, e più esattamente sulla base di criteri opportunistici o di convenienza che consigliano di non entrare in rotta di collisione con il vigente ordine economico e sociale, per cui una cultura sempre più uniforme e standardizzata, l’assunzione della “media” o di ciò che vale mediamente come norma o regola predominante, la sostanziale accettazione del “mercato” e dei suoi spesso infimi epifenomeni culturali oltre che delle sue “leggi” economiche, non possono che generare “mediocrità” fino al punto di consegnare il mondo al potere di una moltitudine di “mediocri”.

Però, spiega Deneault, mediocre qui non è sinonimo di incompetente, perché anzi il sistema attuale è funzionale all’ascesa sociale e professionale di individui mediamente competenti e quindi di individui preferiti sia agli incompetenti sia anche ai supercompetenti ovvero a coloro che possono vantare particolari caratteristiche di originalità e creatività e conoscenze specifiche non ordinarie o canoniche ma tendenzialmente innovative e rivoluzionarie, conoscenze quindi che presuppongano una grande autonomia critica di pensiero e una notevole capacità, soprattutto morale, di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni, quali che siano i suoi settori di riferimento.

Il mediocre, dunque, è sí un esperto ma per esempio, in ambito universitario, egli non dovrà mai scostarsi dagli ambiti già riconosciuti e accreditati della ricerca scientifica, che è poi in definitiva quella degli “accademici” solitamente molto più preoccupati di tutelare e perpetuare se stessi e il proprio status che non la conoscenza e il diritto di accedervi e utilizzarla liberamente.

Il mediocre è uno bravo che però deve stare al gioco, può anche avere i vezzi del genio purché sostanzialmente non si allontani mai troppo da quello che, nei vari ambiti dell’esistenza e di un certo periodo storico, viene considerato come il “politicamente corretto”. Che significa questo? Significa che egli, sia pure in forme discrete o nascoste, dovrà accettare piccoli o grandi compromessi utili al perseguimento di obiettivi a breve termine, dovrà sottomettersi a regole odiose e sottaciute come quella di chiudere gli occhi e tacere di fronte a tante ingiustizie visibili e reali o di esprimere giudizi completamente inattendibili per motivi che nulla hanno a che fare con quella che dovrebbe essere il principale distintivo dell’intellettuale in genere, ovvero la sua onestà intellettuale, o ancora come quella per cui si tenda a promuovere in senso lato non ciò che ha a che fare con una reale produttività e con il merito ma solo con ciò che può essere utile e conveniente per se stessi e per il proprio gruppo di riferimento.

L’essere parziali, l’essere omissivi, l’essere generici e sfuggenti, l’essere realisticamente prudenti nel non pestare i piedi a chi conta e può influire anche sul nostro destino, il mostrarsi al contrario distanti scostanti e sprezzanti rispetto a persone “esplosive” ma marginali, a “teste calde” non sprovviste di capacità e mezzi per minacciare gli establishments costituiti, per alterare determinati equilibri politici e culturali, per contribuire ad invertire radicalmente taluni processi di partecipazione alla ricerca scientifica e culturale, di acquisizione e distribuzione del sapere oltre che del potere e della ricchezza: questo è l’identikit del perfetto mediocre intelligente, preparato, competente, funzionale alla conservazione di una società, mediocre per l’appunto, in cui la sua condizione sociale e il suo prestigio professionale siano insidiati il più debolmente possibile.

Questo tipo di mediocre alla fine diventa talmente falso e corrotto da non rendersi più conto di esserlo e da non rendersi conto di generare, sia pure impercettibilmente, istituzioni altrettanto corrotte.  Ci sono rimedi a questo stato di cose? Deneault lascia due indicazioni: una di carattere politico, per cui sarebbe opportuno ancora una volta ripensare profondamente la politica per farne qualcosa di più e di meglio di una semplice tecnica di amministrazione dell’esistente e di accodamento o adattamento alle pratiche date di questo tempo; l’altra, forse molto più concreta e a portata di mano, è quella che egli chiama la strada “dei piccoli passi quotidiani: resistere alle tentazioni e dire no. Non occuperò quella funzione, non accetterò quella promozione a qualunque costo, rifiuterò quel gesto di riconoscenza per non farmi lentamente avvelenare”.

Non è certo semplice resistere a certe pulsioni di successo, di potere o di ricchezza, sapendo che a certe condizioni esse potrebbero prima o poi essere almeno in parte soddisfatte, ma, scrive il filosofo canadese, “forse vale la pena di tentare”.

Resistere alle tentazioni e dire no. Nell’analisi di Alain Deneault non c’è alcuna traccia di ispirazione evangelica, ma questo passaggio centrale della sua denuncia, il dover resistere alle tentazioni e il rifiuto di un quieto e comodo vivere non in modo puramente ribellistico o irrazionale ma mossi da un profondo spirito di verità e da un bisogno etico-intellettuale creativo di vedere le possibilità e le dimensioni ancora inespresse del mondo concorrendo alla loro attuabilità, si interseca con il cuore stesso del vangelo: “Non inducere nos in tentationem”.

In Deneault manca solo una cosa, ma una cosa che non è di poco conto: la preghiera al Padre, senza la quale l’uomo meno mediocre della terra non potrà che restare, suo malgrado, un inguaribile mediocre.