Maria e gli ipocriti

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Cosa avrà fatto Maria con quelle persone false e bugiarde che le sarà pur capitato di conoscere o incontrare nella sua normale quotidianità, cosa avrà pensato e detto, come si sarà comportata nei loro confronti e nei confronti di uomini e donne abituati a vivere nella menzogna, nella maldicenza e nell’ipocrisia? Di certo, non sarà stata aggressiva, intollerante, violenta; avrà cercato sempre di capire, di perdonare, di correggere e di educare al vero e al bene, pregando sempre a favore di quelle anime erranti. Questo è sin troppo facile immaginarlo, ma questo implica necessariamente che non si sia mai spazientita, rattristata e indignata, o non abbia mai usato parole di rimprovero e di riprovazione persino nei casi di più ostentato o radicato malcostume? Non le sarà mai sfuggita una parola forte, un’espressione oltremodo severa, un giudizio particolarmente caustico? Non avrà mai sperimentato la tentazione di chiudere mente e cuore a soggetti costantemente in rotta di collisione con lo spirito di verità, con la legge e la volontà del Signore?

L’umanità di Maria fu un’umanità imperturbabile e totalmente immune da scosse emotive, da esperienze perturbatrici, da reazioni morali veementi o fu un’umanità serena ed appassionata ad un tempo, composta e riservata e insieme ardente e combattiva, pacificante ma anche schietta e rigorosa? Nessuno può avere l’ardire di dare una risposta certa e incontrovertibile a queste domande: né quelli che tendono a fare di Maria una creatura come tante altre, né quelli che tendono a farne una creatura completamente diversa da noi tutti e da tutti quei credenti, pur sinceri, cui accade non di rado di vivere conflittualmente la propria fede. Si tratta però di capire che la santità cui Maria fu destinata ab aeterno da Dio non fu per lei un dato scontato, acquisito senza sforzo e senza tensioni interiori, ma una lenta e continua conquista spirituale conseguita non già nell’esercizio di un’umanità asettica, acquiescente e stereotipata quanto nella reiterata e faticosa esplicazione di un’umanità carnale, sanguigna, vitale, pulsante, ontologicamente e vocazionalmente sensibile a grandi e contrapposte passioni esistenziali (che tali sono anche se non sempre facilmente distinguibili nella effettualità del vivere) per la verità o la menzogna, per il bene o il male, per il proprio io o per il prossimo, per la giustizia o per il tornaconto personale.

Una grande e santa umanità può manifestarsi in forme e modi diversi, con accenti o toni diversi pur nella unificante aspirazione a pensare e a vivere in conformità agli insegnamenti divini. L’amore cristiano non può essere frainteso, come purtroppo spesso oggi sembra accadere, ma esso, pur nella sua originaria ed incontaminata valenza, può essere legittimamente coniugato con sensibilità o temperamenti differenti. C’è chi lo testimonia in modo più distaccato e chi in modo più irruento, chi in modo più disteso e chi in modo più vigorosamente partecipato, chi in modo più dialogico e chi in modo più conflittuale: peraltro, molto dipende anche dalle circostanze e dalle specifiche situazioni in cui il credente venga a trovarsi. In questo senso, l’amore cristiano non può essere inteso riduttivamente e univocamente.

Nel caso paradigmatico di Gesù, questi possibili elementi di diversità tendono a convergere nella sua persona e nella sua vita, perché quell’uomo “mite e umile di cuore” è anche un uomo pieno di temperamento e di vitalità dialettica, che non manca di puntare il dito contro chi vive di ipocrisia e di doppiezza, di richiamare aspramente chi anche tra i suoi seguaci tenda a farsi di Dio un’idea non solo soggettiva ma arbitraria e fuorviante, di cedere persino ad un embrionale moto di santa violenza contro quei rappresentanti del sacro che profanano il nome del Padre con pratiche immonde o indecorose. Niente di strano, dunque, se anche la Vergine Maria, notoriamente protagonista di alcune celebri vicende evangeliche,  sia venuta attuando la sua santità facendo valere pienamente la vitalità e la vivacità della sua umanità nel quadro della lotta cui non potette e non volle sottrarsi contro l’errore, il male e il peccato.

Ora, è fuor di dubbio che ad una natura immacolata come quella di Maria poteva essere consentito dalla grazia divina di ricorrere ad espressioni forti e ad energici interventi critici sul piano morale, spirituale e religioso: in lei non si scorge traccia di ipocrisia, di ambiguità, di doppiezza, in lei tutto è così chiaro, schietto e innocente da rendere del tutto comprensibili e ammirevoli certi toni di aperta militanza religiosa e talune sferzanti certezze spirituali quali quelli che traspaiono già da quel meraviglioso e per nulla reticente cantico profetico di lode che è il Magnificat.

Ma questo non toglie che anche i credenti comuni, pur più appesantiti di Maria nella lotta contro il peccato, abbiano la stessa e duplice possibilità di combattere spiritualmente contro la terribile piaga dell’ipocrisia umana tanto, innanzitutto, nella propria interiorità quanto, e di conseguenza, nell’altrui comportamento ove quest’ultimo risultasse concretamente lesivo del principio della dignità umana sia a livello personale sia anche ai diversi livelli della vita comunitaria. Il nostro giudizio, la nostra critica, le nostre eventuali censure, ci ricorda opportunamente Gesù, dovranno essere sempre misericordiosi, anche o proprio perché può capitare facilmente di inalberarsi contro gli altri, dietro il paravento di un ipotetico dovere di testimonianza civile o religiosa, solo per inconfessati motivi o interessi personali, ma questo avvertimento, contrariamente a un non poco diffuso ed equivoco conformismo esegetico, non implica affatto che le prese di posizione del cristiano non possano o non debbano mai essere drastiche o arroventate.   

Non bisogna confondere la mitezza e l’umiltà di cuore con un’arrendevolezza di principio dinanzi a quella molteplicità di prepotenze e prevaricazioni, di abusi e soprusi, di cui tendono a sovraccaricarsi senza soluzione di continuità i rapporti interpersonali nei vari ambiti della vita sociale e della stessa vita ecclesiale. Bisogna pregare per tutti, in particolare per nemici e persecutori; sarebbe però non solo errato ma gravemente fuorviante pensare che la lezione evangelica ci imponga di subire gli uni e gli altri senza fiatare e di tollerarne le malefatte senza batter ciglio e senza il coraggio di denunciare e testimoniare apertamente e pubblicamente l’immoralità e la pericolosità umana e sociale dei loro comportamenti.

Quei superbi, quei potenti, quei ricchi che Maria gioiva nel sapere costantemente nel mirino della giustizia divina; quei superbi, quei potenti e quei ricchi che sono spesso ancora oggi del tutto indifferenti alle ragioni degli umili, degli emarginati, dei bisognosi, dei disperati o, più semplicemente, di quanti vorrebbero poter vivere in spirito di verità, carità e giustizia, e che solo ipocritamente si riempiono la bocca di moralità e di parole di rispetto per gli altri, non possono e non devono essere lasciati indisturbati nelle loro disinvolte ed inique esistenze dalla Parola di Dio che ogni sincero seguace di Cristo, sull’esempio di Maria, ha invece il compito di far giungere il più fedelmente possibile, con la vita e la parola, a credenti e non credenti, a buoni e cattivi, a giusti e ingiusti.