Il caso Mercier tra critiche, ambiguità e silenzi della Chiesa cattolica

Scritto da Francesco di Maria.

 

Lovanio è la sede della più antica università cattolica esistente. Fondata infatti nel 1426, vi hanno studiato famose personalità della cultura e della scienza come Erasmo da Rotterdam  e Andrea Vesalio e vi hanno insegnato illustri esponenti del pensiero europeo come Giansenio e il cardinale Roberto Bellarmino, e poi insigni filosofi contemporanei come il padre francescano Herman Leo Van Breda o Paul Ricoeur.  Essa ha sempre costituito una roccaforte della fede cattolica, per quanto aperti e tolleranti siano stati i suoi modi di rapportarsi alle molteplici correnti del sapere moderno e contemporaneo. Non era però mai accaduto che un docente di questa prestigiosa università venisse censurato, sospeso ed espulso a causa delle sue idee cattoliche o meglio della sua decisione di manifestare pubblicamente, dinanzi ai suoi allievi, il suo convincimento cattolico relativo all’aborto. Cosa ha fatto di tanto grave il giovane professore di filosofia Stéphane Mercier (34 anni) per meritare l’espulsione dalla suddetta università? Semplicemente questo: ha condannato senza mezzi termini, come un buon cattolico è tenuto a fare, l’aborto, definendolo “un omicidio”.

Certo, forse Mercier non è andato troppo per il sottile; forse poteva essere più prudente nell’affermare senza distinguo che “ogni aborto è, senza eccezioni, un male e che mai nessuna circostanza lo giustifica”, perché, per esempio, in presenza di una gravidanza causata da uno stupro, specie se di gruppo, e da uno stupro magari subìto anche in giovanissima età, o di una gravidanza che comporti la morte certa della madre, forse qualche dubbio circa la liceità o meno dell’aborto potrebbe porsi anche da un punto di vista strettamente evangelico, perché il vangelo tiene a debita distanza posizioni ipocrite o esasperatamente repressive e punitive. Dico forse, ma da qui a negare al giovane docente la facoltà di prendere posizione, come cattolico coerente, contro una delle piaghe più funeste della nostra epoca, fino addirittura a cacciarlo dall’università, il passo è davvero lungo e soprattutto abusivo.  

Come può un cattolico dissentire, in linea generale, da affermazioni di questo genere: l’aborto è “un assassinio particolarmente abietto perché l’innocente in questione è indifeso. Già l’assassinio di un innocente in grado di difendersi è un’azione ripugnante; ma prendersela con qualcuno che non ha la forza o i mezzi per difendersi è ancora più ignobile»? E, piaccia o meno, può forse un cattolico dissentire di meno sul passaggio successivo? Questo: “lo stupro è immorale e, fortunatamente, è anche illegale. L’aborto, che è ancora più immorale, non dovrebbe a maggior ragione essere anch’esso illegale?». Da un punto di vista cattolico, questa logica è ineccepibile, anche se può suonare sgradita ad orecchie troppo educate, anche in ambito cattolico, alla mentalità del ‘politicamente corretto’.

Sta di fatto, però, che queste parole, che peraltro Mercier non ha avuto il tempo di rivisitare come avrebbe voluto essendo immediatamente divampata la polemica, sono sembrate crudeli e scandalose non solo a movimenti laicisti di opinione e di pensiero, a gruppi di femministe alla cui protesta si deve ricondurre cronologicamente l’origine dello scandalo, e alle troppo timide e vili autorità accademiche dell’Università in oggetto, ma persino alle autorità ecclesiastiche, alla confederazione dei vescovi del Belgio francofono dalla quale dipendono gli indirizzi dottrinari e teologici cui l’università deve attenersi.

Cosa scrive pertanto il Magnifico Rettore della Cattolica di Lovanio? Scrive che “il diritto all’aborto è inscritto nel diritto belga” e le idee del prof. Mercier, a conoscenza della stessa università, sono “in contraddizione coi valori condivisi dell’università. Il fatto di veicolare posizioni contrarie a questi valori nell’ambito di un insegnamento è inaccettabile”. Hai capito il Magnifico! Si scopre che in una università cattolica plurisecolare come quella di Lovanio il diritto all’aborto è un valore condiviso e che, per contro, è del tutto illegittimo il presunto diritto cattolico a criticare anche aspramente l’aborto medesimo! Direi che anche in questa università, storicamente preposta a custodire e trasmettere la fede nei diversi campi del sapere, quello stesso “fumo di Satana”, che da parecchio tempo sta infestando spazi sempre più importanti della Chiesa cattolica a livello mondiale, stia salendo a vista d’occhio. Vero è anche che la presa di posizione del signor rettore sia stata successivamente attenuata dagli organi accademici con la motivazione comunque banale che l’università rispetta l’autonomia delle donne e il loro diritto di scelta secondo quanto indicato dalla legge, ma la sostanza non cambia, dal momento che non si vede perché una legge non sarebbe criticabile e non sarebbe criticabile in modo particolare in una istituzione cattolica soprattutto quando investa tematiche oltremodo delicate sotto il profilo etico su cui la coscienza cattolica non può e non deve tacere.

D’altra parte, migliore figura, come sopra si accennava, non hanno certo fatto le autorità religiose cattoliche belghe. Infatti, il vescovo di Tornay, a nome di tutti i vescovi francofoni del Belgio, ha dichiarato che la posizione del prof. Mercier non esprime la posizione ufficiale della Chiesa cattolica, perché essa «si situa dentro un punto di vista filosofico», mentre «il punto di vista della Chiesa implica un approccio teologico e pastorale». Ci rendiamo conto? Ci sono vescovi che parlano cosí! A sua volta, il padre gesuita Tommy Scholtès, portavoce della Conferenza Episcopale belga, usa parole molto più dure anche se non molto più significative: «le parole di Stéphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte: suppone una violenza, un atto commesso in piena coscienza, con un’intenzione, e questo non tiene in conto la situazione delle persone, spesso nel più grande sconforto».

Ora, è vero che l’omicidio abbia tante forme: una forma volontaria e una forma involontaria, una forma difensiva e una forma offensiva, una forma istintiva e una forma premeditata, ma sempre omicidio è. Si tratta certo, a posteriori, di distinguere caso per caso, per verificare se non sussistano possibili attenuazioni di colpa, ma questo non significa che l’aborto voluto, deliberato, procurato scientemente, non sia omicidio. Si danno aborti più comprensibili o meno comprensibili umanamente, ma l’aborto come tale è sempre omicidio e non è mai giustificabile. Un omicidio può certo essere perdonato a determinate condizioni, ma non per questo cessa di essere un peccato contro la vita e contro Dio. Semplificare buonisticamente le cose e collocare l’aborto tra i diritti naturali della donna è invece non solo falso ma altamente lesivo proprio dei diritti naturali dell’umanità. In senso cattolico, non sussistono altre soluzioni, per cui definire “caricaturali” le cose dette da Mercier è, a dir poco, del tutto inopportuno e inappropriato.

Non ci si può meravigliare, poi, che alla critica sul tema dell’aborto abbiano fatto da contorno altre due critiche quasi sempre indissociabili, anche se a torto, dalla prima: quelle di omofobia e transfobia. Il filosofo francese di origine ebraica, Fabrice Hadjadj, convertitosi al cattolicesimo nel 1998, aveva visto bene: non molto tempo fa egli diceva che in tempi in cui essere “buoni” vuol dire essere “aperti” alla realizzazione di ogni desiderio, quale che sia, «la carità è chiamata a sembrare sempre più crudele, la misericordia sempre meno compassionevole». I cristiani diventano i difensori del limite davanti a uomini che, volendosi senza limiti, li incolpano perciò di ogni nefandezza. E’ probabile che, in un futuro molto prossimo, i cristiani siano chiamati e costretti a difendere in occidente la loro libertà intellettuale e spirituale, la loro stessa fede, con il carcere. Certo è che in Belgio è in atto una scristianizzazione spaventosa che non potrà non irradiarsi rapidamente in altri Paesi europei di tradizione cattolica ma già intaccati dal verbo laicista: prova ne è il fatto che alcune delle principali città belghe, come Molenbeek e la stessa Bruxelles, si sono già ampiamente scristianizzate non già però a favore dell’ateismo materialistico e consumistico occidentale ma a favore di quella che è l’ideologia religiosa più temibile e ostile al cattolicesimo: l’islam. 

Una rivista cattolica italiana ha scritto: «Suscita preoccupazione sapere che una Università che ha come motto “Sedes Sapientiae” sia arrivata ad omologarsi alle ideologie dominanti, dal gender all’abortismo. Stando così le cose – ha commentato il giornalista ticinese e esperto di cose vaticane Giuseppe Rusconi – per assurdo nemmeno papa Francesco potrebbe insegnare a Lovanio, visto che ha definito l’aborto un “crimine orrendo” e il gender come qualcosa di demoniaco e contrario all’ordine creato». Già, papa Francesco. Ma papa Francesco, in relazione al caso Mercier, ha forse richiamato i vescovi belgi e i responsabili dell’Universaità Cattolica di Lovanio per i gravi e ripetuti atti di disobbedienza a Cristo e al suo divino insegnamento? E dalla Chiesa italiana si è alzata nel frattempo qualche sdegnata voce profetica di protesta?