Un articolo su Emma Wedgwood, moglie di Charles Darwin*

Scritto da Gianna Milano.

La sua storia con Charles Darwin non fu solo cementata dall’amore ma anche da una rara intesa intellettuale

Emma, «donna Wedgwood», moglie di Charles Darwin, il teorico dell’evoluzione, cresce in una famiglia prestigiosa e illuminata e ha un’educazione illuminata. Vive in un ambiente con tendenze liberali, in un’età di cui si è scritto tutto e di più, quella vittoriana. Da generazioni i Wedgwood producono le più belle ceramiche d’Inghilterra. Poteva anche non sposarsi, se non voleva, poi però si innamora di un uomo che conosce da sempre: il primo cugino Charles. Quando lui torna dal viaggio intorno al mondo sul «Beagle» (dal 1831 al 1836) e inizia a lavorare alle sue rivoluzionarie idee, pensa che deve trovare moglie e s’accorge che la persona giusta per lui c’è: è la figlia dello zio preferito. 

 

Emma, oltre che rispettosa moglie del famoso marito e madre dei loro 10 figli, diventerà una presenza attiva nella vita di Charles: è la prima a leggere le bozze degli scritti con le sue idee sull’evoluzione. A delineare ora la figura di questa donna straordinaria è il libro di Chiara Ceci, «Emma Wedgwood Darwin» (Sironi editore): non solo il ritratto di chi ha vissuto da protagonista un’era di grandi cambiamenti, ma l’affresco di un’epoca che rappresenta un punto di svolta, dai trasporti alla letteratura, dalla medicina alla musica.  

 

Si è tanto scritto su di lui che ci si è dimenticati di lei?  

«Si liquida Emma con aneddoti di vita famigliare. È una lacuna che ho tentato di colmare compiendo un viaggio a ritroso, tra archivi e luoghi remoti. Lei è stata testimone di un’epoca storica affascinante e il suo è un punto di vista privilegiato, in una casa frequentata da scrittori (Charles Dickens era loro vicino di casa), scienziati (come Charles Lyell) e primi ministri». 

 

Cosa si scopre andando a frugare tra le «pieghe del suo mondo»?  

«Emma e le tre sorelle fanno lunghi viaggi in Europa, durante i quali sono affiancate da insegnanti per continuare la loro già eccellente educazione. Nel 1832, mentre è a Parigi, prende lezioni dal musicista ceco Ignaz Moscheles. Più difficile, invece, è ricostruire la vicenda delle lezioni da Chopin. Emma le raccontò a una figlia ed effettivamente nel 1848, quando Chopin si trova a Londra, nella sua agenda delle lezioni il nome Wedgwood compare spesso». 

 

A 16 anni Emma compie un viaggio in Italia...  

«Nel 1825 vi passa con le sorelle e il padre sei mesi: Torino, Firenze, Roma, Napoli, Bologna e Milano. Ho studiato i suoi appunti per ricostruirne la narrazione. C’è un suo acquerello in cui è disegnata una guardia svizzera a Roma: rimase affascinata dai colori della divisa. Emma andò alla Scala per assistere alla “Cenerentola” di Rossini. Le piacque, ma si lamentò del brusio del pubblico». 

 

Fin dal 1839, all’inizio del matrimonio, lei ha un ruolo nello sviluppo e nella pubblicazione, 20 anni dopo, de «L’origine delle specie»: qual è stato il suo contributo nella stesura?  

«Se si seguono le idee sull’evoluzione di Darwin, presto ci si imbatte in Emma, la prima al mondo a leggerle nell’abbozzo del 1844. Si trattava di uno scritto privato, embrionale, ma lui pensava che l’opinione della moglie sarebbe stata preziosa. Ci sono note scritte a margine da Emma: le aveva lette con interesse e nella parte in cui Darwin illustra l’evoluzione per mezzo della selezione naturale di strutture complesse come l’occhio, lei aveva commentato: “Supposizione impegnativa”». 

 

Come ha conciliato Emma la forte fede religiosa con le idee rivoluzionarie del marito?  

«I dubbi religiosi del marito la atterrivano, ma non furono mai motivo di scontro, semmai di dolore. Nel 1839, appena sposati, Emma scrisse a Charles una lettera in cui esprime le sue preoccupazioni circa i suoi dubbi religiosi. Si chiede se lui non fosse troppo rigido nell’applicare i criteri del metodo scientifico a questioni che appartenevano al dominio della fede. Si preoccupava che la mancanza di fede di Charles potesse significare che non erano destinati a trascorrere insieme l’eternità». 

 

La lettera è così importante che fu inclusa da Randal Keynes, pro-pronipote di Charles ed Emma, nella mostra su Darwin nel 2009: giusto?  

«Sì. Fu Keynes a notare i bordi consumati della lettera che Darwin portò a lungo nel taschino. Una prova di quanto valesse per lui Emma. In calce lui scrisse un appunto struggente: “Quando sarò morto, sappi che molte volte ho baciato e pianto su questo foglio”. Ho scandagliato gli archivi inglesi, ma non ci sono scritti che testimonino come i due abbiano risolto questo conflitto». 

 

E’ vero che, nonostante le perplessità, fu Emma a incoraggiarlo a pubblicare la sua teoria?  

«Emma aveva sempre pensato che Charles lavorasse con coscienza e sincerità e desiderasse la verità. Con le sue osservazioni critiche incoraggiava il marito a ponderare le sue affermazioni e supportare la teoria con il maggior numero di prove possibile. Ma, oltre a questo aiuto intellettuale, Emma ha avuto anche un ruolo pratico, perché ha sempre aiutato Charles nella revisione delle bozze delle sue opere o rivedendo le edizioni straniere, visto che conosceva molte lingue, anche l’italiano». 

 

Quando ha iniziato la sua ricerca a chi ha pensato potessero interessare le vicende della moglie di un uomo che ha cambiato la storia?  

«Mi piace l’idea che interessi a un pubblico di non specialisti e non per forza di appassionati darwiniani. Anzi. Preferirei quasi che il libro venisse considerato un romanzo, perché, per quanto tutto sia documentato, alla fine emerge una storia appassionante, quasi quanto la vita di una eroina di Jane Austen». 

 

Lei ha creato il sito www.emmadarwin.it, dove c’è anche «il blog di Emma». A che scopo?  

«Nel blog si può seguire l’iter delle mie ricerche, i miei spostamenti di casa in casa, di archivio in archivio. Esperienze che altrimenti avrei perduto. E’ un diario del mio viaggio nel mondo privato di Emma. Mi chiedo come l’avrebbe presa lei questa mia interferenza nella sua vita». 

 

* Pubblicato da Gianna Milano in "La Stampa" del 13 febbraio 2013 con il titolo "La vita segreta di Emma madre dell'evoluzionismo"