I movimenti cattolici

Scritto da Stefano Quinto on . Postato in Compagni di viaggio, articoli e studi

 

Basta andare sul sito molto documentato di Sandro Magister per rendersi conto che i tanti movimenti ecclesiali nati e presenti nella Chiesa non ne costituiscono solo una risorsa, come troppo spesso sostiene certa propaganda cattolica, ma anche un problema piuttosto serio che potrebbe diventare particolarmente spinoso nei prossimi anni se l’autorità ecclesiastica non dovesse vigilare in modo adeguato ed assumere eventualmente provvedimenti drastici ed efficaci. Qui il problema non è che non siano per principio leciti dei movimenti in seno alla Chiesa, perché anche in questo caso è chiaro che il corpo mistico di Cristo vive nella e della diversità arricchente delle sue funzioni e dei suoi carismi, ma è che tali movimenti avrebbero davvero una valenza positiva se in essi vi si coltivassero unicamente, e non sembra che questa sia la tendenza, carismi autentici e non lesivi di alcune prerogative liturgiche ed ecclesiali assolutamente intangibili pena proprio il rischio di frantumazione di quell’unità ecclesiale faticosamente costruita nei secoli pur se ancora insufficiente.

La Chiesa, certo, può avere interesse a incoraggiare la diffusione di movimenti e di carismi finché essi corrispondono ad una interpretazione corretta e inequivoca delle verità dottrinarie di cui è depositaria ma, quando proprio su questo piano le cose cominciano ad essere interpretate con disinvolta autonomia o con una libertà sempre più prossima alla licenza, quello che a breve può sembrare per essa un indubbio vantaggio finisce per essere invece molto più complicato in prospettiva. Un dato piuttosto appariscente che sembra accomunare tutti questi movimenti – dai neocatecumenali ai Focolarini, dalla Comunità di sant’Egidio a Comunione e Liberazione, dall’Opus Dei ai Carismatici, solo per citare alcuni tra i maggiori –  è che essi dispongono di «sacerdoti a proprio servizio, ordinati o prestati da vescovi amici». Ma questo elemento critico è reso più grave dal fatto che nei movimenti in cui questi sacerdoti operano sono state rilevate «la tendenza ad assolutizzare la propria esperienza cristiana ritenendola la sola valida», «la tendenza a chiudersi in se stessi, cioè a seguire i propri piani pastorali e i propri metodi di formazione dei membri del movimento, a perseguire le proprie attività apostoliche, rifiutando di collaborare con le altre organizzazioni ecclesiali oppure chiedendo di occupare da soli tutto lo spazio, lasciando scarsi margini alle attività di altre associazioni» e infine «la tendenza a estraniarsi dalla Chiesa locale, facendo riferimento, nella propria azione apostolica, più ai metodi del proprio movimento e alle direttive dei propri dirigenti che alle direttive e ai programmi pastorali delle diocesi e delle parrocchie», donde  «le tensioni, talvolta aspre, che si possono creare tra i movimenti ecclesiali da una parte e i vescovi e i parroci dall´altra». Non sono cose di poco conto e di cui non ci si debba troppo preoccupare.

Certo colpisce la diffusione mondiale di alcuni di questi movimenti. Si pensi in particolare ai Focolarini della compianta Chiara Lubich che sono praticamente presenti in tutte le parti del mondo. Si dice spesso che questa travolgente espansione si debba essenzialmente al grande “genio” religioso della fondatrice, ma naturalmente i grandi numeri hanno scarso significato religioso se poi nella teoria e nella pratica di questo movimento si trovano elementi di ambiguità. E, in effetti, anche a prescindere dalla mediocrità della Lubich “come scrittrice” e “come teologa, nonostante una…laurea honoris causa presa a Manila”, almeno qualche elemento ambiguo non manca. Perché, per esempio, predicare «umiltà e reticenza» e di non «mettersi mai in mostra», come ha sempre fatto Lubich, «se poi in realtà l'auditel ha il posto d'onore nei registri dell'Opus Mariae»? D’altra parte, anche la cosiddetta “economia di comunione” che sembra essere la sua idea più brillante e il suo progetto più efficace in quanto realmente attuato in diverse parti del mondo sembrerebbe non essere del tutto immune da critiche dal momento che «la comunità prende, la comunità dà, a discrezione dei suoi capi e, su su, della fondatrice. Dall'acquisto di un libro a una vacanza, tutto nella vita di ciascuno è vidimato e spesato dalla comunità. Per chi merita, anche con larghezza: l'elegante e vario guardaroba di Chiara Lubich, firmato "I gigli del campo", non assomiglia proprio a quello ascetico di madre Teresa di Calcutta. Il mondo dei focolarini vuol essere un generoso assaggio di “terra nuova e cieli nuovi”, dove tutto sia buono, abbondante e soprattutto ben ordinato. Le loro cittadelle (dopo Loppiano ne hanno create altre 20, in tutti i continenti) vogliono essere piccoli Eden prima del peccato originale. “Per far vedere come sarà il mondo una volta trasformato dall'Ideale di Chiara”. Millenarismo in versione soft». E anche il fatto che la Lubich abbia sempre inteso «lanciare i suoi devoti anche nei settori emergenti e virtuosi del non profit, dell'investimento ambientale, delle banche etiche, delle charity. Le vie dell' “Ideale” sono infinite», non sembra lasciare del tutto tranquilli i distaccati fautori di una santità assoluta.

A ciò si deve aggiungere l’ecumenismo a buon mercato di cui Lubich è sempre stata infaticabile portatrice. A buon mercato, perché per lei, della cui fede sincera tuttavia non si può e non si vuole minimamente dubitare, non era essenziale parlare di Cristo a buddisti o a musulmani ma d’amore. L’importante era il sapersi ascoltare, il simpatizzare, l’accettarsi, il fare amicizia e naturalmente il fare proseliti nelle file dei Focolari: è cosí che ancora oggi il movimento può vantare tra i suoi iscritti decine di migliaia di non cristiani e di non cattolici.

Ma anche i Carismatici o Pentecostali non se la cavano male. In Italia sono noti come membri di Rinnovamento nello Spirito. Sono più di 600 milioni in tutto il mondo e non si può negare che la loro religiosità sia molto intensa e vivace sino ai limiti dell’esaltazione collettiva (anche se in Italia il fenomeno è più moderato e se ne fa garante anche frate Raniero Cantalamessa, francescano e anche predicatore della casa pontificia) che non di rado viene fomentata da leaders e guaritori. In America «tre carismatici su quattro sono convinti che Dio assicura ricchezza e salute a coloro che hanno fede». Sono in continua crescita «anche nel disordine. Come san Paolo con la sua turbolenta comunità di Corinto, il Vaticano e i vescovi cercano di frenare, troncare, sopire gli eccessi».

Non si può non fare riferimento poi ai neocatecumenali di Kiko, personaggio secondo molti tanto ispirato quanto bizzarro, sui quali la gerarchia cattolica ha spesso formulato rilievi e riserve sia sul piano liturgico sia anche, in una certa misura, su quello dottrinale: si pensi ad esempio, volendo qui tacere dell’alone di mistero da cui è sempre circondato tutto ciò che fanno, alla loro abitudine di accostarsi alla santa comunione seduti a tavola e di proporre “omelie dialogate” che anche recentemente sono state severamente proibite dalla Chiesa oppure anche ai loro ambigui rapporti con gli ebrei ortodossi e soprattutto all’evidente sottovalutazione del momento sacrificale della celebrazione eucaristica. Resta certamente «il più controverso dei movimenti cattolici» e la Chiesa ancora fatica ad esercitare un controllo efficace sulle sue attività ecclesiali.

Ma la stessa comunità di Sant’Egidio, per quanto ormai la sua brillante attività diplomatico-politica sia riconosciuta in tutto il mondo e naturalmente anche dal Vaticano, non è che sia immune da sospetti più o meno fondati. Basti riflettere su una parte di quanto appare sul sito di Magister: «È noto che nella comunità di Sant’Egidio la confessione sacramentale è poco praticata…Sono le parole del fondatore Andrea Riccardi che danno l’impronta alla comunità. Ogni predicazione, ogni discorso del fondatore viene registrato in un video spedito alle varie comunità sparse per l’Italia e nel mondo. Le cassette vengono raccolte in una videoteca e catalogate con cura.

Dai discorsi del fondatore derivano le omelie che i vari preti tengono nelle liturgie di quartiere, o i responsabili locali nelle preghiere serali. Quando poi i vari gruppi di cui si compone la comunità si riuniscono, le parole del fondatore vengono di nuovo lette e applicate. Alla luce di esse ognuno confessa davanti agli altri ciò che nella propria vita vede di oscuro e di sbagliato, convinto che il peccato che ha confessato sarà perdonato. L’intervenire così in assemblea vale per lui come una confessione sacramentale: dopo il proprio intervento, se accettato dai responsabili, si sente a posto con la coscienza, riconciliato con Dio e con il mondo ma soprattutto con la comunità. Una preghiera pubblica durante la messa domenicale suggella il pentimento e il desiderio di riscatto. Gli amici più stretti mostrano la loro vicinanza al riconciliato con gesti  di affetto». Ma, se questo è vero, ci si rende conto?

Quanto ad altri movimenti come l’Opus Dei, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione e via dicendo, si rinvia ad altri articoli che prima o poi non mancheranno di trattarli, mi auguro, su questo stesso sito. Concludendo, mi limito a segnalare solo che non c’è un solo movimento ecclesiale cattolico, ad eccezione dell’Azione Cattolica, in cui la ricerca di denaro non appaia ormai come un’assoluta e ossessiva priorità e, quali che siano poi gli scopi cui sono destinati effettivamente i fiumi di denaro che scorrono nelle loro casseforti, penso che la Chiesa non possa o non debba girarsi dall’altra parte ma chiederne conto in modo particolareggiato insieme a tutto il resto. Per evitare che le anime candide paventino per eccesso di zelo che la Chiesa di Cristo possa diventare poco per volta la Chiesa di Giuda.