Maria casa di Dio
Senza casa non si può vivere, non si può organizzare alcuna vera forma di vita, e soprattutto non si può vivere insieme, perché la casa non solo offre i servizi elementari preposti all’igiene, al vitto e all’alloggio, al riposo e alla meditazione di chi vi abita, ma crea gli spazi necessari anche se angusti per la convivenza e la conversazione, per gli affetti e le relazioni più durevoli ed importanti della propria esistenza. Inoltre, la casa protegge dai pericoli e dalle durezze del mondo esterno, la casa riceve ed accoglie conoscenti ed amici oppure estranei che un giorno potranno instaurare con noi un rapporto di familiarità ed estendere ad altri nel loro agire quotidiano il senso della nostra ospitalità e della nostra amicizia. Ma non è tutto, perché in casa si cerca la calma interiore, si fanno progetti e si coltivano speranze sforzandosi di rimuovere recenti o antiche paure. In casa, più ed oltre che in chiesa, si prega, si invoca Dio, lo si loda con particolare trasporto e lo si percepisce in taluni momenti con fortissima intensità. Anzi, la chiesa, che è nata in una casa e da una casa, non esiste senza la casa, non esiste se è priva di aria di casa, dello stesso spirito di relazione e della stessa affettuosità che generalmente ci sono nell’ambito familiare dove ci si vuol bene e si superano tensioni e incomprensioni senza forzature e senza quella retorica della riconciliazione a tutti i costi che viene talvolta predicata dai pulpiti.
Maria seppe bene tutto ciò: fu in casa che organizzò prevalentemente la sua vita, nella propria casa ricevette l’annuncio dell’angelo e in quella della cugina Elisabetta esultò innalzando a Dio quella che, insieme al Pater Noster, sarebbe stata la più bella preghiera e la più alta lode dell’intera storia religiosa ebraica e cristiana; di un rifugio benché modesto dovette verosimilmente avvalersi durante la fuga in Egitto per vivere poi nella sua casa di Nazaret insieme al figlio sino alla morte di quest’ultimo accogliendo l’invito di Gesù moribondo a considerarsi madre dell’apostolo Giovanni e ad andare a vivere a casa sua. Nel frattempo, in una casa allegra e gioiosa, in cui si festeggiava un matrimonio, aveva fatto sí che scoccasse l’“ora” non prevista della missione salvifica di Cristo.
La cena eucaristica, l’ultima cena di Gesù si svolse in una casa addobbata a festa e ancora in una casa lo Spirito Santo sarebbe sceso su Maria e sugli apostoli. D’altra parte, più che le sinagoghe e il Tempio di Gerusalemme lo stesso Gesù aveva frequentato normalissime case in cui aveva mangiato e bevuto soprattutto con i peccatori, aveva fatto miracoli, esercitato il suo insegnamento, pregato e reso lode al Padre suo celeste. Certo, anche all’aperto avrebbe operato e predicato ma solo nel momento più impegnativo e frenetico della sua attività pubblica e della sua missione di salvezza, quando, come lui stesso ebbe a dire, «le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8, 20). Anche in quel frangente, peraltro, Gesù, spiritualmente forte della sua precedente e prolungata esperienza familiare, non fece altro che proporre modelli di vita simili a quelli familiari e in particolare a quello che aveva conosciuto per l’appunto nella sua famiglia: la dolcezza delle relazioni umane ma in un intransigente quanto caritatevole spirito di verità, il senso dell’autorità paterna e del rispetto materno, dell’amicizia e dell’ospitalità, la calma nell’affrontare i momenti difficili, la prudenza nella valutazione delle circostanze e nella frequentazione del prossimo, la laboriosità nelle occupazioni quotidiane, l’amore incondizionato verso amici e nemici, il sereno e festoso culto della gioia conviviale e sponsale, e soprattutto la fede in Dio, la preghiera e la lode continuamente elevate a Dio Padre Onnipotente.
Maria fu veicolo educativo e formativo principale, anzi determinante della forma mentis del figlio suo pur congenitamente ed unigenitamente dotato della “stessa sostanza del Padre” e quindi di una sapienza e di uno spirito di misericordia superiori alle umane possibilità. Maria seppe bene che la casa come la famiglia per il suo Dio creatore erano di fondamentale importanza per ogni forma di vita e persino per le forme di vita più complesse come quella sociale e comunitaria. Era lí che si ponevano le basi per una vita sana ed equilibrata, per una vita vissuta nel rispetto e nell’amore dei propri simili e di Dio, per una vita laboriosa e degna di essere vissuta e di essere presa in considerazione dal Signore in funzione del regno suo celeste.
Quello che mancava al mondo era lo spirito della casa, lo spirito della famiglia, il sapersi ritrovare uniti oltre ogni incomprensione, ogni torto subíto, ogni divisione causata da egoismi personali e da sentimenti di gelosia più o meno inconsapevoli: Maria era cosciente della dimensione salvifica della casa perché sapeva che Dio aveva da sempre concepito il mondo dell’uomo e il mondo creato per l’uomo come una enorme casa in cui al di sopra di ogni limite e di ogni negatività regnasse sovrano uno spirito cristallino di misericordia e di giustizia. Ne fu talmente consapevole che per rendere quanto più possibile accogliente e confortevole la casa in cui sarebbe dovuto nascere il Redentore offrí umilmente se stessa, il suo corpo, la sua anima, ogni suo pensiero e ogni suo respiro come casa di Dio.
La vera casa di Dio, perciò, è Maria. E’ la Chiesa, certo, ma Maria lo è di più. Senza Maria la Chiesa non esisterebbe perché non potrebbe essere mai capace di quella sapienza, di quell’umanità, di quella serietà, di quella dolcezza, di quella coerenza, di quella esemplare santità che è invece chiamata ad esercitare in piena conformità al magistero divino di Gesù e al magistero umano di Maria. Le nostre stesse case materiali, le nostre civili abitazioni sono soggette a franare, a frantumarsi se non sono costruite nella casa di Maria, ovvero nella casa di Dio poi allargatasi alla Chiesa di Cristo la quale però non può crescere, non può svilupparsi e tendere al raggiungimento di una vita piena e pienamente santificata per tutti i suoi membri se non in Maria, vera ed eterna casa di Dio.
Se noi vogliamo una Chiesa accogliente, sapiente, saggia, prudente, coraggiosa, giusta ed equanime, non è possibile che in essa non sia presente Maria: non sia presente non solo nei cuori dei fedeli ma anche nella liturgia, perché non si può servire e lodare il Signore, non ci si può comunicare ed immolare con lui senza passare attraverso la continua generazione spirituale di Cristo che solo Maria, in unità con lo Spirito Santo, è in grado di operare. Se noi vogliamo che la Chiesa sia realmente casa di Dio, noi non possiamo spezzare il nostro amorevole e grato rapporto di dipendenza da Maria, che protegge tutti i suoi figli come protesse Gesù, che li ama con la stessa premura e la stessa tenerezza con cui amò il nostro divino salvatore, che li sollecita ad operare per la graduale e progressiva ricostituzione della grande ed universale famiglia di Dio. Che anche le nostre case dunque siano piccole chiese ma forti della presenza fortificante e rassicurante di Maria casa di Dio: non esitiamo a rivolgerci alla Madre nostra in corpo e anima, alla regina delle nostre vite, perché se Gesù è il Maestro, ella è l’unica persona che può concederci di comprenderne, apprezzarne e applicarne pienamente e accuratamente l’insegnamento.
Non solo dobbiamo rivolgerci a lei, ma la dobbiamo prendere, come fece Giovanni, tra le nostre cose più care e più intime (come la Parola di Dio, l’eucaristia, la grazia, la Chiesa, la preghiera, la nostra stessa casa), perché, come è stato ben scritto, «il mandato di Gesù al discepolo è: lasciati formare da lei, dalla carità e dalla passione, dalle parole e dai silenzi. Lasciati educare e formare da lei, come ogni figlio bambino che impara la vita con sua madre. E ripeti il suo ascolto e il suo conservare nel cuore, la sua lode, il suo prendersi cura, la sua fortezza e il suo stupore, prolungando la sua presenza tenera e forte, imparando da lei come si serve Dio con serietà e i fratelli con tenerezza» (E. Ronchi, Le case di Maria, Milano, Paoline, 2006, p. 124). Gesù disse a Giovanni: “Ecco tua madre”, cioè guardala, contempla tua madre e riuscirai a diventare come lei perché «l’uomo diventa ciò che contempla, diventa ciò che ama. “Contemplando veniamo trasformati”, dice Paolo, “in quella stessa immagine” (2Cor 3, 18). Pregare trasforma, leggere la Parola trasforma, guardare la madre trasforma» (ivi, p. 125). Guardare la madre, pregare la madre col cuore anche senza parole trasforma, anche nei momenti in cui accade che la preghiera rituale non ci riscaldi abbastanza l’anima e la comprensione della parola di Dio non risulti del tutto adeguata.
Madre, fai di noi quello che vuoi, purché tu ci tenga per sempre nel tuo cuore e nella tua casa, perché solo cosí saremo sicuri di poter vivere eternamente nella gloriosa casa di Dio. Amen.