La Chiesa tra vera e falsa profezia

Scritto da Francesco di Maria.

 

Il cristiano può essere ingannato non solo da manifesti ciarlatani della fede o da austeri santoni che vantano platealmente presunti poteri sovrannaturali ma anche da persone colte o ignoranti che abbiano un aspetto dimesso, semplice, umile, mite e che, in forme e modi molto diversi, vengano imponendosi alla pubblica attenzione quali soggetti attraverso le cui opere o le cui parole si verrebbe in realtà dispiegando profeticamente la parola e la potenza di Dio. Nostro Signore ci ha avvertiti: attenti a non farvi ingannare, perché molti nel mio nome, ostentando cose apparentemente o realmente straordinarie, cercheranno di sedurre e imbrogliare, spesso riuscendovi, molta gente, e persino “gli eletti” potranno essere indotti da essi in errore (Mt 24, 3 ss. e 24, 23 ss). Che falsi profeti, che falsi o veri veggenti non mandati e non autorizzati da Dio e guaritori manipolati da Satana, non sarebbero mancati in tutte le epoche e le generazioni della storia dell’umanità, è ciò che un cristiano dovrebbe sapere bene proprio perché avvisato per tempo dal suo Dio. E, francamente, non sono sempre giustificate quelle critiche di scetticismo irreligioso che vengono spesso rivolte anche a chi in effetti sente di non aver affatto l’obbligo religioso di assentire spiritualmente a casi di presunta santità o ad eventi certamente sensazionali ma di non sicura e incontrovertibile origine divina.      

Naturalmente, casi come quelli di Lourdes, di Fatima o affini, per il modo limpido e inequivocabile in cui il sovrannaturale anche pubblicamente sembra essersi manifestato, non possono che corroborare la fede dei credenti e dei cattolici in particolare, fermo restando che la voce di Gesù e di Maria sarà stata sentita e continuerà ad essere percepita probabilmente anche in tante altre situazioni che non sono note e da tante altre singole persone sconosciute. Ma, in ultima analisi, e in molti altri casi in cui obiettivamente le cose appaiono meno evidenti e più problematiche, la sincerità e la genuinità della fede non possono essere invalidate dal fatto che si ritenga di credere o non credere a talune presunte manifestazioni contemporanee della divinità o del sovrannaturale. La stessa Chiesa ammonisce al riguardo ad essere oltremodo prudenti e misurati e ogni credente ha non solo il diritto ma innanzitutto il dovere di interrogare a fondo la propria coscienza e di chiedere una speciale illuminazione divina. 

Da una parte bisogna guardarsi dai falsi profeti, che hanno un aspetto mite e mansueto ma che in realtà «sono lupi rapaci» (Mt 7, 15), e sono in sostanza persone all’apparenza sante ma sempre pronti, nel nome del Signore e della sua Parola, a carpire la buona fede dei credenti e a perseguire fini perversi e vantaggi personali. Se queste persone sono colte potranno perseguire i loro subdoli scopi maneggiando con disinvoltura le Scritture ma più precisamente estrapolando da esse indebitamente o interpretandole con interessata e faziosa unilateralità; se queste persone sono incolte o analfabete potranno fare la medesima operazione limitandosi furbescamente ad accettare la dottrina ufficiale della Chiesa senza mai entrare in questioni particolari o specifiche della fede e degli stessi testi evangelici per non correre mai il rischio di essere smascherate.         

Perciò quegli individui che si travestono da pecora essendo invece “lupi rapaci”, capaci anche talvolta di produrre frutti apparentemente buoni che però internamente sono marci o che si rivelano alla lunga avvelenati, non sono facilmente riconoscibili o identificabili da gente disattenta o suggestionabile. Proprio per questo san Paolo esorta alcune comunità a non lasciarsi sedurre da certi «operai fraudolenti che si trasformano in apostoli di Cristo» (2 Cor 11, 4 ma anche 1Gv 2, 26) e in generale tutti i grandi apostoli della Chiesa primitiva e della Chiesa tout court si sono sempre preoccupati di mettere in guardia i fedeli contro tutti coloro che usano bene la loro lingua con astuzia per ingannare gente semplice e sprovveduta o che, ove non abbiano mezzi intellettivi adeguati, fanno mostra di umiltà e di buone opere per impressionare anche quegli interlocutori intellettivamente dotati e per creare tra sé e questi ultimi un rapporto quanto meno di affabilità e di simpatia. 

Ecco: niente di più facile che oggi si abbia spesso a che fare con quelli che Gesù include tra gli “operatori di iniquità” (Lc 13, 27), che a dire il vero sono una categoria di soggetti molto ampia e variegata in quanto comprende quelli che invocano il nome del Signore vanamente, che predicano spesso ma senza costrutto e senza volontà di compiere il bene, che riescono a compiere esorcismi talvolta anche con successo, che fanno miracoli e cose strabilianti e riescono a realizzare persino “opere potenti” quali sono determinate opere sociali e civili, che agiscono in modo decoroso e conforme alla moralità corrente, che appaiono sempre pieni di “zelo” religioso anche se proprio in relazione a quest’ultimo punto san Paolo ha detto chiaramente: «Quelli sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi, essi vi vogliono separare affinché siate zelanti per loro» (Ga 4,17-18).

Vedere santi dove ci sono solo farisei, vale a dire persone degnissime dal punto di vista sociale ma ipocrite e prive di vero spirito di carità, è qualcosa che è sempre accaduto storicamente, può accadere oggi e accadrà sempre, perché delle situazioni umane vissute da Gesù e su cui egli è dovuto intervenire cambiano la forma e gli attori ma resta immutata la sostanza. Ma, proprio per questo, i cristiani, prima di sbilanciarsi a favore di certi fenomeni di credulità popolare che non risultino preventivamente e periodicamente sottoposti a precisi e indispensabili criteri di controllo e di verifica razionali, dovrebbero disciplinare i propri slanci e i propri entusiasmi pure umanamente comprensibili. Sono concetti che vengono espressi sostanzialmente anche da padre Livio Fanzaga nel suo recente libro L’ora di Satana, Milano, Piemme, 2009, scritto con Diego Manetti, che funge da intervistatore.

Padre Livio distingue essenzialmente tra «due specie di falsi profeti. Da una parte abbiamo quelli che operano al di fuori della Chiesa e che propagandano lo “spirito del mondo” all’insegna dello slogan: “senza Dio si vive meglio”; questa è dunque la “falsa luce” della profezia mondana, dalla quale più volte la Regina della Pace ha messo in guardia soprattutto i giovani. E si tratta di un esercito di servitori di Satana: da intellettuali e filosofi, a ciarlatani e imbroglioni. Tutti però facilmente riconoscibili perché “nel mondo”. Dall’altra parte, abbiamo i falsi profeti che operano invece all’interno della Chiesa: si tratta di una profezia più pericolosa, perché più difficile da individuare, poiché è come se il Diavolo si vestisse da frate, assumendo le spoglie di un esponente della Chiesa stessa, secondo quella fine strategia ingannatrice del Maligno che Bernanos nei suoi romanzi ha saputo ben rappresentare. Ecco, quando il falso profeta si presenta in cotta e stola o come leader di un gruppo di preghiera, allora il discernimento è assai più complesso, e facilmente tanti fedeli ne restano sedotti, confusi, ammaliati. Occorre sempre utilizzare la libertà dei figli di Dio, ovvero lo spirito del discernimento, senza farsi abbagliare dalle insegne esposte dai falsi profeti, poiché capita spesso che, rinunciando a tale capacità critica, si venga ingannati da presunti veggenti che sbandierano false locuzioni e visioni private. Vorrei quindi mettere in guardia da quel sottobosco di gruppi di preghiera che hanno la “propria” veggente che ha le apparizioni, o rivela profezie, laddove tutto questo è un prodotto dell’esaltazione personale o dell’inganno satanico. Ancora più grave è poi il caso dei falsi profeti all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica, quando cioè sono sacerdoti o teologi a propagare tra i fedeli le eresie e gli inganni satanici. E’ il caso in cui si deforma la Parola di Dio, o si passano sotto silenzio le verità fondamentali della dottrina cattolica. E’ un argomento assai doloroso» (cit. da M. Tosatti, I falsi profeti nella Chiesa. L’Ora di Satana. Padre Livio accusa “veggenti”, falsi profeti e chiesa, in “La Stampa” del 25 gennaio 2009).

Ammirevole consapevolezza cristiana! Ma allora perché anche padre Livio si è lasciato cosí facilmente sedurre o conquistare dai cosiddetti veggenti di Medjugorje che in verità, dopo alcuni decenni, al di là di qualche supposizione e di qualche suggestione di ordine mistico, non hanno ancora offerto al mondo, e non al mondo insano ma a quello sano di sinceri e onesti credenti, nulla di ciò cui si possa e debba riconoscere o attribuire quel carattere di assoluta e incontrovertibile evidenza che è il principale requisito dell’origine divina di determinati accadimenti non appartenenti alla sfera dell’ordinario? Perché egli è sempre cosí freneticamente impegnato nel propagandare il caso Medjugorje che è certamente un caso ma un caso altrettanto sicuramente per niente chiarito e risolto? La massa di conversioni che si verifica da quelle parti, dice spesso il sacerdote lombardo, è una prova evidente dell’origine sovrannaturale di quello di cui sono testimoni i sei veggenti slavi. Ma, a parte il fatto che tale asserzione è tutta da verificare (perché non penso che padre Livio voglia ridurre la conversione ad una gita o ad un viaggio spirituale), come fa egli, allo stato delle cose, con una Chiesa che mantiene uno stretto riserbo sulla questione in parola, a scagliarsi sistematicamente contro vescovi e preti che non la pensano come lui?

 Spero che padre Livio sia tra “gli eletti”, ma appunto per questo sarebbe auspicabile che la sua posizione fosse più sobria e misurata, più comprensiva del fatto, come sta a mostrare tutto il racconto biblico, che i veri profeti di Dio, quando non vengano uccisi, non durano molto in questo mondo o, se durano per volontà di Dio, è solo per subire l’incomprensione e l’emarginazione dei molti, per testimoniare in silenzio e misconosciuti dai più la loro appartenenza al Signore e la presenza stessa di Dio nel mondo. Nella Bibbia i profeti hanno caratteristiche ben precise: non dicono cose generiche, non vanno alla ricerca di facile consenso o di successo popolare, non sono desiderosi di affetto umano, ma dicono cose che non riguardano il presente immediato anche se denunciano vigorosamente le vere iniquità del loro mondo e del loro tempo, senza mai essere accomodanti e necessariamente rassicuranti. I profeti, nella Bibbia, non sono melliflui ma scomodi e talvolta particolarmente duri perché non si preoccupano di presentare bene e in forme accettabili i loro discorsi per il semplice fatto che i loro discorsi vengono tratti direttamente dalla sapienza divina quale per esempio è già quella che è stata acquisita nello stesso racconto biblico; essi vivono di onestà e non cercano compromessi anche se sono sensibilissimi e portatori di grande umanità, si fanno voce e difesa dei deboli e degli oppressi e generalmente i verbi che usano sono al futuro perché conoscono la fedeltà di Dio e sanno che egli non verrà mai meno alle sue promesse.

         Ora, come è stato evidenziato recentemente da un sacerdote cursillo di Tortona, «nelle nostre parrocchie, monasteri, associazioni, gruppi ecclesiali e movimenti chi sono oggi i profeti con tali caratteristiche?». Chi sono coloro che ai propri gesti esteriori e alle proprie parole fanno corrispondere la sincerità radicale del cuore? Chi sono coloro che usano parole scomode e inquietanti, qualche volta irrituali e irritanti, allo scopo e solo allo scopo di aiutare «a ritornare in vita, ad essere veri e autentici, ove naturalmente vi sia desiderio di guarigione e riconoscimento della malattia»? Dobbiamo pregare Dio che ci aiuti a riconoscere i veri profeti, i buoni veggenti, gli onesti taumaturghi dello spirito, ovvero tutti coloro che, per riprendere un pensiero petrino, non sono mossi dalla propria volontà umana quanto dallo Spirito Santo inviato su di essi da Dio (2Pt 1, 19-20).