Natuzza Evolo: un caso controverso di santità

Scritto da Francesco di Maria.

 

Tra il 1972 e il 1973, fresco di laurea, mi recavo a San Vittorino Romano per conoscere ed incontrare fratel Gino Burresi, un mistico devotissimo a Gesù e a Maria, stimmatizzato come padre Pio di Pietrelcina di cui si diceva fosse un grande erede spirituale. Vederlo mi fece davvero impressione: prima da lontano nella campagna su cui da lí a poco sarebbe stato costruito un grande santuario mariano che chiunque vada a San Vittorino oggi può vedere, poi sempre più da vicino nel suo incedere austero e maestoso. Entrato nella baracca in cui riceveva i visitatori, aspettai il mio turno, quindi entrai in una piccolissima stanza dove lo trovai seduto dietro una grata di ferro, al di qua della quale mi inginocchiai e, piuttosto intimorito anche per l’iniziale severità del suo sguardo, gli parlai senza chiedergli di mostrarmi, come pure altri visitatori erano soliti fare, le stigmate delle mani e del costato, e chiedendogli piuttosto una grazia relativa alle condizioni di salute di una persona a me cara che, non so se per l’intercessione di fratel Gino o indipendentemente da essa, mi sarebbe stata effettivamente concessa negli anni. Tornato nella mia città, in ben due occasioni avrei sentito un intenso profumo di rose in ambienti in cui dovetti escludere categoricamente potesse esserci traccia di profumi di qualsiasi genere e di rose. E capii allora che tutti i poteri straordinari che molti gli attribuivano potevano non essere frutto di semplice immaginazione o suggestione. Devo aggiungere, per rendere più chiara la mia posizione su quanto mi accingo a trattare, che da qualche anno a questa parte, nel riconvertirmi a Gesù e a Maria, ho ricevuto anche la grazia di acquisire una conoscenza certa come la mia stessa vita: che il Signore e la Madre celeste parlano talvolta effettivamente a talune loro creature. 

Recentemente, purtroppo, mi è giunta la dolorosa notizia non della morte di fratel Gino, ma della sua sospensione a divinis per gli abusi sessuali che avrebbe esercitato nei confronti di suoi seguaci e seminaristi tra gli anni settanta e ottanta e per presunti abusi commessi nella confessione e nella direzione spirituale. Pare che questo provvedimento della Chiesa sia definitivo. Non so che dire e spero con tutto il cuore che fratel Gino un giorno possa essere riabilitato. Questa storia però pone un problema serio, perché o fratel Gino è un mascalzone che è riuscito a farla franca per gran parte della sua vita in qualità di religioso e di sacerdote oppure la Chiesa è in grave errore nel condannare un uomo di Dio dotato peraltro di poteri eccezionali (premonizioni sorprendenti, guarigioni insperabili, bilocazione, visioni e capacità di parlare a tu per tu con la madre di Dio), di quegli stessi poteri insomma di cui era dotato anche padre Pio. Che, come ben si comprende, è un tragico dissidio.

Ma, se la Chiesa ha ragione, si pone un altro problema: com’è possibile che un uomo baciato dalla grazia di Dio in un modo cosí strepitoso possa poi dilapidarla a causa di debolezze cosí infami e volgari; anzi, meglio, com’è possibile che Dio sia cosí imprudente da concedere poteri miracolosi ad uomini cosí mediocri e abietti, la cui indole egli non può non aver soppesato rigorosamente prima che cadano pesantemente in peccato? Ma queste domande ne comportano altre non meno drammatiche e serie: se una cosa del genere è capitata ad uno dei più noti (non solo in Italia ma anche all’estero) profeti, taumaturghi e veggenti della Chiesa cattolica, perché si dovrebbe escludere che essa non possa riguardare anche casi analoghi, casi cioè di persone che, presentando caratteristiche affini a quelle del frate suddetto, una certa pubblica opinione e gli organi televisivi e di stampa additano come santi al di sopra di ogni sospetto?

Io vivo in Calabria, dove esistono almeno quattro o cinque casi di persone ipoteticamente segnate dalla particolare benevolenza di Dio e, a dire di molti, in sicuro odore di santità, anche se la Chiesa sinora si è mostrata particolarmente attenta solo ad uno di questi casi: quello della signora Natuzza Evolo di Paravati in provincia di Vibo Valentia, la quale, si ricorderà, dopo essere stata intervistata dai collaboratori di Michele Santoro ai tempi di “Samarcanda”, se la prese un po’ a male per le osservazioni non propriamente benevole che le furono riservate in quella trasmissione, e da quel momento negò interviste a tutti quei giornalisti che non le si rivolgessero con quel “rispetto” da lei perentoriamente e preventivamente preteso.

Di Natuzza, soprattutto dalle sue parti, si parla come di una grande mistica stimmatizzata e dotata di poteri veramente sovrannaturali, anche se non mancano critici il cui scetticismo, per le osservazioni e le motivazioni che adducono, non può in questo caso definirsi a buon mercato. Si pensi, per esempio, ad un recentissimo articolo ben articolato e pubblicato in “Micromega”, la rivista del laicista (più che del laico) Paolo Flores d’Arcais. I suoi autori osservano quanto segue: «Uno spettacolo con una showgirl da calendario, i famosi (e divorziati) Albano e Gigi D’Alessio ed alcune stelle di Mediaset si è tenuto a Paravati, un piccolo paese nel cuore della Calabria, alla fine di agosto. Tutti insieme per celebrare il compleanno di una mistica nota per i suoi incontri con la Madonna, i contatti con l’aldilà e le stigmate. Ma anche per raccogliere ulteriori fondi - secondo la “volontà” della madre di Dio - per una grande struttura religiosa, parzialmente bruciata dalla mafia durante un attentato di appena un anno fa e adesso del tutto dimenticato. La Chiesa sembra tacere. La lotta alla ‘ndrangheta, ormai la prima mafia italiana, non fa parte di questo contesto fatto di credulità popolare e spettacoli di massa» (D. Chirico e A. Mangano, Stigmate, showgirls e mafia. L’Italia di Berlusconi in un villaggio del Sud, in “Micromega”, 24 settembre 2009). E incalzano: « Una macchina gigantesca di spettacolo e misticismo messa in moto per festeggiare il compleanno della donna di Paravati: uno “Show for you” elefantiaco e pieno di suggestioni che ben racconta l’Italia di oggi (è per questo, forse, che anche le telecamere della Rai hanno ripreso integralmente lo spettacolo, ritrasmesso in differita). Comici e imitatori del “Bagaglino”, cantanti e ballerini scoperti dai talent show di Mediaset, attori di fiction tv di bassa qualità e belle presentatrici, una delle quali – Luisa Corna – nota per il solito sexy calendario» (Ivi).

Per i due articolisti non c’è il minimo dubbio: quello andato recentemente in scena e in onda a Paravati è un’eclatante rappresentazione della «morale cattolica del peccato e del pentimento: la colpa si cancella con facilità» (Ivi). Basta infatti una gioiosa e chiassosa devozione mariana, basta la partecipazione alla gara di “generosità” finalizzata alla costruzione di una grande chiesa in onore di Maria, e naturalmente l’affettuosa vicinanza alla santa di Paravati, per sentirsi in perfetta comunione con Dio, con la sua Chiesa e con i fratelli di tutto il mondo, e per avere anche la benedizione di vescovi e alti prelati. Purtroppo, però, «Paravati si trova nel cuore del “regno” dei Mancuso, definiti da Beppe Lumia, ex presidente della Commissione Antimafia, come la “cosca finanziariamente più importante d’Europa”» (Ivi). E, visto che il paese è quello di una possibile santa, ci si sarebbe aspettati e ci si aspetterebbe una qualche coraggiosa e profetica testimonianza evangelica contro gli autori di una violenza assassina, infame e socialmente devastatrice. E invece non solo non risulta che Natuzza abbia mai fatto cenno ai figli degeneri della sua zona invitandoli magari maternamente a pentirsi e a chiedere perdono dei loro misfatti a Dio e agli uomini, ma «intervistata dalla Rai, alla prevedibile domanda sui mali della Calabria, risponde citando le parole della Madonna, secondo cui il male sono le nuove generazioni “sull’orlo del baratro”. Un’idea piuttosto generica, in una terra dove i problemi hanno nomi e cognomi» (Ivi).

Al di là di Natuzza, è la Chiesa di Paravati, è la comunità di Paravati che tace sulla mafia e sulla violenza, sui soprusi e sulle continue prevaricazioni dei propri figli; sono i vescovi calabresi che appaiono indignati verso i mafiosi e i disonesti solo davanti a televisioni e a microfoni e con discorsi cosí retorici ed elusivi che sarebbe meglio non farli; sono i giornalisti che denunciano il crimine e la corruzione con un linguaggio idoneo solo a meglio propagandare ed amplificare (più o meno inavvertitamente) l’uno e l’altra; sono tutti quelli che tra noi, semplici uomini e cittadini comuni, potrebbero essere testimoni giusti e generosi in Cristo, che, non avendo un vero culto né della verità né della carità, si preoccupano solo di tirare avanti nel modo più agevole o comodo possibile.

Ma, ritornando a Natuzza e a Paravati, quando alla fine di aprile dello scorso anno fu compiuto un attentato ai mezzi del cantiere del centro multifunzionale del “Cuore Immacolato di Maria”, voluto da Natuzza, l’unica reazione fu quella di don Michele Cordiano, padre spirituale di quest’ultima, che disse: “il fatto è grave ma noi cerchiamo di volgere il male al bene e andremo avanti”. Che significa qui volgere il male al bene? In che senso, in che modo, insieme a chi, a favore di chi e di cosa? E “andremo avanti”: solo con soldi puliti o anche con soldi sporchi, con l’aiuto di persone oneste o anche con la protezione dei mafiosi di vostra conoscenza?

Ma forse queste cose non possono interessare alla mistica di Paravati, perché i mistici sono piuttosto distaccati dal mondo anche se a volte non esitano a concedere immediate udienze private a cantanti famosi o a  protagonisti del mondo dello spettacolo, del cinema e della televisione, non proprio sul punto di cambiare vita, e non si preoccupano di partecipare disinvoltamente a feste assolutamente profane o addirittura sacrileghe perché scientemente utilizzate per costruire qualcosa che ha a che fare con un tipo non opinabile di santità cui non è possibile accostarsi attraverso iniziative prive di pulizia morale e di purezza spirituale.

Invece, Natuzza avrebbe potuto rispondere a domande che non le sono mai state rivolte da nessuno: 1. se, per esempio, i cinque figli che ha avuto dal marito non denotino una qualche sua “dipendenza” carnale, anche in considerazione del fatto che i suoi contatti con il sovrannaturale avrebbero dovuto forse rendere più sobri i suoi slanci affettivi; 2. se non ritenga di aver peccato qualche volta di vanità e di superbia, pur ammantandosi di umiltà, per essersi non infrequentemente esposta all’interesse di stampa e televisione e per aver contribuito ad alimentare forme non lecite di curiosità ed eccessive aspettative popolari; 3. se non ritenga un po’ esagerata la tendenza della stampa calabrese ad incensarla nel conferire a lei, che non sa né leggere né scrivere e che non è affatto detto sappia “raccontare ed esporre in modo corretto e con la giusta modulazione”, il premio “Affabulatore d’oro”; 4. se ritenga di aver mai imbrogliato nessuno e se sia ben consapevole del fatto che le stigmate presenti sul suo corpo, che sono peraltro capaci di far comparire tracce di una scrittura su un panno che vi sia eventualmente posto sopra (anche se non è dato sapere se i panni usati siano mai stati preventivamente controllati da qualche esperto), nonché il suo potere di bilocazione o di predizione e via dicendo, potrebbero anche non avere un’origine divina anche nel caso in cui siano reali e non provocate né propagandate artatamente da alcuno; 5. se ritenga che il suo stretto legame con la Chiesa cattolica sia dovuto a puro e semplice amore evangelico oppure a semplice convenienza personale, visto il suo analfabetismo che non le potrebbe eventualmente consentire di ingannare nessuno sul piano teologico e dottrinario; 6. se ritiene che le sofferenze da lei patite durante il periodo di quaresima a causa del continuo e doloroso sanguinamento delle sue ferite siano simili a quelle patite da Gesù sulla croce; 7. se prima di morire non ritenga di dover ricevere tutti quei suoi presunti “nemici” che avrebbero voluto incontrarla per cercare di capire qualcosa di più della sua persona.

L’esistenza di profeti e veggenti nella Chiesa cattolica non sempre costituisce un sicuro vantaggio spirituale. A volte non dico che sia certamente un danno, ma è senza dubbio un problema di cui la stessa comunità dovrebbe occuparsi con molta serietà, senza né entusiasmi né sospetti preventivi e definitivi. Anche perché non può essere dimenticato o sottovalutato l’avvertimento di Gesù: «Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore' entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore! Non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato demoni e fatte nel tuo nome molte opere potenti?'. E allora io dichiarerò loro: ‘Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti, operatori di iniquità’» (Mt 7, 21-23). Non basta fare il bene, bisogna farlo nei modi che sono graditi a Dio e allo scopo di glorificare esclusivamente Lui.  

D’altra parte Natuzza Evolo è ormai celebrata e venerata come una vera e propria star religiosa non solo da folle entusiaste e ammirate per tanta donna ma anche da una pletora di personaggi rispettabili, illustri, potenti e appartenenti a tutti gli ambiti civili, politici, militari, istituzionali e religiosi della sua regione. E anche qui sarà il caso che ci si ricordi cautelativamente del monito di nostro Signore: «Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6, 26).

Ora, alla signora Natuzza che io amo come sorella in Cristo e alla quale auguro di essere e soprattutto di rimanere per l’eternità nel cuore di Gesù e di Maria, oltre che in quello di uomini e donne su questa terra, chiedo scusa di tanta impertinenza; ma è un’impertinenza che mi sono sentito chiedere insistentemente dalla mia fede in Gesù e Maria e ad esclusivo vantaggio della comunità ecclesiale di cui entrambi facciamo parte. E quindi spero che ella mi capisca e mi perdoni, specialmente se alle domande e alle obiezioni che ho espresso verranno date risposte lineari e soddisfacenti. Se un giorno sarà riconosciuta “santa”, forse anche modestissimi contributi critici come quello qui offerto avranno concorso a rendere più sicuro il riconoscimento di santa madre Chiesa. Ma, in ogni caso, non mi resta che recitare il salmo: dall’orgoglio salva il tuo servo, Signore (Sl, 18).