Che cos'è la misericordia di Dio
Tutti i credenti tendono oggi a sottolineare giustamente, e indipendentemente dalla loro specifica appartenenza religiosa, come Dio sia buono e misericordioso. Non sempre invece, e ciò importa sottolineare soprattutto per i credenti cristiani e cattolici, essi mostrano la medesima propensione ad evidenziare che Dio è anche e innanzitutto onnipotente e giusto e che la sua misericordia pur infinita si inscrive nel quadro della sua onnipotenza e della sua giustizia. Ma in tal modo, non di rado anche in ambito cattolico, si manca di comprendere che sminuire l’onnipotenza di Dio per dare più risalto alla sua misericordia è un grave errore teologico e spirituale in quanto tale posizione comporta implicitamente e paradossalmente che la misericordia divina sarebbe meno libera e gratuita di quel che non può non essere e dunque come necessitata: in definitiva sarebbe come se Dio fosse costretto ad essere buono e misericordioso e non libero di esserlo.
Dio invece, in quanto onnipotente, è strutturalmente misericordioso ma non secondo semplici parametri psicologici, valutativi, affettivi e sentimentali umani, bensí secondo i princípi della sua giustizia altrettanto costitutiva della realtà divina. Occorre dunque tener presente che Dio sa tutto e può tutto, sempre e comunque, e che anche taluni giudizi e atti divini che agli uomini potrebbero sembrare discutibili o sgradevoli sono in realtà parte integrante della sapienza e della giustizia divine. Se Dio vuole distruggere Sodoma e Gomorra è perfettamente libero di farlo senza che ciò possa o debba indurre qualcuno a gridare allo scandalo e ad eccepire che un Dio misericordioso non potrebbe comportarsi cosí in nessun caso; se Cristo parla di “dannati” che saranno condannati al pianto e allo stridor di denti non è affatto sensato e ragionevole che qualcuno cerchi di attenuare esegeticamente la portata di tali parole con una finta preoccupazione di “salvare” l’infinita misericordia divina.
La misericordia divina può cominciare ad essere compresa a partire da questa premessa, ovvero come una fondamentale esplicazione della onnipotenza di Dio. L’uomo che ama realmente Dio non è un uomo che ne omette o trascura o sottovaluta l’onnipotenza, ma è un uomo che, sforzandosi di ottemperare alla sua volontà, sa di poter confidare nella sua misericordia pur senza pretendere di evitarne il giudizio. Dio è sí infinitamente vicino all’uomo attraverso il Cristo ma Egli non cessa di essere il Kirios, il Signore, il Giudice che assolve e che condanna. La misericordia di Cristo, per quanto sovrabbondante e totalmente gratuita, non riduce mai, evangelicamente parlando, l’assoluta priorità della sua signoria su tutti e tutto, la sua irraggiungibile ed intangibile regalità, la sua misteriosa e inafferrabile lontananza ontologica.
Noi possiamo e dobbiamo contare sulla sua vicinanza ma non possiamo non avvertire al tempo stesso la sua lontananza, quella lontananza che non sarà totalmente colmata persino se e quando vivremo eternamente in Dio e potremo “guardarlo faccia a faccia”. Noi percepiamo la vicinanza di Dio perché in Cristo si è sacrificato per noi e per la nostra salvezza, ma non possiamo dare per scontata la sua misericordia se non in quanto ne rispettiamo seriamente la divina alterità, tenendone nella dovuta considerazione i comandi biblico-evangelici, temendone la facoltà di giudicare e castigare, implorandone continuamente il perdono e la misericordia quali che siano lo stato e il grado spirituali della nostra personale condizione umana. Dio è vicino perché salva amandoci, Dio è lontano perché giudica e si riserva ogni azione nei confronti della storia umana e verso chicchessia. E ognuno di noi è la pecorella di Dio, la pecorella di cui Dio si prende cura teneramente, ma è anche una creatura che Dio giudicherà per i suoi pensieri, le sue azioni, i suoi “meriti”. Non è corretto temere Dio senza amarlo né è corretto amare Dio senza temerlo e anzi presumendo che non lo si debba affatto temere. Certo, Egli vuole essere amato più che temuto ma solo nel senso che il timor di Dio debba poter rimanere inglobato in un sincero, fiducioso e infrenabile desiderio di Dio stesso: amor Dei.
E’ anche questo il senso di quel celebre versetto del Magnificat: “di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono”. Che funge da chiarificazione per tutti quei versetti vetero-testamentari che per molti cattolici sarebbero semplicemente “superati” dalla predicazione evangelica e che in realtà trovano in essa solo il loro compimento. Il cristiano non può non ereditare nella sua fede il Dio biblico che castiga e salva ad un tempo, che esorta paternamente alla conversione i peccatori, invitandoli ad essere santi e giusti, a rialzarsi dopo ogni caduta con il pentimento e il sacrificio per mezzo della preghiera e della ininterrotta lode al Signore giusto e misericordioso: “Vi castiga”, recita il Cantico, “per le vostre ingiustizie, ma userà misericordia a tutti voi…Convertitevi, o peccatori, e operate la giustizia davanti a lui; chissà che non torni ad amarvi e vi usi misericordia?...Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame” (Tb 13, 2-10a).
E il salmo 24 recita chiaramente: “Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza”. Solo chi è realmente e profondamente consapevole della gravità dei suoi peccati, e non fa nulla per mascherarli o giustificarli, per sminuirli o razionalizzarli, può conoscere ed invocare proficuamente la misericordia di Dio: “Volgiti a me e abbi misericordia, perché sono solo ed infelice. Allevia le angosce del mio cuore, liberami dagli affanni. Vedi la mia miseria e la mia pena e perdona tutti i miei peccati”. Dio è disposto a perdonarci anche più di “70 volte 7”, ad aiutarci qui ora e sempre, a salvarci ogni giorno per tutti i giorni della nostra vita sino al conseguimento dell’eterna salvezza, all’unica condizione che abbiamo l’umiltà e il coraggio di confessare a noi stessi e a lui, senza maschere, senza edulcorazioni e facili vittimismi, i nostri veri limiti, le nostre specifiche colpe, le nostre reali debolezze e le miserie non generiche ma precise e concrete del nostro io, con connessa e annessa volontà di trasformare in Cristo la nostra esistenza.
Il cristiano, e più segnatamente il cattolico diligente e vigilante, non pretende di disegnare la misericordia divina sulla base di mere esigenze psicologiche e di aspettative spirituali di tipo soggettivistico o sentimentalistico, ma si limita a corrispondere nel miglior modo possibile alla volontà del Signore confidando nella sua grazia redentrice e appunto nella sua misericordia salvifica. Troppe volte si sente dire, anche da parte di qualche presbitero: “sí, questo è peccato, ma non ti preoccupare perché il Signore è misericordioso”, oppure “anche se hai commesso peccati gravi, ti puoi comunicare lo stesso riservandoti di confessarti quanto prima”, oppure “l’inferno c’è ma resterà vuoto, perché Dio è infinitamente misericordioso”. Potremmo definire tale atteggiamento mentale una sorta di “buonismo” spirituale o teologico che produce probabilmente l’effetto di allentare una tensione spirituale che in un cristiano semmai dovrebbe aumentare sempre più o rimanere sempre alta. E’ come se noi esseri umani, a volte, senza forse rendercene conto e talvolta inconsciamente autocommiserandoci, volessimo essere più buoni di Dio stesso, predisponendoci psicologicamente a dimenticare (e non si tratta di dimenticanza casuale) come non si dia misericordia divina senza verità divina, perché, come recita anche in tal caso il salmo, “misericordia e verità si incontreranno” (salmo 85), per cui pensare che la misericordia di Dio possa esercitarsi a prescindere dal rispetto umano della sua verità e della sua giustizia significa pensare in modo erroneo e anche rischioso. La fonte della misericordia di Dio è e resta pur sempre la sua verità e la verità divina non è o non le resta mai estranea.
Quando invochiamo per noi o per altri la misericordia divina siamo sicuri di essere stati o di essere fedeli alla verità del Signore, ai suoi insegnamenti e ai suoi comandi, di essere fedeli interpreti e portatori dello spirito cristiano di verità? Sí, e in che misura? Di questo ognuno di noi deve preoccuparsi prima di poter discettare di misericordia divina e di poterla invocare? Sono capace di perdonare, di donare senza aspettarmi niente in cambio, di testimoniare anche e soprattutto nei momenti più difficili e angosciosi della mia esistenza? Mi sforzo seriamente e non velleitariamente di essere o rimanere pulito, umile, onesto, giusto, cercando ogni volta di riprendere il cammino di santità interrotto a causa delle mie persistenti e angustianti debolezze? Dio sarà infinitamente misericordioso, ma guai a pensare che potremo beneficiare della sua magnanimità anche al di fuori di quella rigorosa via crucis da Cristo percorsa, che è l’unica via che possa garantirci l’accesso nel paradisiaco e inimmaginabile mondo che verrà.