Maria non è per tutti

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Non fu affatto facile per Maria sentirsi dire da Gesù, con tono severo e quasi offensivo, ”Chi è mia madre?”, e sentirsi invitare implicitamente a far parte o meglio a continuare a far parte di coloro che fossero disposti a fare la volontà del Padre suo celeste. Non fu facile per lei, madre di Cristo per volontà di Dio, sentirsi equiparare, al di là di ogni distinzione tra sfera privata e sfera pubblica, a una qualsiasi creatura umana. Non fu affatto facile per lei, umanamente, psicologicamente, moralmente, mettersi da quel momento contro la propria famiglia, che riteneva di dover proteggere Gesù in quanto “fuori di senno” e pericolosamente esposto alle violente reazioni del potere religioso ebraico, e contro quest’ultimo che, nella persona del Sommo sacerdote, lo aveva già scomunicato (Mt 26, 65-68; Mc 3, 22-30). Ancora più difficile fu per Maria mettersi contro il potere civile che, accogliendo un’insana richiesta popolare, avrebbe condannato a morte il figlio come un criminale, sommerso da insulti e grida blasfeme, da percosse e sputi sozzi e oltraggiosi, e infine restare sola con pochi intimi sotto la croce per condividere il destino del figlio e di tutti coloro che per amore della verità e della giustizia divine fossero considerati dalla società e dal mondo come individui animati da spirito antisociale e irreligioso.

Per lei tutto fu difficile, ma, da sempre sorretta dallo Spirito Santo, non avrebbe esitato a mettersi contro tutto e tutti per onorare sino in fondo l’impegno di amore e fedeltà verso il Signore che, al cospetto dell’angelo, aveva preso ancora giovinetta nella sua umile casa di Nazaret. Oggi, tra i cattolici, si sente dire spesso “Signore, Signore”, ma la lezione vivente di Maria è che è troppo facile parlare di Dio senza realmente onorarlo nelle scelte difficili che la vita impone, pregare Dio senza avere la forza di ottemperare ai suoi santi ed esigenti comandamenti (che non consistono semplicemente in tutta una serie di divieti come “non uccidere”, “non rubare”, “non fornicare”, “non disonorare il padre e la madre”, anch’essi peraltro per niente facili da rispettare in tante convulse circostanze della vita, ma in ancor più impegnativi atteggiamenti spirituali di disinteressata e caritatevole apertura verso gli altri, ivi compreso quello generalmente scomodo che prevede il dover parlare talvolta con fraterna e schietta franchezza correttiva ed esortativa a fratelli e a sorelle della propria fede o di altra fede).  

Maria ci insegna che amare Dio significa entrare in conflitto virtualmente risolutivo e non meramente teorico con il proprio naturale desiderio di tranquillità e di comodità personale, con le proprie tendenze istintuali a soddisfare richiami carnali più che spirituali, e più in generale con esigenze psicologiche, affettive, sessuali, sociali, culturali e “religiose” profondamente radicate o largamente presenti nel nostro “io” che devono essere di continuo verificate, soppesate, soppresse o rinnovate a seconda dei casi, e non semplicemente e meccanicamente conservate o alimentate. Con Maria Dio si può amare solo se ci sforziamo sinceramente di liberarci di quella mortale zavorra che è l’ipocrisia che viscidamente prova sempre ad insinuarsi nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, per cui continuiamo tranquillamente a peccare trastullandoci spesso con l’infondata e pseudoreligiosa convinzione che alla fine il Dio infinitamente misericordioso del nuovo testamento non potrà negarci il suo perdono. 

Per questo, per amare Dio ci vuole coraggio, non il coraggio verbale e verboso di cui si sente spesso parlare nelle omelie di certi pulpiti, ma il coraggio interiore e non dichiarato di chi vuol guardarsi realmente allo specchio non per sottoporsi ad una sorta di cosmesi spirituale ma per vedere impietosamente i propri limiti intellettuali, i propri difetti morali, le proprie abnormità spirituali, le proprie insufficienze religiose, e soprattutto per adottare serie e radicali terapie di preghiera e di impegno evangelico volte a proteggerlo dalla ricorrente tentazione di mediare tra le esigenze di Dio e le sue presunte “esigenze” personali, tra l’invito divino ad una perfezione celeste e le sue eventuali e persistenti mediocrità quotidiane.

Con Maria Dio si può amare non usando banalmente e strumentalmente il vangelo, e quindi i precetti evangelici del perdono, dell’umiltà, dell’obbedienza, dell’astensione dal giudicare il prossimo, della condivisione eucaristica, ma usandolo e vivendolo onestamente, limpidamente, coerentemente, senza far finta di non capire quali siano i veri talloni d’Achille dell’esistenza personale come della comunità di appartenenza e dell’intera società in cui si sia chiamati a vivere e ad operare. Maria è stata ed è madre del crocifisso e non dei crocifissori, di tutte le vittime di un potere politico, civile e religioso basato sulla tutela della convenienza e dell’utilità più che del vero e del giusto, di interessi particolaristici più o prima che di interessi universali, di leggi umane verosimilmente imperfette o manifestamente inique più che di ineccepibili leggi divine. Maria resta la madre di tutti coloro che vogliono seriamente onorarla come madre di Dio-Cristo o che sono disposti a cambiare radicalmente una vita vissuta sulla base di pratiche turpi, malvage o efferate, per sostituirla con una vita il più possibile virtuosa, semplice, pulita, modesta.

Il Dio di Maria è il Dio di chi ama un’ortoprassi evangelica che è implacabile sprone a render conto non una volta ma sempre di ogni pensiero e di ogni atto, più che un’ortodossia evangelica usata magari per motivi puramente dottrinari o propagandistici piuttosto che per incrementare quella sorta di sacro fuoco interiore che dovrebbe agire nella coscienza ed indurre ogni credente a cambiar vita contro ogni doppiezza sempre risorgente e contro ogni ambiguità comportamentale che, se non frenata e alla fine non recisa, si frappone inevitabilmente e rovinosamente tra l’uomo e Dio. Tutto questo, beninteso, vale per tutti: per i sacerdoti ministeriali e per la moltitudine di sacerdoti non ministeriali (ovvero per noi tutti).

Maria non si prega per motivi di edificazione religiosa o puramente emozionali e devozionali; Maria può pregarsi proficuamente solo se con lei e come lei siamo profondamente convinti che Dio “rovescia i potenti dai troni”, “rimanda i ricchi a mani vuote”, “disperde i superbi nei pensieri del loro cuore”. E’ un po’ penoso, talvolta, constatare che taluni ministri del culto magnificano Maria per le lodi che ella innalza al Dio che ha fatto grandi cose nella sua vita ma tacciono del tutto sulle vere e profonde ragioni esistenziali e religiose che portano la fanciulla di Nazaret a magnificare il Signore: vale a dire il fatto che Dio, quello stesso Dio misericordioso che si lascia crocifiggere per amore della verità e della giustizia, è in realtà un Dio potente che prima o poi viene a giudicare gli uomini per quel che hanno preferito coltivare nel loro cuore, per quel che hanno realmente creduto e operato nel corso della loro vita terrena, dando a ciascuno secondo la propria condotta e i propri “meriti” (unicuique suum). 

Maria non è da venerare tanto per quei tratti pure indubbi di gentilezza, amabilità, affabilità, amorevolezza, materna disponibilità, che presenta la sua personalità, quanto per essere stata ed essere, pur cosí fragile e delicata, un’intrepida testimone e una inimitabile campionessa della verità e della giustizia di Dio, una potente condottiera del popolo di Dio esclusivamente nel nome e nel segno di una sapienza e di una misericordia divine di cui non tutti astrattamente ed indiscriminatamente possono e potranno beneficiare ma solo coloro che si saranno effettivamente sforzati di riconoscere, rispettare ed eseguire la volontà di Dio stesso. Maria, pur essendo madre dell’intera umanità, non potrà svolgere opera di intercessione a favore di tutti indistintamente.

Ella non è madre di vita e di salvezza per tutti allo stesso modo. In questo senso, è opportuno precisare, Maria non è per tutti; non, appunto, per tutti quelli che, in un modo o nell’altro, mentendo sottilmente a se stessi e a Dio, tendono ad adulterare e a misconoscere il senso originario ed essenziale degli insegnamenti e dei moniti divini.