Gesù: oltre neoilluminismo e fede massonica
Che alcuni laici di presunta formazione neoilluministica e di più probabile fede massonica non ci credano, non ha nessuna importanza. Che non ci credano alcuni “religiosi” tra i quali il non più vivente don Enzo Mazzi, è più grave, ma la verità è esattamente quella che gli uni e gli altri si sono ostinati e si ostinano a negare: è proprio «Gesù l’unico salvatore universale attraverso il suo sacrificio perenne» (E. Mazzi, Il libro di Ratzinger, il Gesù storico, in “Il Manifesto”, 13 marzo 2011), anche in virtù di più che adeguate conoscenze del Gesù storico di cui oggi possono disporre tutti coloro che avvertono interiormente un sincero bisogno di Dio. Sostenere il contrario, e cioè che nulla sappiamo del Gesù storico secondo quanto attesterebbe una «teologia biblica non servile», solo perché, come è probabile, i Vangeli non sarebbero una diretta e fedele riproduzione della vita di Gesù ma «la riflessione teologica in forme narrative o rituali delle comunità cristiane del primo secolo in ambiente pagano» (ivi), significa sostenere il falso richiamandosi a fonti e ad interpretazioni storico-storiografiche inattendibili e prive di vera autorevolezza storico-scientifica.
Cosa dice Enzo Mazzi, scomunicato a divinis decenni or sono, sulla figura di Gesù? Dice, e questo non può che essere gradito al criptomassone Paolo Flores d’Arcais, che la vera immagine di Gesù, molto diversa da quella del nascente cristianesimo e delle stesse «narrazioni canoniche dei Vangeli», è quella che scaturisce dalle tradizioni dei “loghia” ovvero “i detti” di Gesù stesso che costituirebbero una sorta di “Vangelo prima dei vangeli”: un’immagine priva di racconti miracolosi e soprattutto di notizie relative a nascita, morte e risurrezione. Per cui il complessivo fondamento dogmatico del cattolicesimo e degli stessi vangeli canonici sarebbe del tutto ingiustificato da un punto di vista empirico-storico, mentre ciò che resterebbe e risulterebbe storicamente autentico sarebbe non tanto «la persona di Gesù» quanto il «messaggio e il movimento messianico di impegno per la realizzazione del “Regno di Dio”. Il quale tradotto in termini moderni si potrebbe definire come movimento per un “mondo nuovo possibile”. Il Gesù del “Proto-Vangelo”», ovvero dei “loghia”, «è soprattutto un “figlio dell’uomo” che alla lettera può significare “Figlio dell’umanità”, parte di un movimento storico di liberazione radicale. C’è in quel documento solo un’eco flebile del processo di mitizzazione della persona di Gesù che è appena agli inizi e che però presto sfocerà nella divinizzazione. E’ assente l’essere divino-umano, il dio incarnato che si sacrifica per redimere l’umanità peccatrice. Il quale invece sarà poi offerto soprattutto dalla Chiesa di Paolo al mondo pagano avido di sacro e di salvezza mistica. Ovviamente le persone all’origine di questo Proto-Vangelo, che di bocca in bocca si tramandavano i detti di Gesù, conoscevano la morte di Gesù. Ma per loro la morte del profeta non aveva il significato di sacrificio. Non si sentivano impegnati ad annunciare la morte. “Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i loro morti” – è un’affermazione fondamentale del Proto-Vangelo. Non la morte né il sacrificio né il miracolo aveva cambiato la loro vita. Ma il messaggio culturalmente rivoluzionario di Gesù aveva dato un senso nuovo alla loro esistenza; in quello e non nel miracolo trovavano il senso della resurrezione; quel messaggio e l’esperienza di vita che c’era dietro si sentivano impegnati ad annunciare perché cambiasse la vita di molti e trasformasse radicalmente la società dando vita a un mondo nuovo. La teologia sacrificale del Cristo che salva in quanto Figlio di Dio morto e risorto verrà dopo, quando il cristianesimo dovrà rivolgersi al mondo pagano. Sarà tale teologia la carta vincente, il fulcro del trionfo della nuova religione. Un trionfo però contestato da persone, anche sinceramente credenti, con senso critico, lungo tutta la storia, dall’antichità fino ad oggi, quale tradimento e devitalizzazione del Dna generativo del movimento di Gesù» (ivi).
Se quello di Gesù fosse stato solo un messaggio rivoluzionario in senso culturale e non soprattutto in senso radicalmente o integralmente salvifico, se la sua resurrezione non fosse stata e non fosse un evento reale ma puramente mitico-simbolico, se il Cristo non si fosse effettivamente sacrificato per l’eterna salvezza materiale e spirituale dei singoli e delle moltitudini umane, come e perché mai un “messaggio” e “una esperienza di vita”, per quanto straordinari e rivoluzionari, avrebbero potuto o dovuto “cambiare la vita di molti” e “trasformare radicalmente la società dando vita a un mondo nuovo”? Anzi, forse ancora oggi la vita di molti, anche sedicenti cattolici, continua a non essere significativamente “cambiata” dalla fede in Cristo, né gli uomini per mezzo di essa sono ancora capaci “di trasformare abbastanza radicalmente la società per dar vita a un mondo nuovo”, proprio perché verosimilmente tale fede è una fede abitudinaria e quasi scaramantica o una fede puramente “culturale” in un Cristo dei cui reali poteri di risorgere e far risorgere da morte, di darci una vita eternamente felice salvandoci nel corpo e nello spirito e rendendo immortale la nostra personale identità, non siamo intimamente convinti.
Quel che don Mazzi, e sacerdoti pure cosí attivi e socialmente impegnati come lui, non hanno capito e non capiscono, è che l’amore e la fedeltà a Cristo hanno e possono avere la loro unica ragion d’essere solo nel fatto che Egli non fu e non è e non sarà sino alla fine del mondo “un rivoluzionario” come o più di tanti altri, ma l’unico rivoluzionario della storia dell’umanità. Quel che, a dispetto di tante dichiarazioni di principio apparentemente sincere, molti di noi non riescono forse a percepire intellettualmente e a vivere spiritualmente con la dovuta radicalità’ è proprio «la specificità del destino di Cristo»: il fatto cioè che «Egli deve sacrificarsi, come uomo e come Dio, per salvare non questa o quella persona nella temporalità», non questo o quel valore umano, non questo o quel modello di società in un ambito prettamente terreno, «ma l’intera umanità per l’eternità. In questo senso è giusto osservare che “Gesù non era affatto rivoluzionario in quanto era l’unico rivoluzionario (G. Morra, Marxismo e religione, Milano, Rusconi, 1976, p. 237, ma anche H. Küng, Credo, Milano, Rizzoli, 1994, pp. 51-53 e pp. 73-75)”» (Contemporanei di Cristo, in sito “fogli mariani”).
Il Cristo di certi neoilluministi dei giorni nostri (ma alcuni campioni di ateismo ed illuministi storici, come per esempio Diderot o D’Holbach, diedero prova di onestà parlando di Dio con toni cosí toccanti da coinvolgere emotivamente persino fervidi ed integri credenti) e ancor meno quello di certi massoni camuffati, non è sufficiente e non serve all’umanità contemporanea che, per le strutturali iniquità di questo mondo e le molteplici forme di malvagità individuale e collettiva di questa vita, avverte sempre più impellente il bisogno di credere in un Cristo che la faccia entrare prima o poi, oltre la morte e non in forma ectoplasmatica, in un mondo senza fine di perfetta giustizia.