Una lectio mariana di monsignor Bruno Forte

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Molto interessante è il testo del recente messaggio quaresimale inviato dal vescovo della diocesi di Chieti-Vasto al suo clero e all’intera sua comunità, un testo dedicato essenzialmente alla figura di Maria, madre di Gesù, e alla funzione simbolica e reale che ella assume nel rapporto tra la Chiesa e Dio e tra ogni credente e Dio stesso. Si tratta di una vera e propria lectio mariana, in cui si scorgono considerazioni e riflessioni teologiche forse non sempre o non del tutto nuove ma ancora dotate di vigorosa e significativa incisività esegetica e spirituale. Maria, osserva Forte, è al vertice «della spiritualità biblica dell’attesa e dell’accoglienza della Parola divina» (Maria di Nazaret: vergine, madre e sposa, 20 marzo 2012), come si evince chiaramente dal fatto che ella “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2, 19).

Infatti, proprio nel ricordare associando o collegando fra loro determinati eventi in cui vengono gradualmente manifestandosi i misteriosi disegni divini «consiste lo studio della Torah» e quel tipico atteggiamento mentale da esso implicato «di confronto, intelligenza, giudizio, decisione».

Maria è «donna credente e riflessiva» che, pur senza pretendere di cogliere l’intero significato del mistero divino, non si abbandona all’Eterno in modo irrazionale ovvero rinunciando ad esercitare criticamente la propria intelligenza e la propria razionalità ma in modo consapevole e responsabile, sempre volto ad interloquire pensosamente e gioiosamente ad un tempo con un Dio che viene rivelando sia pure in modi diversi la sua volontà ai semplici e agli umili di cuore: come i pastori che vanno ad omaggiare Maria insieme a suo figlio o Maria stessa che riflette profondamente sul senso divino di tutto ciò che le capita attorno dopo che già, col Magnificat, aveva espresso l’intima certezza di un Dio sempre al fianco degli ultimi e degli oppressi e sempre avverso a ricchi e potenti superbi ed impenitenti.

Ecco, si chiede per noi tutti il vescovo di Chieti, «è veramente Dio il signore della mia vita, come lo fu per Maria? Sono docile alla Sua azione, alla Sua Parola, al Suo silenzio? Mi lascio guidare da Lui, meditando quanto mi dà di vivere alla luce delle Scritture, per discernere la Sua volontà e realizzare con Lui il Suo disegno d’amore per me e per quanti mi affida anche di fronte a momenti difficili, come ad esempio quelli che la nostra società sta vivendo»?

Dalla considerazione del modo di credere di Maria mons. Forte passa poi a chiarire il suo modo di amare e di agire. Quello mariano è «un amore attento, concreto, gioioso, tenero»: non si attiva solo su richiesta esplicita di chi ha bisogno ma il più delle volte anticipa ogni richiesta di aiuto non in modo inopportuno o impertinente ma appunto con un garbo, con una discrezione, con una delicatezza, con una tenerezza che possono essere solo accolti con commozione e gratitudine dai destinatari.

Ubi amor, ibi oculus: l’occhio vede dove c’è amore, e vede ciò che uno sguardo privo di amore non potrà mai vedere. Maria non parla di amore, non predica l’amore, non ha l’amore solo sulle labbra e in intenzioni mai veramente attuate, né ama per creare dipendenze o sudditanze psicologiche e morali: Maria ama agendo, dandosi concretamente da fare, sottoponendosi ad una reale fatica del corpo e dello spirito (come quando affronta un lungo e insidioso viaggio per andare a trovare la cugina Elisabetta, oppure alle nozze di Cana, oppure durante la predicazione per lei non sempre gratificante del figlio, oppure ai piedi della Croce), senza far minimamente pesare ai suoi beneficati le sue opere di bene.

Maria, che mirabilmente riempita di grazia divina non può che riversare sul prossimo tutto l’amore ricevuto da Dio, non parla paternalisticamente o ipocritamente di amore da un pulpito, non si limita a celebrare liricamente l’amore, né tanto meno tratta l’amore a scopi meramente polemici; Maria ama in quanto fa le cose che bisogna fare e le fa subito e bene, senza rinvii e reticenze, anche quando è stanca o pressata dalle dure prove dell’esistenza. Appropriato il riferimento di Forte a sant’Ambrogio: “La grazia dello Spirito Santo non tollera indugi”.

Nell’amore di Maria non ci sono né calcoli né forzature. Quest’amore è gioioso, laddove, spiega e ribadisce il vescovo di Chieti-Vasto, «gioia è sentirsi amati cosí profondamente da avvertire l’incontenibile bisogno di amare, per corrispondere all’amore ricevuto al di là di ogni misura con l’amore donato senza condizioni. Proprio cosí tutto in Maria si mostra nel segno della tenerezza, propria dell’amore che non crea distanze, che avvicina, anzi, i lontani, facendoli sentire accolti e li riempie dello stupore e della bellezza di scoprirsi oggetto di puro dono».

Ed ecco anche qui la domanda: «qual è il mio stile di vita? Sono come Maria attento agli altri, all’altro, ai bisogni espressi o inespressi di chi mi sta davanti, di chi Dio mi chiama ad amare e servire? So essere concreto nel mio modo di amare, agendo con la tenerezza che coniuga il rispetto e l’attenzione all’amore che rende liberi e genera la pace del cuore? Cerco di avere attenzione e solidarietà verso chi soffre, ad esempio verso chi sta vivendo le conseguenze dell’attuale crisi specialmente per la mancanza o la precarietà del lavoro»?

Chi non crede come Maria non ha ancora acquisito una fede matura e completamente gradita al Signore, anche se potrà sempre contare sulla sua misericordia; chi non ama e non agisce come Maria non ha ancora compreso il reale significato della carità cristiana anche se potrà riceverne tanta da lei stessa solo che i suoi occhi si alzino supplici verso il Cielo.