Maria paradigma di castità evangelica

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Proprio perché preservata dal peccato originale e da ogni possibile peccato attuale per effetto e in funzione dei meriti di Cristo e della redenzione da egli operata a favore del genere umano, Maria ha potuto essere perfettamente umana, ha potuto scegliere in modo totalmente libero, e quindi libero anche rispetto ai molteplici condizionamenti del peccato, di attuare la sua umanità in costante e perfetta conformità alla volontà di Dio senza mai trasgressivamente deviare da essa.

Ella ha potuto essere donna non in senso parziale ma in senso integrale pur riuscendo sempre ad essere o proprio essendo la donna di Dio, la quale, dedicando ogni suo pensiero ed ogni suo atto terreno al Signore, non poteva non servire pienamente anche la causa del prossimo e dell’intera umanità. Questo significa che ella, sotto il profilo psicologico morale e spirituale, non poteva avere una conformazione diversa da quella di qualunque altro essere umano, e quindi una sensibilità di natura diversa o un diverso modo di percepire sofferenze e drammi, turbamenti e angosce di questo mondo.

Che poi in Maria tutto, e quindi anche il senso dell’umano, la sensibilità per i bisogni altrui o la capacità di mettersi al servizio degli altri, l’attitudine ad ascoltare e a mettere in pratica la volontà divina, risultasse grandemente potenziato rispetto alle stesse facoltà presenti in molte altre creature, è certamente vero, ma non nel senso che ella vivesse o abbia vissuto in una dimensione extraumana in cui il dolore o la gioia da ella sperimentati fossero qualitativamente superiori o inferiori a quelli sperimentati da ognuno di noi, bensí nel senso che lo specifico contesto divino in cui tutta la sua vita terrena si svolse non l’avrebbe sottratta né alle gioie più elementari di questo nostro mondo né ai patimenti più strazianti cui alcuni o molti di noi, sia pure nella molteplicità ed eterogeneità delle situazioni e delle vicende umane, sono generalmente sottoposti, ma l’avrebbe semmai ancor più esposta a tutto ciò.

Maria non morí sulla croce come Gesù, cui nulla di ciò che è umano fu estraneo, ma come Gesù, ovvero come Dio in persona, conobbe esistenzialmente tutte le cose belle e tutte le peggiori realtà del mondo terreno. Perciò, ella non visse in vitro, cioè solo apparentemente a contatto delle miserie umane in quanto sempre a contatto di Dio, ma, al contrario, proprio perché in permanente contatto con Dio il suo privilegio spesso ebbe a capovolgersi nel suo contrario e dunque sia nel personale doloroso attraversamento di tutte le iniquità e nefandezze storico-esistenziali, sia in un accettato ma non voluto né cercato assoggettamento a tutta una serie di umiliazioni umanamente frustranti e penose.

Maria non fu una creatura per modo di dire: ella ebbe sentimenti come tutti, desideri come tutti, aspettative come tutti, debolezze e momenti di scoraggiamento come tutti, anche se nel quadro di una speciale esperienza di fede, che visse giustamente come emanazione di straordinaria grazia divina e che fu tuttavia anche emanazione della sua meritoria volontà di affidare tutta se stessa a Dio onnipotente.

Pertanto, anche la sua castità, ovvero la sua del tutto volontaria e verginale astensione dai rapporti sessuali anche di natura coniugale propriamente intesi, e che però non è da intendersi come rigetto indiscriminato della sessualità in quanto tale, che cosí come esce in origine dalla mente di Dio non contiene alcunché di peccaminoso, ma come amplificazione esemplare e paradigmatica di un atteggiamento spirituale contrario ad usi impropri, distorti o eccessivi e inevitabilmente viziosi e peccaminosi della sessualità, anche la sua castità, si diceva, non ha nulla di artificioso, di irrealistico e di umanamente inattendibile.

La castità e la verginità di Maria non si pongono a disprezzare e ad irridere la sessualità tout court e quella normale e generica dimensione sessuale che è pur costitutivamente presente in tutta una serie di atti quotidiani non necessariamente peccaminosi (come sguardi di simpatia o di apprezzamento, sorrisi privi di malizia e carichi di benevolenza o vicinanza umana, abbracci anche intensi e prolungati o strette di mano e baci molto calorosi ma del tutto puri e disinteressati). La sessualità può certo facilmente sfociare in pensieri e atti peccaminosi e tuttavia questa eventualità non è qualcosa di ineluttabile ma qualcosa che dipende pur sempre dalla sincerità e dalla forza della nostra fede personale e dal grado di vigilanza di ognuno di noi.

Altrimenti, dovremmo pensare che Maria non abbia mai sentito alcun tipo di attrazione per un uomo come Giuseppe e che questi si sarebbe limitato nei piani stessi di Dio a fare da comparsa incorporea nella vita pur verginale della sua giovane sposa, che Maria non si sia mai rallegrata con alcuno né si sia mai felicitata con uomini e donne anche attraverso sorrisi rasserenanti e coinvolgenti e attraverso sentiti abbracci e vigorose strette di mano, o non si sia mai dovuta energicamente impegnare per tener fede alla sua promessa di verginità e alla sua vocazione di fedele sposa e madre di Dio. Dovremmo pensare questo ma è molto improbabile che in questo sia consistita la vera realtà umana di Maria e che a questo il Signore stesso abbia inteso ridurne la vita. Dai vangeli emerge tutt’altro temperamento e tutt’altra personalità.

La castità mariana non è un dato di natura come non è un dato semplicemente sovrannaturale ma la sintesi di un perfetto incrocio tra santa volontà di Dio e creaturale volontà di santificazione, il frutto di una ostinata e perseverante conquista umana e femminile pur nel quadro di una particolare ed originale “chiamata” di Dio; non è il prodotto di una natura umana fredda o tiepida, di un carattere chiuso e inibito, di una spiritualità repressa o prettamente ascetica e insensibile ai molteplici aspetti positivi dei rapporti interpersonali. A Maria in questo senso non manca nulla anche se, rispetto a tutti gli altri uomini e donne, ha un di più di fede, di origine in parte sovrannaturale e in parte radicata nella sua stessa forma mentis e nella parte più intima e profonda delle sue necessità spirituali, che le consente di essere e fare qualcosa che nessuno di noi è e sarà capace di essere e fare: comprimari di Dio stesso.  

In un senso più esteso del riferimento meramente sessuale, purezza dei costumi e della vita anche per Maria non sono mai stati un dato immutabile, una meccanica e scontata abitudine, ma una continua ricerca di perfezionamento, un faticoso e virtuoso esercizio di libertà e responsabilità verso se stessi, verso gli altri e verso Dio. I “puri di cuore” che vedranno Dio non sono semplicemente “brave persone”  che assolvono i loro doveri religiosi con puntualità e compiono opere di bene senza tuttavia mai affrontare radicalmente i nodi cruciali della loro esistenza: come e perché credo? Come e perché faccio del bene? Potrei, saprei professare la mia fede anche senza quella diocesi che mi ha accolto e mi dà spazio, magari in mezzo a peccatori incalliti che non vanno mai in chiesa e conoscono Dio solo per l’uso verbale che ne fanno nelle loro bestemmie e imprecazioni o per l’uso strumentale che ne fanno nelle loro quotidiane richieste di denaro? Sarei capace di manifestare la mia fede, ora proclamandola a voce alta ora rinunciando ad argomentare o a replicare, anche in mezzo a gente che mi irride e mi disprezza? Sono veramente capace di squadernare persino le pagine più inconfessabili della mia coscienza dinanzi al prete che mi deve assolvere oppure mi confesso per sommi capi, genericamente o allusivamente, senza mai entrare esplicitamente nello specifico dei miei pensieri o atti peccaminosi?

I “puri di cuore” che vedranno Dio, insomma, sono gli onesti che sperano ma non sanno di esserlo, perché sempre rigorosamente (rigorosamente e non ossessivamente) in cerca dei propri limiti, difetti, inadempienze, colpe, e sempre ostinatamente alla ricerca di quel Dio la cui presenza infinitamente misericordiosa hanno pure di già sperimentato nella propria esistenza. Il puro di cuore non è colui o colei la cui fede dipenda da circostanze favorevoli o gratificanti di vita (un buon rapporto con il parroco, un rapporto particolarmente amichevole e affettuoso con altri parrocchiani, una vita tutto sommato serena o priva di scossoni traumatici, un ruolo da assolvere nella comunità ecclesiale, la possibilità di svolgere un’intensa e tranquilla vita di preghiera tra le mura domestiche o conventuali ben al riparo dai tumulti e dalle tragedie della vita reale o dalle assillanti e stressanti occupazioni del mondo esterno), ma è colui o colei che, per mezzo di una preghiera fervida e incessante e di una volontà orientata al bene, si sforza di rimanere “separato” dal mondo e dalle sue oggettive e spesso inevitabili preoccupazioni pur impegnandosi strenuamente in esso e nelle sue spesso soffocanti strettoie come testimone attivo di verità, come portatore responsabile ed efficace di giustizia, come operatore energico di pace.   

Maria è stata ed è pura di cuore perché tutto questo lo ha pensato, lo ha sentito, lo ha vissuto e lo ha fatto, perché è stata sempre vicino a Dio rimanendo sempre vicino all’uomo e ai suoi bisogni in uno spirito divino di verità. Maria, anche oggi, in un mondo come il nostro, in cui tutto viene dissacrato, l’amore banalizzato, l’innocenza dei bambini calpestata con comportamenti o modelli educativi  immondi o molto difettosi, le giuste esigenze dei singoli e dei popoli spesso ignorate o violate, non si limita a proporsi dall’alto della sua eterna e regale purezza come la Tutta Pura semplicemente da venerare ed emulare, ma si pone decisamente al fianco di coloro che ne chiedono l’aiuto, per sollevarli dalle loro difficoltà e sostenerli durante il cammino, per renderli capaci di essere degni seppur imperfetti testimoni del vangelo di Cristo e di lottare contro ogni iniquità interna ed esterna a se stessi al fine di santificare nel miglior modo possibile la propria vita e di contribuire a trasfigurare spiritualmente questo stesso mondo terreno.

Sempre intensamente vicina a tutti i sofferenti e gli esclusi, non fa mancare il suo materno incoraggiamento a quanti in modo disinteressato e onesto si battono per una moralizzazione e purificazione della vita personale e sociale, della vita culturale ed istituzionale e dei mezzi di comunicazione sociale. Pur comprensiva verso le debolezze umane di uomini e donne, ella tuttavia si schiera apertamente ed esclusivamente con coloro che senza ipocrisia e senza incertezze, all’interno e all’esterno della Chiesa istituzionale, recedono da condotte edonistiche e si impegnano a contrastare pratiche di vita immorali e basate sull’arbitrio, sul possesso, sul potere.

Tuttavia, poiché anche chi si trova sulla giusta via può sbagliare direzione, a Maria occorre rivolgersi soprattutto per chiederle di farci sempre capire dove sta il bene e dove sta il male specialmente quando accade di trovarsi coinvolti in situazioni obiettivamente ed altamente problematiche o confuse. Preghiamola perché la nostra castità assomigli un po’ alla sua castità, mai completamente data e mai completamente raggiunta se non nell’ottica della misericordia divina e della divina grazia. Preghiamola perché la nostra castità personale, pur non esente da periodiche cadute, resista alla tentazione di razionalizzare e giustificare il peccato che subdolamente cerca di insinuarsi (come il serpente tentatore) nella nostra vita, e sia sempre pronta ad individuarlo per tempo per non correre il rischio di convivere inavvertitamente con esso sino al punto di convincerci di essere in pace con Dio anche essendone già irrimediabilmente lontani.