Mancuso: rinnovare o distruggere la coscienza cristiana?
Il cardinale Inquisitore di cui parla Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov”, e tanto vituperato dal teologo pseudocattolico Vito Mancuso, non si inchina dinanzi al Cristo ritornato sulla terra ma lo fa imprigionare per condannarlo a morte. Di notte e di nascosto va a trovarlo in carcere e cerca di spiegargli perché egli è stato costretto a farlo arrestare e a condannarlo a morte: molto semplicemente perché se gli uomini di Chiesa, simboleggiati oltre che dallo stesso Inquisitore anche dai gesuiti e dal papa, non tenessero gli uomini assoggettati alla loro verità, alla loro dottrina, alle loro regole e ai loro divieti, quest’ultimi non sarebbero capaci di scegliere tra bene e male, perché la loro natura li porta a desiderare tanto cose buone quanto cose cattive, per cui essi tendono a delegare la scelta a chi appunto lo soggioga con il miracolo o lo sottomette con l’autorità, ovvero a quei pochi eletti come gli uomini di Chiesa che operano al loro posto, nel loro nome e per loro conto.
Ma, argomenta l’Inquisitore, non è per brama di potere che il ceto sacerdotale e religioso si assume la responsabilità della scelta quanto perché esso è intimamente convinto che, senza obbedienza alla sua autorità, né il popolo di Dio né la Chiesa stessa esisterebbero, dal momento che esso percepisce bene come un falso ogni congettura di trascendenza come la discesa di Cristo sulla terra e la sua promessa di una vita eterna. Tale ceto, dunque, esercita il suo potere proprio a favore di coloro che non sanno, e che se sapessero la verità andrebbero incontro alla disperazione, al fine di tenerli calmi e sereni e assumendo su di sé il peso interamente nichilistico della verità ovvero di una verità che in nessun caso e in nessuna forma può avere un valore oggettivo e assoluto.
Per l’Inquisitore e la Chiesa gerarchica il diavolo tentatore, il Satana che tenta Cristo nel deserto, aveva capito perfettamente come stavano le cose. E proprio per questo tenta di convincere Cristo a usare davanti a tutti e per fini terreni concreti e comprensibili i suoi poteri divini: perché solo cosí, e non con la croce, non con il suo sangue, avrebbe avuto sempre gli uomini dalla sua parte ed evitato storicamente la graduale deriva dei suoi ministri. Dopo averlo ascoltato, Cristo bacia l’Inquisitore perché, scrive Mancuso nel suo ultimo libro su “Obbedienza e liberta” 2012, egli «vede che il vero prigioniero è proprio il suo carceriere, racchiuso in una prigione non fisica ma mentale, da cui è molto più difficile uscire», dove, osserva Roberta De Monticelli (altra cattolica spesso ai limiti dell’eresia), «quel bacio è un varco offerto alla mente prigioniera dell’inquisitore» (Non è teologia se non ci libera, in “Il Sole 24 Ore” del 22 aprile 2012, p. 29).
In altri termini, per questa studiosa, da una parte c’è «l’istituzione che blocca la mente» e dall’altra «il nazareno che la libera». E, quanto ai libri scritti da Mancuso, essi sarebbero, secondo la suddetta accademica, in linea con il gesto di Cristo, «un bacio che brucia di un fuoco soave, “purificatore”, in cui possa incenerirsi l’“autorità” di una Chiesa costruita nei millenni sopra il “miracolo” e il “mistero”, per lasciar spazio all’“autenticità” cui Gesù richiamava l’anima (“svegliati, ragazza”)».
Bene. E’ necessario fare ora due considerazioni: una su Dostoevskij che, per quanto sia stato effettivamente uno spietato ed acuto indagatore del “sottosuolo” dell’animo umano e in tal senso meritevole di essere utilizzato anche da un punto di vista spirituale e religioso, aveva, se l’aveva, una religiosità sui generis, certo antitetica alla religiosità cattolica e romana, colpevole secondo lui di voler ingabbiare con i suoi schemi dottrinali e pastorali troppo rigidi la “libertà dello Spirito” che “soffia dove vuole”; e un’altra considerazione sul ragionamento di De Monticelli, che sembra riflettere una sorta di manicheismo, peraltro non estraneo allo stesso Mancuso, secondo cui da una parte c’è l’istituzione cattiva e dall’altra Gesù che libera da essa, cosí come da una parte c’è una Chiesa autoritaria fondata sopra “il miracolo” e il “mistero” e dall’altra la Chiesa buona da rifondare, cioè “autentica” e fondata esclusivamente sulla libertà di coscienza e sull’autonomia di giudizio dei singoli credenti.
Sono considerazioni da cui si evince chiaramente come resti del tutto incompreso sia il fatto straordinario che Gesù non è altro dalla Chiesa-Istituzione e non libera da essa ma agisce continuamente in essa e la libera progressivamente benché in modo non lineare ma piuttosto complesso e travagliato da tutto ciò che tenda ad allontanarla dalla verità ovvero da lui stesso, sia il fatto che la Chiesa non è certo autoritaria perché fondata sui miracoli e il mistero, che semmai le conferiscono autorevolezza e credibilità a cominciare dal più grande miracolo di tutti i tempi passati presenti e futuri che è la risurrezione di Cristo (completamente taciuta e misconosciuta dai due accademici suddetti), e che d’altra parte la libertà di coscienza e l’autonomia di giudizio nei e per i credenti cattolici hanno un limite invalicabile in Cristo, nei suoi insegnamenti e nei suoi comandi, tra i quali non c’è spazio, contrariamente a quanto arzigogola e reclama Mancuso, per talune “concessioni” in materia di bioetica, di morale sessuale, di prassi sacramentale, di ricerca sulle cellule staminali, di riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali.
Il che ovviamente non implica che tutto ciò che afferma la Chiesa non sia mai soggetto a limite o ad errore, come è dimostrato dal fatto che da un punto di vista etico e teologico e tranne che sui principali articoli o dogmi della fede stessa la dottrina della Chiesa venga talvolta evolvendosi nei secoli. Anche oggi, per un cattolico in buona fede è senz’altro possibile e lecito dissentire dalla gerarchia su alcune questioni, come per esempio la sua ostinata indisponibilità a ripristinare la prassi pure antichissima e propria di tutto il primo millennio di far accedere all’ordine sacerdotale uomini anziani sposati di provata fede e di sicura integrità morale. Ma, sin quando la gerarchia dice di no, si obbedisce e si va avanti magari continuando ad offrire umilmente i propri contributi innovativi.
Peraltro, quando Mancuso attribuisce alla Chiesa la responsabilità di aver tradito il senso originario dei vangeli, tende a dimenticare che la Chiesa è l’insieme di tante componenti o voci spirituali, certo unificate dal magistero ecclesiastico e pontificio sempre aperto beninteso ad acquisire tutti gli approfondimenti conoscitivi dell’annuncio evangelico che nel tempo dovessero essere favoriti dallo Spirito Santo, che in un modo o nell’altro e sia pure lentamente vengono attentamente vagliate, selezionate ed eventualmente integrate nel corpus dottrinario della fede. Forse che, al tempo in cui predicava Gesù, i vangeli, cioè i suoi annunci venivano sempre colti e compresi correttamente? Vedi Pietro, vedi soprattutto Giuda, vedi più in generale gli apostoli e la gente che lo ascoltava.
Cosí, se si vuole, può succedere anche oggi che i vangeli debbano essere ulteriormente capiti e approfonditi, ma è del tutto normale se si considera che la profondità della parola di Cristo-Dio è semplicemente abissale.
Certo, è fin troppo facile essere d’accordo con Mancuso, che non dice peraltro niente di nuovo, sull’errore delittuoso della Chiesa di bruciare gli eretici. Ma è altrettanto necessario ribattere all’elogio delle eresie fatto da Mancuso che quello di combattere le eresie è stato un merito e non un demerito della Chiesa, perché, come si può opportunamente notare, è l’ortodossia (confusa da Mancuso con il potere) che ha impedito che la fede trasmessa originariamente da Gesù ai suoi discepoli della Galilea venisse adulterata e resa irriconoscibile da molteplici, grossolane o subdole forme di eresia ispirate il più delle volte direttamente da Satana o, se si vuole usare un linguaggio più “laico”, da un’irrazionalità incontrollata che, presente in misura diversa nella mente e nel cuore di ognuno di noi, può produrre anche sul piano religioso effetti perversi e distorcenti. Anche in questo caso, naturalmente, non bisogna generalizzare, sia perché ci sono diverse categorie di eretici, sia anche perché non di rado capita che genuini e ardenti spiriti religiosi, in un primo tempo considerati eretici o a rischio di eresia, vengano poi ampiamente riabilitati e inclusi dalla Chiesa tra i suoi figli e i suoi migliori sostenitori.
Purtroppo, al momento, Mancuso e tanti suoi estimatori che si professano cattolici, pur continuando a parlare strumentalmente della Chiesa cattolica come della loro Chiesa, si pongono obiettivamente al di fuori di essa e contro essa, perché la loro presunta fede è fondata sul nulla, ovvero sulla sistematica negazione dei principali dogmi su cui è basata la fede in Cristo, e infine perché nel nome di una libertà di coscienza molto mistificata, e incapace di consigliare almeno di tanto in tanto l’obbedienza, essi non contribuiscono affatto “a rinnovare la coscienza cristiana” ma si propongono esclusivamente di “rifondare la fede cattolica” sino al punto di farla sparire. A quel punto avrebbero raggiunto il loro vero scopo: distruggere la Chiesa di Cristo. Ma, per fortuna, i veri cristiani sanno bene che extra Ecclesiam nulla salus.