Don Corsi, ti siamo vicini!

Scritto da Francesco di Maria.

 

Ma come, la Chiesa in vista delle prossime elezioni 2013 appoggia Monti che, già autore di una politica governativa assolutamente iniqua verso le fasce sociali più deboli della popolazione italiana, sembra aver ora presentato e proposto una nuova agenda politica totalmente in linea con quella precedente che andrebbe anzi ad intaccare ulteriormente le già esigue risorse economiche della stragrande maggioranza dei cittadini e in particolare di quei cittadini che non sanno più come soddisfare bisogni elementari o primari, e contemporaneamente non ritiene di manifestare il proprio sostegno morale e spirituale ad un suo sacerdote che, degno o non degno in assoluto al pari di tanti altri preti dell’abito che porta e del compito che gli è stato affidato, avrebbe avuto nientemeno l’ardire di dire nella sua comunità parrocchiale che anche le donne, con il loro modo di vestire e di parlare troppo disinvolto, con atteggiamenti fisici e mentali spesso disinibiti o decisamente trasgressivi in pubblico e in privato, con scelte di vita non di rado opportunistiche e discutibili, probabilmente concorrono allo scatenamento di quella violenza maschile in ogni caso ingiustificabile che sta abbattendosi in forme sempre più assidue e implacabili sulle donne stesse?

Ma come, dopo tante parole, omelie, convegni, atti magisteriali e documenti teologici e pontifici incentrati sul concetto per cui la Chiesa di Cristo non può non farsi concretamente e coerentemente carico delle necessità degli ultimi, la Chiesa oggi prende posizione a favore di un signore che per i più poveri non ha fatto e non farà mai assolutamente nulla, salvo poi a sostenere nel quadro di una stranissima e bizzarra teoria economica che i sacrifici cui oggi essi sono sottoposti produrranno domani (domani quando, quando saranno morti?) evidenti benefici per loro stessi, e tace o addirittura appare contrariata a causa delle dichiarazioni ritenute inopportune di un suo sacerdote che altro non ha compiuto, a ben riflettere, se non un atto doveroso di sapore inequivocabilmente e squisitamente evangelico?

Quando accade che la Chiesa si rende protagonista di scelte cosí poco ponderate e cosí poco coraggiose, il più umile e devoto dei cattolici si sente necessariamente soffocare e non può fare a meno di gridare: “Exsurge, Domine, exsurge!”.

Mettiamo qui da parte il rapporto tra Chiesa e potere politico, su cui si ritornerà con altri articoli, e limitiamoci semplicemente ad esprimere l’insofferenza di molti cattolici che trovano del tutto disdicevole che già una volta e per lungo tempo la gerarchia ecclesiastica abbia sostenuto il governo di un uomo per molti aspetti manifestamente inaffidabile anche se dotato di appeal politico e torni ora a commettere lo stesso errore dando fiducia ad un uomo apparentemente più sobrio e più saggio ma in realtà succube di convinzioni politiche, economiche e sociali, totalmente incompatibili con forme di diritto evoluto e di democrazia matura come con elementari princípi di equità e di giustizia sociale.

Se noi commettiamo l’errore di considerare Mussolini come l’“uomo della Provvidenza”, di avallare in qualche modo i crimini di un feroce dittatore come Pinochet, di contrastare l’Europa sulla sua politica culturale ed educativa di orientamento laico o laicista ma non soprattutto sulla sua politica economica e monetaria, di legittimare moralmente al governo uno straricco imprenditore come Berlusconi, di manifestare e reiterare la propria fiducia ad un accademico economista che ha passato tutta la vita a stretto contatto di gomito con i poteri forti dell’intero globo terrestre senza mai rinnegare le proprie scelte o modificare le proprie idee economiche e finanziarie, noi Chiesa stiamo commettendo e commettiamo troppi errori ed errori che, per le devastanti implicazioni che in prospettiva presentano, la Chiesa di Cristo, non solo dei papi ma sempre e soprattutto di Cristo che è il capo di tutti i pastori che si avvicendano storicamente alla guida del suo gregge, non si può più permettere. In nome di Cristo, basta, basta! Mi perdoni il mio Signore se questa supplichevole esortazione è originata dalla perfidia e non da spirito di carità!

Ma qui concentriamoci solo sul caso di don Piero Corsi, parroco di San Terenzo Lerici in provincia di La Spezia, ritenuto dai massmedia, da una buona parte dei suoi parrocchiani, dal suo vescovo e dal cardinale Bagnasco, responsabile di aver affisso sulla porta della sua chiesa un volantino, contenente in realtà un articolo sulle cause del femminicidio e pubblicato sul sito cattolico “Pontifex”, dal quale emergeva in sostanza un avvertimento di questo tipo: “Donne, cercate di non provocare gli istinti, datevi uno stile di vita più sobrio e psicologicamente meno invasivo e meno invadente, perché la violenza maschile sulle donne non è colpa esclusiva degli uomini ma talvolta o spesso anche di donne irresponsabili e portate a provocare fin troppo disinvoltamente i loro uomini e gli uomini in generale, con atteggiamenti arroganti e volti ad esasperare tensioni emotive già in atto. A questo si aggiunga che una sempre più diffusa incuria femminile produce risultati che sono sotto gli occhi di tutti come bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici, per cui se una famiglia fallisce e in essa si giunge persino al delitto, che è sempre e comunque da condannare e da punire con assoluta fermezza, è del tutto evidente che non di rado le responsabilità debbano essere attribuite sia all’uomo che alla donna”.

E poi, con specifico riferimento alla questione della violenza sessuale sulle donne, pare che sul volantino si leggesse quanto segue: «Quante volte vediamo ragazze e signore mature circolare per strada con vestiti provocanti e succinti? Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre e nei cinema? Potrebbero farne a meno. Costoro provocano gli istinti peggiori e poi si arriva alla violenza o abuso sessuale (che, si ribadisce, resta pur sempre roba da mascalzoni). Facciano un sano esame di coscienza: forse questo ce lo siamo cercate anche noi?».

In tutto ciò consiste il corpo del reato. Il vescovo mons. Ernesto Paletti, una volta scoppiato mediaticamente lo scandalo, definisce quelle che si leggono nel volantino “motivazioni inaccettabili che vanno contro il comune sentire della Chiesa”, il cardinale Bagnasco giudica puntuale, rigorosa e chiara la posizione del vescovo e suo ex pupillo, il sindaco di Lerici dichiara che quel volantino “ci lascia sbigottiti e ci indigna profondamente”. Naturalmente, si mobilitano immediatamente tutte le associazioni delle donne che, per bocca delle loro presidentesse, si dicono indignate per l’accaduto giudicando l’iniziativa del prete ligure gravemente lesiva della dignità femminile e funzionale alla istigazione contro le donne. Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, in linea con la pomposità delle sue generalità, giunge a chiedere addirittura l’intervento del premier Monti e finanche del papa.

Ma questo coro composito di indignados raggiunge il suo acme quando il sedicente gruppo cattolico progressista di “Noi siamo Chiesa”, generalmente polemico con tutto ciò che dice e fa la gerarchia episcopale cattolica, si associa in questo caso alla presa di posizione del vescovo e del cardinale emanando in data 27 dicembre 2012 il seguente comunicato: «Il testo affisso da don Pietro Corsi e le sue scomposte reazioni nei confronti della stampa (per esempio si legga l’intervista di oggi su “Repubblica”) sono espressione di una personalità priva di equilibrio e di controllo. Però portano a galla in forme esasperate posizioni culturali e sensibilità ancora presenti nella pancia di una parte non irrilevante del mondo cattolico, quello tradizionalista, bigotto e fortemente maschilista. E’ spiacevole constatare questa situazione. In questo senso sono eloquenti l’appoggio senza pudore a don Corsi da parte dei siti della destra cattolica “Pontifex” e “Sacrum Imperium”».

Allora, mi pare utile e doveroso fare le seguenti considerazioni: può darsi che la personalità di don Pietro Corsi (di cui non so null’altro al di fuori di questa sua iniziativa di parroco) sia “priva di equilibrio e di controllo”; può darsi che il suo cattolicesimo sia rozzo e retrivo; può darsi che non sia affatto irrilevante la parte bigotta e fortemente maschilista del mondo cattolico; può darsi che la solidarietà espressa al sacerdote ligure da siti della destra cattolica quali “Pontifex” e “Sacrum Imperium” sia ambigua e foscamente significativa.

Ma, poiché don Pietro Corsi è stato attaccato per aver sollevato come credente e come parroco la questione relativa alle cause della violenza maschile sulle donne, bisogna anche dire che: 1. aveva tutto il diritto di uomo, di cittadino, di prete e di parroco, di esprimere liberamente il suo pensiero su questo delicato argomento; 2. aveva il dovere di sollecitare i suoi parrocchiani, di cui presumibilmente conosceva bene il modo di pensare e di vivere, a riflessioni un po’ più profonde e meno scontate di quelle già confezionate dalla fabbrica massmediatica e da una cultura di facile consumo; 3. non è affatto vero, documenti magisteriali alla mano, che le motivazioni contenute nel volantino in questione siano, come sostengono vescovo e cardinale, “inaccettabili” e che esse vadano “contro il comune modo di sentire della Chiesa”; 4. che, nel merito, il problema della violenza contro le donne in questo nostro tempo è molto più complesso di quel che, talvolta colpevolmente anche da parte della stessa Chiesa, si vuol dare ad intendere; 5. che nella Bibbia e nei libri neotestamentari si trovano certamente alcune fondamentali risposte a tale problema e che alcune delle osservazioni del volantino affisso da don Piero sono certamente in linea con quelle risposte; 6. che pertanto gli attacchi di parte laica o laicista a lui rivolte sono del tutto infondati e pretenziosi sebbene indicativi dello stato di degrado in cui versa oggi l’umana intelligenza di maschi e femmine; 7. che è molto grave, e dovuta ad una sorta di inconscia e  codarda capitolazione davanti alle forze perverse che dilagano nel mondo, la decisione delle autorità ecclesiastiche di non sostenere adeguatamente un sacerdote per una vicenda per la quale questi non ha disonorato né il suo abito né la sua missione ma ha assolto, al contrario, il duro ma necessario compito di testimoniare, anche contro l’incomprensione e la malvagità di tanti di noi, la propria fede in Cristo.

Se tanta stampa e tanta cultura laiche, con l’incredibile complicità di tanta viltà cattolica, ritengono rispettabile il cristiano solo nei limiti in cui la sua fede non collida mai con fondamentali dogmi della cultura laica occidentale, tra cui va certo incluso quello dell’assoluta e illimitata sacralità del diritto femminile a vivere come meglio ritiene la propria vita e la sua stessa sessualità, è evidente che il difetto, il guasto non sono nei cristiani “non allineati” o “non normalizzati” ma esclusivamente nei loro critici laici e in quegli stessi soggetti cattolici, talvolta anche autorevoli, cui manca il coraggio di sfidare coerentemente il mondo nel nome e per conto di Cristo.

Ecco perché, fosse anche il più indegno dei cattolici, un uomo e un sacerdote come don Piero Corsi doveva e dovrebbe essere difeso energicamente da cattolici eventualmente più degni di lui e non abbandonato come un reietto persino da parte dei suoi “superiori”. Egli non intendeva affatto ferire le donne e calpestarne la dignità ma, al contrario, tutelarne l’onorabilità attraverso un paterno o fraterno invito, anche o essenzialmente a loro rivolto, a voler riflettere sui propri stili di vita per stabilire se essi siano sempre e totalmente estranei ai frequenti e ingiustificabili atti maschili di femminicidio o non concorrano talvolta e almeno in parte allo scatenamento di fatti delittuosi che hanno le loro vittime principali nelle donne.

Non appare né equilibrata né ragionevole la polemica della giornalista Jolanda Bufalini quando definisce sarcasticamente “ardita” la tesi sostenuta dal prete ligure, e cioè che le donne più anticonformiste e spregiudicate dovrebbero fare “autocritica” in quanto portate a “provocare” e a suscitare insane reazioni, e quando precisa che “forse don Piero è in cerca di una facile visibilità mediatica” in quanto non nuovo ad iniziative “grossolane e razziste” , come l’aver esposto in bacheca le vignette satiriche sui musulmani o l’essersela “presa con un clochard” e poi con gli omosessuali (in “L’Unità” del 27 dicembre 2012). Forse era il caso di specificare motivi o motivazioni che sono alla base di tutte queste iniziative, perché cosí in astratto non è possibile esprimere giudizi di nessun genere. E, tuttavia, sul fatto specifico che tanto chiassosamente gli è stato contestato, don Piero non deve vergognarsi proprio di nulla. E’ poi inutile qui passare in rassegna le critiche a Piero Corsi di altri importanti soggetti istituzionali o sociali, come per esempio quelle formulate dall’ex ministro “cattolico” Mara Carfagna o dal presidente dei radicali italiani Silvio Viale, perché lo scopo di quest’articolo di fede non è di offendere gratuitamente qualcuno ma solo di difendere un nostro fratello messo ingiustamente alla gogna.

In un paese occidentale e cattolico come l’Italia succede che un prete impegnato a richiamare le donne a condotte di vita più consone ai valori evangelici, perché di questo in sostanza si tratta, sia maltrattato e vilipeso e “scaricato” persino dai suoi compagni di fede, proprio mentre in altri paesi orientali o asiatici di religione prevalentemente islamica molte donne, umili e povere, vengono perseguitate e uccise a causa della loro adamantina fede in Cristo. C’è o non c’è da riflettere?        

Io, che penso di avere una sensibilità cattolica ed un orientamento politico molto diversi da quelli di siti come “Pontifex” e “Sacrum Imperium”, ho ritenuto di dover manifestare piena solidarietà verso un uomo, un fratello, un sacerdote cattolico che, sul punto qui esaminato, avrebbe meritato solo di essere ringraziato e confortato da tutti i suoi fratelli e sorelle di fede.