Le carceri, l'Europa e i cattolici
L’Italia ormai sembra destinata a perdere completamente la sua significanza statuale, la sua sovranità nazionale, la sua autonomia politica e governativa, la sua capacità di decidere nel rispetto e nei limiti della volontà espressa democraticamente dal suo popolo. Tutti sanno infatti che dal punto di vista economico- finanziario e fiscale la politica italiana è ormai da tempo al traino di quello che viene decidendosi altrove, in Europa e nel mondo, mentre molti di meno sono probabilmente quelli che hanno notato come l’invadenza mondialista ed europeista stia prepotentemente manifestandosi in tanti altri settori non meno delicati della vita civile italiana, dalla scuola alla problematica dell’immigrazione e dell’integrazione delle varie etnie, dai beni culturali alla raccolta dei rifiuti, dalla pesca ai prodotti alimentari e a tantissime altre cose, con annessa e connessa tutta una serie di indicazioni, raccomandazioni, avvertenze, divieti ed eventuali penalizzazioni monetarie in caso di inadempimento o trasgressione, per cui in realtà è come se le nostre autorità o i nostri poteri nazionali fossero ormai semplici succursali operative di un centro politico direttivo multifunzionale di natura transnazionale o meglio sovranazionale.
Una vera e propria entità politica sovranazionale non dichiarata, e tuttavia fermamente voluta da poteri tanto occulti quanto forti e determinati a perseguire scopi ben precisi e per nulla desiderabili, è venuta poco per volta costituendosi nel mondo e in Europa senza che nessuno praticamente se ne accorgesse ma ormai sempre più manifestamente determinante ai fini dei futuri indirizzi generali e del complessivo destino di tutto il pianeta.
L’ultimo effetto, in ordine di tempo, di questa progressiva “occupazione” mondialista dei territori nazionali e più segnatamente di una nazione come l’Italia, è costituito dalla “sentenza pilota” dell’8 gennaio 2013, emanata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, con cui l’Italia per l’appunto, a causa del sovraffollamento delle carceri e alle condizioni ambientali inaccettabili in esse presenti, è stata condannata per ripetuta violazione, si noti il termine “ripetuta” con cui si sottolinea come tale violazione sia reiterata nel tempo, dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani, il quale vieta la tortura e il trattamento inumano e degradante.
Tra gli addebiti che questa illuminata Corte europea muove al nostro Paese per ciò che riguarda le condizioni di vita dei detenuti figurano anche la mancanza di areazione e di luminosità, la scadente qualità di riscaldamento, il mancato rispetto di elementari esigenze igienico-sanitarie e una totale mancanza di intimità nelle celle. La Corte europea sembra muovere dal presupposto che in carcere si debba vivere come in una specie di complesso residenziale munito di normali abitazioni civili, ammesso e non concesso che tutte le abitazioni civili esistenti nel nostro paese siano dotate di tutti i confortevoli requisiti e di tutti i servizi enumerati in detta sentenza. Aria, luce, riscaldamento e magari aria condizionata nella stagione estiva: non c’è che dire, un carcere di questo tipo potrebbe risultare persino più gradevole dei tuguri in cui tanti condannati sono costretti a vivere prima di andare in carcere e anche dopo esserne usciti! Se poi si volesse aggiungere una bella palestra, una piscina climatizzata, con una mensa su cui vengono offerti cibi succulenti e vini raffinati, le carceri potrebbero essere non dico gradevoli ma meno dure da sopportare persino per tanti innocenti che sono vittime di clamorosi errori giudiziari!
Amaro sarcasmo a parte, nessun essere ragionevole e in possesso di un minimo di sensibilità vorrebbe negare ai detenuti delle carceri italiane condizioni più dignitose di vita penitenziaria. Ma è proprio vero che, se la situazione penitenziaria italiana è cosí grave come non solo l’Europa ma gli stessi organi politici e di informazione nazionali continuano a denunciare da anni, le cause sono da ricercare essenzialmente in una colpevole e retrograda incapacità dello Stato italiano di applicare e rendere efficaci precise norme di giustizia in ambito carcerario? E la disoccupazione galoppante, la sanità sempre più inadeguata, la scuola e la ricerca sempre più decurtate di mezzi finanziari, le pensioni di vecchiaia sempre più insufficienti a vivere, l’iniqua fiscalità, il mancato supporto alle piccole e medie attività imprenditoriali e aziendali? Lo Stato italiano, in definitiva, non è forse responsabile di aver non solo trascurato ma di aver persino aggravato la situazione complessiva della vita sociale, economica e produttiva nazionale?
Ma se questo è accaduto non è anche a causa delle pressanti e pesanti, sistematiche direttive economico-finanziarie impartite dall’Unione Europea ai nostri governi nazionali? Non solo: come mai questa Europa omnisciente che vuole mettere lingua su tutte le questioni nazionali, spiegando per filo e per segno cosa si può e si deve fare e cosa non si può o non si deve fare su questa o quella questione, che pretende di legiferare su tutto, imponendoci ogni volta oneri o vincoli finanziari, fiscali, giuridici, in virtù di una cultura “illuminata” forse più presunta che reale come può evincersi dal laicismo che la sostiene e che non di rado si protende in spericolate incursioni persino in problematiche di natura religiosa molto care ai cattolici, come mai questa Europa che si preoccupa tanto dei detenuti nelle carceri italiane, non si preoccupa affatto dei tantissimi giovani disoccupati in Italia e in tutti gli stati europei e impossibilitati a metter su famiglia o ad acquistare una casa sia pure modesta, delle concrete e miserevoli condizioni di vita in cui milioni di persone trascorrono la loro esistenza per mancanza di lavoro sicuro o redditizio o funzionale ad una produttiva valorizzazione delle risorse umane disponibili, di una situazione sanitaria sempre più carente e indecorosa, di quell’esercito di persone a cui per iniziativa delle stesse oligarchie europee è stato prolungato il periodo lavorativo o a cui sono state decurtate le pensioni e che vedono fortemente indebolito il loro tenore di vita e il loro potere d’acquisto? Quest’Europa che si preoccupa della vita dei carcerati e che non si preoccupa affatto della vita dei non carcerati non è forse un’Europa ipocrita e inattendibile?
Forse in Europa esistono carceri molto più spaziose, confortevoli e vivibili di quelle italiane, ed è auspicabile che anche in Italia si proceda ad una modernizzazione del mondo carcerario, ma come e per quanto tempo l’Europa politica potrà continuare a pretendere di sputare ipocritamente sentenze (è proprio il caso di dirlo) su questo terreno e a condannare l’Italia, già ampiamente vessata sul piano dei bisogni essenziali di massa, al pagamento di pesanti penali nel caso in cui restasse inadempiente? Con quali soldi le ammoderniamo queste carceri? Con quelli dei senzatetto, dei barboni, di anziani che non dispongono neppure del necessario per sopravvivere, o magari con quelli di un ceto medio italiano in via di dissolvimento e sempre più tartassato da ingentissime imposte e balzelli di ogni genere?
Non so se è chiaro: prima di ammodernare le carceri, bisogna chiedere che venga ammodernata la vita stessa delle persone che vivono fuori del carcere. Quando la società sarà umanizzata e resa più giusta nel rapporto tra capitale e lavoro, quando il profitto riacquisterà una finalità eminentemente sociale, quando il rapporto tra politica ed economia tornerà ad essere più equilibrato a vantaggio della politica e della buona politica, quando allora sarà consentito a molti di tornare a vivere di lavoro onesto e regolarmente retribuito e a disporre a condizioni ragionevoli di servizi e tutele sociali essenziali, anche nelle carceri forse ci saranno meno detenuti e si potrà comunque cominciare a mettere mano ad una significativa umanizzazione degli ambienti carcerari. Ma se l’Europa non ha tempo di aspettare, provveda essa stessa con i quattrini delle sue banche centrali e periferiche a riformare e a rendere più vivibile il mondo carcerario. E veda di non tirare troppo la corda, perché, come tutti sanno, potrebbe anche spezzarsi con imprevedibili conseguenze per gli attuali assetti di potere.
I cattolici non possono e non devono amare questa Europa ingiusta e dispotica, che tutto sembra incline a sacrificare al dio denaro, ma devono anche preoccuparsi, con una sagace e lungimirante azione politica ispirata ai valori evangelici, di togliere i forconi o le cariche esplosive dalle mani di un immane numero di nuovi e invisibili disperati, che non hanno più nulla da perdere, di questo decadente Occidente.