Il popolo greco e noi

Scritto da Francesco di Maria.

 

Circa due settimane or sono un noto accademico italiano descriveva la crisi economica della Grecia definendola senza mezzi termini come una vera e propria “crisi umanitaria” ed esprimendo giustamente un severo giudizio sull’indifferenza europea alle sofferenze del popolo greco (E. Galli della Loggia, La Grecia allo stremo in un’Europa indifferente, in “Corriere della Sera” del 2 febbraio 2013). Egli non mancava di sottolineare che quella crisi era stata determinata in notevole misura dall’irresponsabilità della classe dirigente greca: «per la corruzione, gli sperperi, l’evasione fiscale, l’inefficienza dello Stato, il clientelismo, che essa ha favorito e di cui ha goduto», benché gran parte della popolazione ne fosse stata complice traendone dei vantaggi. Ma subito dopo concentrava la sua attenzione sullo stato attuale della popolazione greca e scriveva: «questa popolazione sta precipitando in uno stato di disagio, spesso di vera e propria miseria, che sembra riportarci drammaticamente indietro nel tempo. Il 50 per cento dei cittadini greci vive sulla soglia della povertà o al di sotto di essa. Si calcola che 9 greci su 10 abbiano ormai cancellato le spese per il vestiario e le calzature». Il prezzo del combustibile, cosí continuava la sua descrizione, è salito alle stelle con la conseguenza che moltissimi impianti di riscaldamento non possono più essere accesi, i generi alimentari scarseggiano e possono essere acquistati a prezzi altissimi, l’acquisto del latte per i bambini è sempre più problematico e non è un caso che di tutti i paesi dell’Ocse la Grecia sia al primo posto per quanto riguarda il numero di bambini sottopeso, i greci infine rischiano letteralmente di morire a causa di tagli inimmaginabili e assurdi praticati sul sistema sanitario.

Tutto questo succede non «in una remota contrada dell'Africa o dell'Asia» ma «nella nostra cara Unione europea». Ed è qui che l’accademico citato lanciava il suo appassionato e sdegnato j’accuse: «ma che razza di unione è quella i cui membri, in gran parte, assistono nella più totale indifferenza alla sorte sciagurata che sta toccando ad un'altra e sia pur minore parte? Capisco il fiscal compact, infatti, la troika, e tutto il resto, capisco gli strettissimi vincoli che Bruxelles ha imposto al bilancio greco per tenerlo in carreggiata, ma è possibile che l'Europa cristiana e socialdemocratica — compassionevole e solidale come si conviene a chi si dice tale — che l'Europa cristiana e socialdemocratica i cui rosei e ben curati volti, le cui eleganti flanelle e i cui inappuntabili gessati ci allietano ogni sera alla Tv in presa diretta da qualche Commissione o da qualche Eurogruppo, non abbia da dire (e fare) nulla? Chessò: lanciare una campagna di raccolta fondi tra i cittadini dell'Unione, un invito alle organizzazioni umanitarie, alle Croci Rosse del continente perché mandino aiuti ad Atene, decidere una decurtazione del dieci per cento degli stipendi degli alti euroburocrati della durata di tre mesi per acquistare un po' di latte, insomma qualcosa? Possibile che centinaia di milioni di europei gonfi di cibo assistano imperturbabili allo spettacolo di pochi milioni di greci sull'orlo della fame? Lo ripeto: che razza di Unione europea è mai questa? Ed è ammissibile che a porre un tale interrogativo debba essere un giornale, solo un giornale?» (Ivi).

E’ una protesta sacrosanta, giustissima, doverosa. E’ grave che l’Europa cristiana e socialdemocratica cui si fa riferimento non avverta la necessità di mobilitarsi concretamente, in base a princípi di fraternità e solidarietà, a favore del popolo greco, anche se proprio tale immobilismo etico e politico denota forse un evidente deficit di fede cristiana e di sensibilità socialdemocratica e quindi un’esistenza puramente nominale di un’Europa cristiana e probabilmente nominale di un’Europa socialdemocratica. E non è certo ammissibile che sia solo un giornale, quello su cui scrive Galli della Loggia, a porre la domanda:  “che razza di Unione europea è mai questa?”.

Solo che la domanda non solo è retorica in sé ma è originata da un pensare e da un sentire puramente retorici, ovvero piuttosto deboli sotto il profilo logico e storico-politico, dal momento che, come si è visto, nonostante il grande slancio solidaristico, Galli della Loggia dice comunque di capire «il fiscal compact, la troika, e tutto il resto», ivi compresi «gli strettissimi vincoli che Bruxelles ha imposto al bilancio greco per tenerlo in carreggiata», vale a dire tutto quello che in realtà costituisce la principale causa della condizione di disgrazia e di miseria in cui è precipitato il popolo greco.

Bisogna certo aiutare chi è in difficoltà ma non si può aiutarlo solo pietisticamente bensí sforzandosi di sradicare le cause reali che hanno prodotto il suo stato di miseria e di asservimento. Sí, perché un popolo è certamente dissennato se spende e spande, se sperpera la sua ricchezza e i suoi beni, ma in nessun caso e per nessun motivo giuridico, economico, finanziario e politico, è lecito concedere che esso possa essere condannato nella sua interezza alla miseria, alla fame, al deperimento fisico-organico dei suoi membri, alla perdita della sua sovranità e della sua dignità: sia perché in realtà non è mai tutto un popolo che attua pratiche politiche, economiche e sociali dissipatrici e autodistruttive, ma solo piccoli gruppi élitari ai quali soltanto, per quanto eletti in rappresentanza di interessi sociali più diffusi, bisognerebbe chiedere conto del loro operato e comminare eventualmente pene adeguate, sia perché non è logicamente, moralmente e giuridicamente concepibile, se logica etica e diritto devono essere espressione di razionalità, che i criteri di calcolo, adottati da determinate oligarchie finanziarie internazionali per quantificare e fissare l’ammontare del debito pubblico di un popolo, possano essere cosí discrezionali e arbitrari da provocare addirittura l’inizio di una crisi umanitaria ancora più grave della precedente crisi economica e, per cosí dire, la progressiva decimazione di un popolo a cominciare dai suoi elementi più deboli. 

Ora, se uno (come Galli della Loggia) accetta l’Europa dittatoriale della finanza e degli istituti bancari internazionali, l’Europa feticisticamente attaccata alla moneta unica o euro, l’Europa formalmente comunitaria ma sostanzialmente egoistica degli Stati nazionali, ha veramente senso sdegnarsi per il fatto che oggi in Europa non si parli della Grecia allo stremo delle forze quasi a volerla rimuovere dalla coscienza politica europea? Se non ci si rende conto che delle oscure ma concrete potenze sovranazionali stanno tramando sempre più spregiudicatamente contro la libertà, il benessere e la sovranità di interi popoli, pur forse colpevoli di non aver saputo vigilare per tempo sull’uso e sull’amministrazione del denaro pubblico e su scelte governative reiteratamente funzionali al soddisfacimento di interessi non generali ma particolaristici, l’appello ad una mobilitazione cristiana e cattolica non rischia di trasformarsi in un appello troppo genericamente paternalistico, troppo sterilmente moralistico, troppo astrattamente umanitaristico, per poter incidere non tanto sulla sfera emozionale e sentimentale dei singoli o di ristretti gruppi di individui quanto proprio sui meccanismi oggettivi dei processi di espropriazione di massa oggi in atto, in misura sia pure diversa, in tutti gli Stati europei?

Certo che, nel frattempo, bisogna aiutare i greci a non morire, ma pensando al tempo stesso non solo ad assisterli bensí anche a liberarli (liberando contemporaneamente e preventivamente tanti altri popoli che potrebbero fare la stessa fine) dalla violenza di mercanti e banchieri internazionali senza scrupoli con annesse legioni di cortigiani e sostenitori specializzati. La fede cristiana produce necessariamente opere di carità ma le opere di carità sono efficaci e realmente gradite al Signore solo se compiute in uno spirito di radicale verità e quindi di radicale smascheramento del male e per fini sostanziali e non meramente propagandistici di giustizia. L’usura è immorale, è un reato, è un delitto? Se lo è, anche l’usura praticata da gruppi finanziari, banche, multinazionali e quant’altro, lo è, e non può né deve essere consentita. Questo il cristiano-cattolico ancor più del socialdemocratico non può non sapere e non può disattendere.

Sul web trovavo qualche giorno fa un articolo dal titolo significativo: L’Europa della vergogna nasconde la crisi umanitaria in Grecia. E’ forse utile citarne qualche brano: «L’Europa tace. Non vuole assolutamente riconoscere la crisi umanitaria greca causata dalle ricette che ha imposto ad Atene, come ad altri Paesi e perciò fa di tutto perché su questa storica vergogna cali il silenzio: i media in gran parte in mano a quei gruppi di interessi che hanno creato questa situazione si adeguano e danno versione ambigue ed edulcorate della situazione.

In Italia dove si vede chiaramente il risultato dell’applicazione delle medesime ricette imposte ad Atene, proprio non se ne parla, forse per non turbare la campagna elettorale a colpi di bugie e cagnetti di Scelta civica, un nome che grida vendetta già in sé. Anzi l’esecutore europeo per l’Italia, Monti, accusa Grillo di trascinare l’Italia verso la Grecia e fa finta di non vedere i guai che ha causato, compreso il calo ufficiale del Pil: un -2,7% nel 2012». A sua volta Grillo, questo “comico” coraggioso che, con tutti i suoi limiti, ha saputo dare voce alle preoccupazioni e alle giuste proteste di buona parte del popolo italiano contro un’Europa economica e finanziaria che viene sempre più manifestandosi come inedito, terribile e vorace Leviatano mai pago di divorare le risorse economiche di individui e popoli, replica che è proprio un uomo come Monti ad aver già cominciato a trascinare l’Italia verso la Grecia, posto che l’attuale destino di stenti di questa grande e civile nazione resti comunque intollerabile, per mezzo di “manovre” tanto rigide ed irrazionali quanto dannose ai fini di una ripresa dello sviluppo economico e dell’occupazione giovanile nel nostro Paese.   

La verità, per quanto non ammessa o non riconosciuta da soggetti come Monti e tutti i cosiddetti “bocconiani” che a lui fanno capo o si riconoscono sostanzialmente nelle sue posizioni, è che questi economisti di molto incerto valore scientifico coltivano l’intimo ed inconfessato convincimento che un punto di vista economico oggettivo e rigoroso possa anche giustificare il fatto che milioni e milioni di persone possano essere tartassate e spremuti a dovere da riforme economiche e fiscali particolarmente severe e pressoché insostenibili, quali quelle che già si sono tradotte e continuano a tradursi inesorabilmente nello smantellamento dello stato sociale e nella precarietà generalizzata, al fine di favorire il benessere senza limiti di determinate minoranze. Ma a rendere più pericolosa l’azione di questi signori, molto più attenti alle teorie economiche che non all’economia e alla vita reali delle persone, è l’insperato appoggio che, sia pure tra distinguo e precisazioni non sempre chiare e comprensibili, essi stanno ricevendo proprio alla vigilia delle elezioni politiche del 2013 da parte del leader del partito democratico italiano.

Bersani, infatti, riferendosi polemicamente alle proposte di Grillo, ha dichiarato quanto segue: «Io temo che il disagio possa portare al disastro. Su di lui si sta convogliando il voto di quanti sentono disagio di fronte alla politica», ma le proposte di Grillo che «dice di voler uscire fuori dall’euro, di non voler pagare il debito pubblico, di lavorare venti ore alla settimana, non portano da nessuna parte» (in “Il Messaggero” del 22 febbraio 2013). Non portano da nessuna parte come se le sue proposte invece, intellegibili solo per pochi, portassero da qualche parte! E poi, rivolgendosi a esponenti e militanti del Movimento 5Stelle, li ha invitati a preoccuparsi della democrazia, ivi compresa quella interna al loro movimento, definito sprezzantemente ora antidemocratico, ora fascista, ora populista, ora velleitario e privo di esperienza politica, quasi che lui, con quella caricatura di “primarie” effettuate mesi or sono in casa PD e consentite proprio allo scopo di poterle utilizzare poi strumentalmente e demagogicamente, costituisse un inequivocabile e degnissimo esempio di spirito democratico!

Dall’alto della sua molto presunta sapienza democratica, egli ha infatti parlato in questi termini: «date un occhio alla democrazia, perchè c'è morta la gente per difenderla; se non c'è democrazia è un guaio e lí dentro non c'è un sistema democratico», dove però non si può non osservare che, pur volendo concedere in via ipotetica che nel movimento nascente di Grillo la democrazia non sia ancora perfettamente praticata, la gente, a dire il vero, è morta anche per difendere tante conquiste civili, economiche e sociali, senza cui non si dà vera democrazia, che proprio il PD, in virtù della sua ancora in atto e ambigua “modernizzazione”, ha contribuito vergognosamente nell’ultimo quindicennio ad annullare o a depotenziare.

Né appare più convincente Bersani quando afferma che il problema della democrazia interna non possa essere risolto in un rapporto diretto tra Grillo e la piazza: «La piazza è ambivalente. La democrazia è il confronto diretto e aver deviato da questo meccanismo, con Berlusconi che è inamovibile, ci ha portato nel baratro. Per questo voglio fare una legge sui partiti e su questo non pensiate che il Pd molli di un millimetro» (Ivi). Frasi che, a prescindere dalla consueta enfasi demagogica e dalla gratuità del paragone di Berlusconi con Grillo, si dicono quando la piazza viene stabilmente occupata dagli avversari e se ne resta sempre più fuori!

Noi cattolici ci dobbiamo svegliare e, come testimoni della fede in Cristo e quindi anche in una società fondata sulla condivisione dei beni morali e materiali, non possiamo più dare il nostro sostegno a forze e a soggetti politici che si dichiarano sempre dalla parte del popolo proponendo però politiche ingannevoli e vessatorie finalizzate di fatto al potenziamento del grande capitale finanziario e al soddisfacimento di interessi privati sempre più ristretti ed esclusivi. Certo, domani il movimento di Grillo potrebbe deludere, ma oggi, anche per la ventata di entusiasmo e di speranza che è stato capace di portare nelle masse giovanili e in categorie più attempate di persone, è l’unica alternativa seria all’ineluttabile declino del nostro Paese e della stessa Europa. Vale forse la pena di fidarsi, sempre pronti domani a criticarne errori e prevaricazioni e a cercare, in Cristo, nuove e più genuine vie politiche di liberazione.