Il moderno Zaccheo

Scritto da Francesco di Maria.

 

Zaccheo, funzionario del governo romano di occupazione in Israele, aveva il compito di imporre le tasse e raccogliere i relativi tributi. In quanto “capo dei pubblicani” era anche molto ricco, come racconta il vangelo (Lc 19, 1-10) perché la legge romana lasciava spesso alla discrezionalità dei suoi esattori il potere di stabilire la misura della tassazione, già alta ai suoi livelli minimi, e questo consentiva soprattutto ai pubblicani di grado più elevato di arricchirsi personalmente ben oltre il lecito e le somme dovute all’erario. Zaccheo quindi, in virtù di una fiscalità molto esosa ed indeterminata qual era quella dello Stato imperiale romano, utilizzava il suo potere, che aveva i crismi della legalità, non solo per ottemperare a precisi obblighi di legge e quindi per riscuotere presso i sudditi ciò che era dovuto giustamente a Cesare ovvero allo Stato ma anche e soprattutto, per mezzo di una tassazione spesso arbitraria e iniqua, per fini personali di lucro. Il diritto romano era molto severo in materia tributaria verso i suoi sudditi e anche verso quegli esattori infedeli che abusavano del loro ruolo, salvo poi a lasciare a taluni di essi, con una legislazione non sempre chiara ed improntata a criteri di trasparenza amministrativa, la facoltà di commettere abusi a proprio vantaggio.

Ieri come oggi: se la politica non vigila, e soprattutto se non vigila non per semplice negligenza ma per calcolo o preciso interesse di parte, accade che il potere finanziario e fiscale dello Stato si dilati a dismisura sino ad ostacolare o a soffocare il normale sviluppo della vita economica reale e a gettare in condizioni di miseria e disperazione una moltitudine di persone. Se la politica, pur formalmente impegnata a garantire e perseguire il bene pubblico, si piega in realtà a più o meno occulte esigenze private, finisce per produrre molteplici iniquità e vergognose diseguaglianze economiche e sociali.

Zaccheo perciò rappresenta una figura moderna e oggi non meno odiata socialmente di quanto fosse odiato lui stesso. Egli rappresenta, a ben vedere, il potere finanziario e fiscale che tende ad autonomizzarsi dalla razionalità politica e dal puntuale e rigoroso controllo che essa è tenuta ad esercitare rispetto a tutto ciò che rientra tra i compiti del buon governo; il potere finanziario e fiscale che, opacizzandosi sempre più rispetto al potere politico, ne è sempre di meno una naturale articolazione funzionale per diventare sempre di più un potere a sé stante, un “potere forte” in grado persino di condizionare la politica e le sue scelte complessive. Zaccheo è, in altri termini, l’uomo rampante della grande finanza contemporanea, colui che quantifica i debiti altrui sulla base di criteri di calcolo del tutto unilaterali, inverificabili e arbitrari; colui che, indifferente ad ogni  preoccupazione di rispetto umano e di civile convivenza, non esita a ridurre i suoi simili in uno stato di indigenza e di schiavitù pur di dar corso alla sua incontrollata avidità e alla sua brama smodata di potere.

Questo moderno Zaccheo non è solo un uomo “piccolo di statura” ma è anche e soprattutto un piccolo uomo in senso morale, perché utilizza la cecità, l’incuria, l’incompetenza o la disonestà dei governanti e si fa forte della complicità politica dello Stato rispetto alle sue pratiche illecite o fraudolente, per speculare sulle difficoltà e sulle disgrazie dei sudditi o dei cittadini e per arricchirsi a dismisura alle loro spalle e persino alle spalle di quelle strutture statuali e amministrative di potere di cui quest’ultimi fanno parte e dalle quali dovrebbero essere protetti e garantiti contro abusi e prevaricazioni di qualsivoglia natura. Gli Stati contemporanei, naturalmente, sono organizzati molto diversamente dallo Stato imperiale romano, a cominciare dal fatto che la loro struttura è di natura democratica, ma, mutatis mutandis, la dinamica che porta il potere finanziario ad essere sempre altro dal potere politico e oltre il suo potere sanzionatorio, sembra essere la stessa.

Questo Zaccheo, che è un peccatore nel vangelo, è un peccatore più che mai nella civiltà umana del terzo millennio, non solo perché egli oggi si arricchisce molto più voracemente e rapidamente di quanto facesse duemila anni or sono ma anche e soprattutto perché di solito, al contrario di quel che era accaduto al pur ricco pubblicano evangelico, non appare neppure sfiorato dal dubbio e dal rimorso circa la possibile o reale illiceità delle sue pretese finanziarie e fiscali su debitori di qualsiasi estrazione economica e sociale e in particolare su quelli meno abbienti o al limite della soglia di sopravvivenza.

Nel racconto evangelico, Zaccheo è un funzionario formalmente ligio alle leggi dello Stato che gli impongono di fissare le tasse e prelevare i tributi ma in realtà è un mascalzone, un usuraio che applica la legge a suo piacimento e senza minimamente curarsi delle concrete condizioni di vita di coloro cui il prelievo erariale viene applicato. Però, nello stesso racconto evangelico, Zaccheo appare anche come un uomo ancora capace di porsi problemi di coscienza e di sentire il bisogno di cambiare vita in un quadro di profonda conversione spirituale e religiosa, come un uomo cioè alla ricerca di Dio.

Egli è un usuraio ma sa di esserlo, non cerca di negare l’evidenza o di giustificarsi con false o pretestuose motivazioni finanziarie o fiscali. Fa il male ma, essendo ancora in grado di distinguere tra bene e male, non lo giustifica e non lo camuffa con generiche, ambigue ed ipocrite motivazioni relative a ipotetiche o reali necessità di bilancio o di cassa, bensí si mostra pronto a riconoscere la stoltezza e la malvagità del suo operato. Per questo, nonostante sia odiato da tutti, corre impavido in mezzo alla gente cercando affannosamente di trasformare ed elevare il livello morale e spirituale della sua esistenza (questo è il significato simbolico del suo arrampicarsi su un sicomoro) al fine di poter vedere nitidamente la figura di Cristo, ovvero un’immagine o un modello alto di felicità, e anzi il modello più alto di felicità, e di liberarsi al tempo stesso da forme di felicità (la ricchezza, il potere, il soddisfacimento di bisogni meramente materiali e voluttuari) peccaminose e del tutto apparenti o illusorie.

Zaccheo sale sul sicomoro per vedere Cristo e farsi vedere nella sua colpevolezza da Cristo, per cercare al meglio delle sue possibilità la salvezza ma anche, con la sincerità e il coraggio di chi non vuole sottrarsi ai rimproveri e al giudizio del Salvatore, per confessare pubblicamente i suoi peccati e con la connessa speranza di poter chiedere perdono a Gesù e di ricevere un po’ della sua misericordia. Gesù conosce il cuore di Zaccheo, sa che egli è impegnato in un sincero e profondo sforzo di conversione e che non desidera più accumulare denaro ma essere in pace con se stesso e con Dio non danneggiando il suo prossimo al quale anzi è intenzionato ora a fare del bene, e allora non solo lo perdona e lo “salva” ma gli offre la sua amicizia dicendogli di voler andare a casa sua. Ed ecco che Zaccheo sigilla la sua conversione e il suo amore per Cristo con quelle stupende parole: «Ecco, Signore, io dò la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto»!

Altro che debito pubblico, patti di stabilità, fiscal compact, pressione fiscale, estorsione finanziaria di massa, rilancio dell’economia. Qui viene riconosciuta la prima e più basilare regola di ogni vera e sana economia: che l’economia non può prescindere dalla reale vita degli uomini e dalle loro effettive necessità, che la sua ratio consiste non già nei pareggi di bilancio, nelle inflessibili regole della contabilità finanziaria, nei rigidi criteri di una fiscalità oppressiva, nei lucrosi ma fraudolenti meccanismi del sistema bancario, nelle presunte necessità di una crescita economica illimitata, ma innanzitutto nel soddisfare sempre e comunque le necessità primarie di tutti e di ciascuno, nel non lasciare mai nessuno troppo indietro e cosí indietro da non poter sopravvivere o da non poter vivere dignitosamente.

Si badi: Zaccheo si converte e ottiene la salvezza pur senza cambiare professione. Egli continua ad essere un esattore, a maneggiare denaro, ma la differenza sostanziale è nel fatto che adesso svolge il suo mestiere in modo onesto e giusto e apre la sua vita ad una dimensione di carità e di altruismo sociale precedentemente ignorata. Perché mai il moderno Zaccheo non potrebbe fare altrettanto? Possibilmente per via di conversione e di convinzione spontanee e individuali come avvenne per l’evangelico Zaccheo, ma, se necessario, anche con l’apporto dell’opera persuasiva ed educativa di interi popoli anch’essi tradizionalmente chiamati ad esprimere la voce di Dio?

Oggi, basterebbe forse la presenza di qualche Zaccheo nei santuari dell’alta finanza internazionale, nelle segrete e tecnologiche stanze dei mercati finanziari, nelle burocratiche commissioni dell’Unione Europea, nei decisionali centri bancari e governativi di potere, per permettere al mondo di salvarsi dalla sua definitiva bancarotta materiale e spirituale, anche se i fedeli seguaci di Dio, con le loro preghiere ed il loro amore, potranno ugualmente salvarsi da ogni forma definitiva di perdizione.