Maria e papa Francesco
A giudicare dalle sue prime “uscite”, anche papa Francesco, in linea con i papi che l’hanno preceduto, sembra possedere una spiccata devozione mariana unitamente ad una altrettanto viva vocazione mariana. Fra le sue prime parole di pontefice neoeletto, molto significative sono quelle pronunciate il 13 marzo 2013 sulla Loggia della Basilica vaticana quando egli esprimeva l’auspicio che il cammino della Chiesa sotto il suo pontificato potesse rivelarsi fruttuoso ai fini dell’evangelizzazione a cominciare dall’«evangelizzazione di questa città tanto bella!», e quando concludeva il suo saluto di insediamento con un esplicito atto di venerazione e devozione mariane: «domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma».
Il cammino da intraprendere, spiegava il papa in data 14 marzo, riguarda tutti, i vescovi, il clero, i religiosi, tutto il popolo di Dio, e tale cammino consta in realtà di tre momenti: il camminare appunto perché bisogna sempre camminare in presenza e alla luce del Signore senza mai fermarsi, l’edificare perché ogni credente in Cristo dev’essere una pietra ma una pietra viva su cui si tratta appunto di costruire continuamente la Chiesa del Signore, il confessare perché un cammino e una edificazione senza confessare Gesù Cristo non servono a nulla per quanto possano essere in apparenza utili. Senza confessare Gesù Cristo come nostro capo, nostro re e nostro unico Dio, ha detto chiaramente il papa, noi potremo essere o diventare al più una organizzazione non governativa di tipo assistenziale ma non la Chiesa, non la Sposa del Signore.
Certo, sia il cammino, sia l’opera di costruzione, sia la volontà di confessare la nostra fede in Cristo non sempre saranno agevoli o lineari, e anzi è probabile che molto spesso essi siano difficili e tortuosi, soggetti a pesanti e logoranti condizionamenti interiori ed esteriori, ma d’altra parte essi hanno senso e valore solo se si ha la costanza di portare la croce. Infatti, ha scandito Francesco, «quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore…». Dunque, la Chiesa potrà andare avanti, non secondo il mondo ma secondo la volontà di Dio, solo se tutti i cristiani e i cattolici avranno il coraggio «di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso». Non ci sono mai stati, né ci sono e ci saranno mai, altri modi in cui la Chiesa possa svolgere la sua missione nel mondo e nella storia.
In mezzo ai suoi cardinali papa Francesco ha detto: «Proprio partendo dall’autentico affetto collegiale che unisce il Collegio Cardinalizio, esprimo la mia volontà di servire il Vangelo con rinnovato amore, aiutando la Chiesa a diventare sempre più in Cristo e con Cristo, la vite feconda del Signore. Stimolati anche dalla celebrazione dell’Anno della fede, tutti insieme, Pastori e fedeli, ci sforzeremo di rispondere fedelmente alla missione di sempre: portare Gesù Cristo all’uomo e condurre l’uomo all’incontro con Gesù Cristo Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo di ogni uomo. Tale incontro porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella gioia cristiana che costituisce il centuplo donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza….Abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr At 1,8)».
Tutto ciò è possibile in quanto ogni attività, ogni iniziativa, ogni movimento spirituale della comunità ecclesiale prenda a gravitare pur sempre intorno al principio petrino, che è un principio gerarchico, istituzionale, la cui funzione è quella di certificare e garantire nel tempo l’oggettiva santità della Scrittura, dei sacramenti, dei ministeri, della stessa gerarchia correttamente intesa e di altri elementi come il diritto canonico. Il principio petrino ha quindi la funzione di preservare la presenza non distorta di Cristo nella Chiesa e di proteggere la fede da sempre possibili deviazioni erronee. La sua, pertanto, è anche una funzione educativa in quanto cerca di rendere i fedeli simili a Cristo nella mente e nel cuore e di rendere autentico il senso profetico della loro fede.
Ma, a sua volta, il principio petrino vive anche di un altro principio, cioè di quello mariano, ovvero di quello spirito di servizio e di quello spirito profetico massimamente espressi da e in Maria attraverso il suo amore esemplare verso Dio e verso Cristo, nonché ovviamente verso quella loro creatura storico-istituzionale che è la Chiesa. Come già avvertiva Benedetto XVI nel 2006, «le due dimensioni della Chiesa, mariana e petrina, si incontrano in quello che costituisce il compimento di entrambe, cioè nel valore supremo della carità, il carisma ‘più grande’, la ‘via migliore di tutte’, come scriveva l’Apostolo Paolo».
Maria, sempre sottomessa alla volontà del Padre e del Figlio, non può non restare sottomessa alla Chiesa e all’autorità petrina su cui essa si fonda, restando per tutti i credenti modello insuperabile di obbedienza verso Pietro e verso la sua autorità; ma Maria, generatrice di Cristo, è anche il perfetto emblema di un amore totalmente libero ed incondizionato per il Signore, di un amore che nasce sul piano psicologico, esistenziale, spirituale prima ed oltre che su quello istituzionale della sinagoga di allora, teologico, liturgico, e di un amore che si riempie ogni giorno di sempre nuovi contenuti e significati non solo a contatto con una vita comunitaria o “ecclesiale” ristretta ma anche e soprattutto a contatto con la frenetica e complicata vita dell’intero mondo, per cui il principio mariano è questo principio di amore che genera nella stessa storia della Chiesa forme sempre nuove di vita, di santità e di spiritualità, che il principio petrino non solo non può ostacolare ma che deve, sia pure con la necessaria prudenza, valutare generosamente ed integrare nel quadro complessivo della prassi ecclesiale.
Tutto ciò ha inteso indubbiamente già riaffermare lo stesso papa Francesco sia nel ricordare che Maria è stata la prima missionaria del Figlio e la prima maestra di evangelizzazione, sia e di conseguenza nell’affidare «alla potente intercessione di Maria, nostra Madre, Madre della Chiesa, il mio ministero e il vostro ministero» di sacerdoti e di popolo di Dio. Sotto «il suo sguardo materno, ciascuno di noi possa camminare lieto e docile alla voce del suo Figlio divino, rafforzando l’unità, perseverando concordemente nella preghiera e testimoniando la genuina fede nella presenza continua del Signore».