"Mariage pour tous" o "mariage contre tous"?
E’ fatta. In Francia adesso c’è una legge che consente anche agli omosessuali di sposarsi e di avere figli sia pure in adozione o per mezzo di inseminazione artificiale. E voilà, les jeux sont faits. Questo è accaduto semplicemente perché moltissimi politici e buona parte dei media francesi hanno fatto propria la richiesta non già di tutti gli omosessuali ma di una ristretta minoranza di omosessuali che vivono e risiedono in Francia. Non appena approvata la legge, nel paese transalpino si sono scatenate accese polemiche e indignati movimenti di protesta che hanno coinvolto non solo i cattolici ma buona parte della stessa società laica francese.
Alcuni insigni psicanalisti francesi hanno osservato che la minoranza di attivisti omosessuali che hanno portato avanti le loro bizzarre idee con lo slogan “mariage pour tous” ovvero “matrimonio per tutti” hanno fatto evidentemente breccia tra molti politici solitamente sensibili per ragioni meramente opportunistiche ad un linguaggio sempre di moda, ovvero quello dell’ugualitarismo ideologico che è sinonimo di indifferenziazione e in questo caso di indifferenziazione tra i generi (L. Scaraffia, Su "Débat" psicanalisi e "mariage pour tous" . La trasmissione interrotta, in “L’Osservatore Romano” del 2-3 maggio 2013, che ne cita proprio le testuali parole).
Un linguaggio, dunque, che è stato accolto favorevolmente dai politici sebbene poi essi abbiano scritto nel Codice civile affermazioni prive di fondamento razionale e scientifico e grossolane banalità di cui chiunque può facilmente constatare la puerile consistenza.
Secondo questi intelligentoni della politica francese, infatti, non sarebbe più il caso di usare termini quali “papà” e “mamma”, perché considerati altamente discriminanti, ma sarebbe ormai opportuno usare un linguaggio più “neutro” in cui o con cui proprio quei due termini siano sostituiti da parole più rispettose e democratiche quali “congiunti” o “genitori” . Ma in particolare due psicanalisti come Vacquin e Winter hanno giustamente osservato quanto segue: «Il colpo di scopa ideologico capace di rovesciare secoli di uso e di sopprimere le parole che designano coloro ai quali noi dobbiamo la trasmissione della vita deve appoggiarsi su delle ambivalenze molto antiche e molto condivise per avere suscitato tanto entusiasmo» (Monette Vacquin e Jean-Pierre Winter, No ad un mondo senza sessi. Il bimbo ha diritto a padre e madre, in “Le Monde” del 5 dicembre 2012).
Da parte sua la cattolica Scaraffia nota: «Dobbiamo quindi considerare questa deriva come un sintomo e una rivelazione di qualcosa che agita le nostre società e che prende la forma del "politicamente corretto": cioè la confessione patetica di un mondo che non sa più ricevere, né trasmettere, né pensare, né gerarchizzare, né classificare. Ma che sa solo rompere e rivendicare. Per la nostra generazione sembra non avere mai fine l'esercizio di superare dei limiti o di distruggere ciò che li incarna, invece di trasmettere qualcosa alle generazioni successive. Cosa significa l'accanimento della nostra epoca contro tutto ciò che è trasmesso? Certo in questo si intravvede una sorta di dittatura delle minoranze. Ma nella legalizzazione del matrimonio per gli omosessuali non si vede, come rivendicano in tanti, un allargamento dei diritti umani a una minoranza oppressa, quanto piuttosto una riedizione delle utopie del Novecento già rivelatesi fallimentari: quella dell'ugualitarismo, che qui sembra voler cancellare la differenza costitutiva dell'umanità in maschi e femmine, e quella della liberazione da ogni intralcio nella realizzazione dei nostri desideri, se pure impossibili» (La trasmissione interrotta, cit.).
C’è qui, commentano i due psicanalisti francesi, un «diniego della differenza, “una donna è un uomo”, Freud lo chiamava diniego della castrazione. Ciò significa, nel gergo psicanalitico, che la castrazione non esiste, basta che io la neghi mentalmente perché la sua esistenza reale sia rifiutata»; c’è altresí una dicotomia: «da un lato, secoli e secoli di uso, che fanno sí che matrimonio e alleanza di un uomo e di una donna siano una cosa sola. Dall’altro, la rivendicazione di una minoranza di attivisti che sanno parlare il linguaggio che si desidera sentire oggi: quello dell’egualitarismo ideologico, sinonimo di indifferenziazione. E tale minoranza maneggia efficacemente il ricatto dell’omofobia, che impedisce di pensare» (No ad un mondo senza sessi, cit.).
In realtà, «omosessuali ed eterosessuali non appartengono a ranghi separati, come sembra oggi, ma condividono lo stesso mondo, ed è insieme che hanno il compito di prendersi cura delle istituzioni che strutturano e organizzano i legami fra gli esseri umani e fra le generazioni» (ivi). Ma i cittadini francesi, «cullati dai discorsi soporiferi sull'amore e la generosità, e accecati da supposti esperti che affermano che non sta succedendo niente di nuovo, hanno preso coscienza dell'arcaica violenza che è all'opera nella cancellazione di padre e madre e della nascita, nei documenti che stabiliscono la nostra identità?» (Scaraffia, cit.).
Un noto psichiatra italiano quale Bruno Renzi, che fortunatamente non ama il “politicamente corretto”, ha recentemente fissato, con grande lucidità e con particolare riferimento alla rivendicata possibilità che anche gli omosessuali possano crescere ed educare dei figli, un concetto essenziale alla stessa sopravvivenza della civiltà umana: quello per cui le persone gay non hanno il diritto «di impedire lo sviluppo delle vaste potenzialità che ogni bambino ha insite in sé. Se gli si negano le due polarità maschile e femminile, cioè il diritto di avere entrambi i modelli parentali, viene privato della possibilità di acquisire le dinamiche utili per la crescita. È a quell’età che i bambini creano dentro di sé le convinzioni su se stessi, la vita, il mondo, che determineranno tutto il loro futuro, e queste derivano da un genitore maschio e uno femmina. La famiglia non è quella omosessuale, “madre natura ne sa più di noi”».
Ed è non solo ma soprattutto in tal senso che le mariage pour tous fissato recentemente per legge in Francia rappresenta in realtà, sotto il profilo umano, etico-civile e spirituale, oltre che religioso, una grave sconfitta dell’umanità e, si potrebbe dire, un mariage contre tous.