Stupidità e pazzia nella Bibbia
Il discorso sulla stupidità e sulla pazzia è un discorso molto complicato ed impegnativo, non foss’altro che per la tendenza di ogni essere umano a ritenere stupide o folli cose, parole, persone o situazioni, non solo sulla base di criteri tendenzialmente oggettivi ma molto più spesso sulla base di criteri soggettivi molto opinabili e discutibili o decisamente privi di veridicità. Capita infatti frequentemente che cose intelligenti vengano scambiate per cose stupide o che atteggiamenti stupidi vengano scambiati per manifestazioni di grande intelligenza, oppure che giudizi e comportamenti folli vengano interpretati come espressioni di anticonformismo o originalità e che viceversa modi di ragionare e di vivere molto rigorosi e misurati anche se permeati da profondo senso di umanità e giustizia siano percepiti alla stregua di modelli non solo sbagliati ma addirittura paranoici e pericolosi di pensiero e di vita.
Ci sono persone economicamente, socialmente e professionalmente altolocate e oltremodo stimate che in realtà sono stupide o folli perché fondano la loro esistenza e il loro successo su concezioni e pratiche di vita oltremodo rozze, strumentali e meschine, se non addirittura ciniche e indifferenti ad ogni valore umano ed etico-civile, e ci sono persone modeste o totalmente irrilevanti dal punto di vista del reddito personale e della capacità di essere influenti sul piano politico o finanziario che invece, pur scambiate per gente dabbene e disadattata o decisamente matta per via delle loro idee semplici ma franche e non allineate con tanti luoghi comuni e credenze della cosiddetta pubbblica opinione nonché per via di stili di vita talvolta decisamente conflittuali con il comune modo di vivere, meriterebbero di essere considerate e stimate quali persone sagge, virtuose e umanamente utili se non anche preziose.
E’ poi evidente che, nel corso di un’intera vita, non c’è nessuno che non commetta sciocchezze o non si renda autore di gesti o atti inconsulti o in qualche modo censurabili, o non resti vittima della propria stupidità e di scelte personali irragionevoli o irrazionali. Gli stessi cattolici non ne sono resi necessariamente immuni dalla loro fede. Insomma, la casistica delle forme di stupidità e di pazzia, a parte quelle che non rientrano in questa disamina avendo a che fare con fenomeni di disabilità intellettiva e psichica o mentale, è certamente molto complessa, ampia e variegata. A tali forme inoltre bisogna aggiungere anche le forme di stupidità e di pazzia proprie di ogni potere costituito, non escluso quello religioso e culturale, che non di rado producono effetti esattamente contrari a effetti desiderabili o convenienti quali sono quelli che i diversi poteri istituzionali dovrebbero voler perseguire.
In senso generale, tuttavia, si può dire che, per usare la definizione di uno studioso di questi fenomeni, «lo stupido è colui che ripete inconsciamente i propri errori, è incapace di correggerli, regolamentarsi. Non è in grado di scegliere che strada imboccare. Molti fattori del comportamento umano, intrinsecamente diversi dalla stupidità, possono contribuirvi» (Carlo Maria Cipolla, "Le leggi fondamentali della stupidità umana", in Allegro ma non troppo, Bologna, Il Mulino, 1998).
Proprio sulla base di questa specifica connotazione umana e morale della stupidità, Dietrich Bonhoeffer, figlio di un eminente psichiatra berlinese e ormai rinchiuso in un campo nazista di concentramento, era convinto che, in relazione al problema del bene morale e del bene comune, «la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità» perché contro «il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza…Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali semplicemente non si deve credere - in questi casi lo stupido diventa addirittura scettico - e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti…Non tenteremo mai più di persuadere lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa» (Resistenza e resa, Queriniana, 2002).
Non la si può spuntare con la stupidità e la pazzia che spesso vi si accompagna se non conoscendone l’essenza, pensava il teologo tedesco, e muovendo dalla consapevolezza che esse sono difetti che non hanno a che fare con «l’intelletto» ma con «l’umanità di una persona. Ci sono uomini straordinariamente elastici dal punto di vista intellettuale che sono stupidi, e uomini molto goffi intellettualmente che non lo sono affatto» (op. cit.).
Un’ulteriore possibilità, non esclusa o ignorata da Bonhoeffer, è naturalmente quella per cui si possa essere stupidi contemporaneamente sia sul piano intellettuale che su quello comportamentale e morale, ma resta probabile che la stupidità abbia un’origine prevalentemente morale, dal momento che, se un individuo intellettualmente capace ha senz’altro facoltà di esercitare la sua volontà al fine di evitare una sistematica caduta in inconfondibili manifestazioni di stupidità, un individuo di più limitate capacità intellettuali potrà evitare la stupidità del suo modo di essere solo se vorrà impegnarsi sul piano morale, sia pure sulla base di mezzi intellettuali non particolarmente elevati, proprio al fine di evitarla.
A dire il vero, Robert Musil, in una sua conferenza del 1937 in cui veniva facendo osservazioni molto acute sul tema della stupidità, osservava che, mentre lo stupido non può fingere di essere intelligente, perché prima o poi e in un modo o nell’altro la sua indole viene inesorabilmente in superficie, la persona intelligente può talvolta fingersi stupido e usare entro certi limiti la stupidità come arma di difesa o come strumento con cui sia possibile “disarmare” o attenuare la diffidenza o la tendenziale ostilità altrui. Questo varrebbe soprattutto per coloro che, preoccupandosi più per i propri congiunti o il proprio gruppo di appartenenza che per se stesso, abbiano a che fare con un padrone, con un capufficio dispotico, con un dittatore politico, o che comunque versino in posizioni umanamente, economicamente, socialmente o politicamente “subordinate”.
Poi esistono anche, notava Musil, soggetti realmente stupidi che però si ritengono molto intelligenti e che pensano di non poter passare per stupidi semplicemente sforzandosi di non dire apertamente di essere intelligenti. Costoro, se proprio costretti a parlare della propria intelligenza, scrive Musil, «usano perifrasi della serie: “Non sono più stupido di tanti altri”. Preferibilmente si fa osservare con tono il più possibile distaccato e oggettivo: “Di me posso ben dire di avere un’intelligenza normale”. A volte la convinzione della propria intelligenza si legge tra le righe, come nelle espressioni: “Ca nisciun’ è fess” o “Non mi farò prendere per scemo”. Ancora più degno di nota è il fatto che non è solo l’uomo comune nel proprio intimo a pensarsi dotato di molta intelligenza, ma anche l’uomo che agisce nella storia appena ne ha l’occasione dice o fa dire di sé [dai suoi servi] che è oltremodo intelligente, illuminato, degno, sublime, misericordioso, eletto da Dio e chiamato dalla storia. Poi, lo si dice volentieri anche di un altro, del cui lustro ci sentiamo rischiarati di riflesso» [Sulla stupidità (o sull’inconscio), Conferenza tenuta a Vienna l’11 marzo 1937 e ripetuta il 17 marzo 1937 su invito della Österreischer Werkbund, ovvero “Organizzazione austriaca del Lavoro” fondata nel 1912].
Come si vede, le varianti della stupidità possono essere molto numerose se non infinite e, per questo motivo, può darsi che ad oggi non proprio tutte le possibili forme di stupidità e di pazzia siano completamente note o perfettamente descrivibili. Anche nella Bibbia stupidità e pazzia non godono certo di buona fama, tranne che in quei casi in cui esse vengono evocate polemicamente per sottolineare come a volte il mondo consideri stupidi e pazzi uomini giusti che, in antitesi a idee erronee e a falsi valori pure imperanti nel mondo, parlano e agiscono nel nome e per conto di Dio essendo effettivamente abitati dallo Spirito Santo. La Bibbia deplora e condanna tutte le manifestazioni umane di stupidità e di follia nella loro specifica accezione morale e spirituale. Non è qui possibile elencarle tutte ma si può almeno dire che in essa e in particolare nelle espressioni di Gesù lo stupido è lo stolto, ovvero una persona che dimostra di non usare correttamente l’intelligenza di cui dispone, di essere in questo senso ignorante o ipocrita o egoista o malvagio o precipitoso o incredulo oppure anche tutte queste cose insieme.
Biblicamente lo stupido può essere tutto tranne che saggio, tranne che capace di discernere e giudicare, ragionevole o avveduto. Pare che, secondo la Bibbia, ci siano 45 modi di essere stupidi. Per esempio, è uno stupido chi non accetta la giusta critica o il rimprovero meritato (Pr, 12, 1); chi si irrita contro Dio o si rifiuta di conoscere Dio (Pr 19, 3 e Ger 4, 22), chi non cerca il Signore con il cuore ma solo con la bocca, chi non crede alle sue parole o non le mette in pratica (Ger 10, 21, Lc 24, 25 e Mt 7, 26), chi in modo pregiudiziale e per una sorta di autosufficienza da cui appare affetto non accetta consigli, chi pensa di avere sempre ragione (Ec 4, 3 e Pr 12, 15), chi confida nel proprio cuore e chi parla a vanvera (Pr 28, 26 e 17, 18), chi promette e non mantiene (Ec 5, 4), chi si offende facilmente (Gb 5, 2), chi ama la pigrizia (Ec 4, 5), chi non si prende cura della sua famiglia (Pr 14, 1), chi non sa controllare la propria ira (Pr 12:16 e 29:11), chi dimostra superbia o non sa amministrare il proprio denaro (Pr 14, 3; 17, 16 e 21, 20), chi accumula ricchezze senza preoccuparsi del bene della sua anima o chi arricchisce ingiustamente (Lc 12, 20; Paolo 1Tim 6, 9; Ger 17, 11), chi abbandona il suo gregge (Zc 11, 17), chi nega che gli stolti o gli empi dovranno pagare prima o poi un conto molto salato (Sl 92, 6-7).
La stupidità è avversata nella Bibbia più della stessa malvagità allo stato puro, perché anzi proprio la stupidità è una delle principali cause della malvagità intesa nelle sue diverse forme o espressioni. Essa, infatti, crea confusione e discordia in modo del tutto ingiustificato. Lo stupido spesso coincidente con il pazzo, da intendersi qui legittimamente nel suo senso più spregevole, è capace di innescare una lite o una guerra per motivi completamente futili o banali: la stupidità come la follia, si legge, «è una donna turbolenta, sciocca, che non sa nulla” (Pr 9, 13) e il folle «è un orgoglioso e non sa nulla; ma si fissa su questioni e dispute di parole, dalle quali nascono invidia, contese, maldicenza, cattivi sospetti» (1Tim 6, 4), per cui occorre fare di tutto per evitare, ove sia possibile, «le dispute stolte e insensate, sapendo che generano contese (2Tim, 2-23). La Parola di Dio qui è molto chiara e imperativa: «Vattene lontano dallo stolto; sulle sue labbra certo non hai trovato scienza» (Pr 14, 7) e poi: «non rivolgere la parola allo stolto, perché disprezzerà il senno dei tuoi discorsi» (Pr 23, 8).
Dunque, la Parola di Dio ci autorizza a chiamare noi stessi e gli altri sciocchi, stolti, stupidi o folli in molte circostanze e tutte le volte che non solo pecchiamo ma giungiamo addirittura a confondere il vero con il falso, il giusto con l’ingiusto, la ragionevolezza con l’insensatezza, e a non accorgerci neppure del male che cosí facendo commettiamo. Tanto più la Parola di Dio ci obbliga a qualificare come stupide e folli le tante insensatezze umane e le molteplici forme di umana stupidità quanto più si pensi che, come recita l’Ecclesiaste (1, 15), «il numero degli stolti o degli stupidi è infinito», quindi non un fenomeno limitato o marginale ma realmente imponente.
Nei confronti della stoltezza umana come di questo o quello stolto che abitino nella nostra casa o nella nostra comunità religiosa, culturale, civile e politica, non bisogna biblicamente avere riguardi né esitazioni di alcun genere, anche per evitare che gli stupidi, non sentendosi mai riprendere da nessuno, pensino di essere davvero intelligenti o originali e continuino a seminare ignoranza, maldicenza, falsità, odio e violenza dovunque mettano piede o bocca. Per la Bibbia e per lo stesso vangelo la stupidità deve essere denunciata e opportunamente contrastata. Recitano ancora significativamente i Proverbi: «La saggezza riposa nel cuore dell’uomo intelligente, ma in mezzo agli stolti deve essere resa manifesta» (Pr 14, 33), e san Pietro scrive senza mezzi termini: «Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti» (1Pietro 2, 15).
Ma, se le cose stanno cosí, come bisogna interpretare quel celebre passo evangelico in cui Gesù dice: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geenna» (Mt 5, 21-22)? Sembrerebbe che il Signore riservi un crescendo impressionante di pene a chiunque pronunci le parole sprezzanti, gli insulti gravemente lesivi dell’altrui dignità, che compaiono appunto nel testo citato. Ma, in realtà, è necessario qui come in tanti altri luoghi biblici ed evangelici contestualizzare il ragionamento di Gesù per coglierne correttamente il senso e per non rischiare di alterare gravemente il significato preciso delle sue parole e dei suoi moniti.
Gesù ha appena finito di parlare alle folle delle beatitudini e, subito dopo, cioè dopo aver parlato in favore dei poveri di spirito, degli afflitti, degli umili di cuore e dei mansueti, degli affamati e assetati della giustizia in genere e della giustizia divina in particolare, dei misericordiosi, dei puri di cuore ovvero anche o soprattutto di coloro che si sforzano di vivere strenuamente in modo onesto e di riconoscere sempre la verità delle cose senza fare eccezione per le colpe o gli errori propri, degli operatori di pace, dei perseguitati e gli oltraggiati di qualsivoglia natura, insomma di tutti coloro che soffrono a causa della cattiveria o dell’indifferenza umana, ricorda tutte queste cose ai suoi discepoli aggiungendo alcune precisazioni: che le cose da lui dette essi dovranno ripeterle e diffonderle nel mondo intero testimoniandole con la vita sino al punto di essere sale della terra e luce del mondo (Mt 5, 13-14); che, nel dire le cose appena dette, egli non intende abolire ma dare compimento alla Legge e ai Profeti e che la Legge stessa ha e avrà in lui stesso il suo compimento (5, 17-18), per cui i suoi insegnamenti sono da intendersi come completamento e arricchimento e non come negazione o sostituzione dei grandi precetti mosaici, che per questo restano i precetti generali e dunque “massimi” della stessa volontà di Dio; che tuttavia i suoi insegnamenti e precetti, che per quanto “minimi” rispetto a quelli “massimi” già ricevuti sul monte Sinai da Mosé perfezionano la giustizia di scribi e farisei troppo spesso portati ad un’interpretazione unilaterale e riduttiva o spropositata delle leggi divine e ad un formalismo religioso non di rado intriso di ipocrisia, dovranno essere “osservati e insegnati” da chi vorrà essere “grande” e non “minimo” nel regno dei cieli, ovvero da chi vorrà entrare in esso e non restarne escluso, perché, si legge testualmente, «se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (5, 19-20).
Ed è a questo punto che cadono i celeberrimi ammonimenti di Gesù: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna» (5, 21-22). Ovvero, è come se Gesù dicesse: non pensate, in modo più o meno farisaico, che si debba arrivare ad uccidere qualcuno per essere colpevoli agli occhi di Dio, perché si è già in stato di grave peccato se ci si arrabbia o ci si adira con coloro che rientrano tra “i poveri di spirito” del Signore, con coloro cioè che si sforzano di vivere alla luce delle sue “beatitudini” e di confidare oltre ogni avversità nella sua misericordia confortatrice e nella sua giustizia liberatrice. Chi dà dello “stupido” o del “pazzo” alle creature in cui agisce lo Spirito Santo e che sono pertanto le più gradite al Signore, commette peccato non ancora direttamente ma certo indirettamente contro lo stesso Spirito Santo e, persistendo tale suo comportamento dissennato, non potrà quindi contare né sul perdono divino né sulla vita eterna essendosi escluso da solo dalla vita stessa di Dio.
Certo, c’è ancora una possibilità di salvezza: quella per cui chi si renda artefice di tali misfatti, sia nel caso in cui si tratti di un “laico” sia nel caso ancora più clamoroso e ripugnante in cui si tratti di un “sacerdote” cioè di un “ministro di Dio”, si affretti a scusarsi di cuore con i fratelli offesi provvedendo a farsi attivamente carico delle loro necessità materiali e spirituali. Infatti, si legge: «Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (5, 23-24). Laddove è tuttavia evidente che, ove ci si rifiuti volontariamente sino alla fine di accettare l’opera di salvezza che lo Spirito Santo vuol compiere nel nostro cuore, magari persino presumendo che il proprio comportamento possa essere approvato o compreso da Dio, tale peccato, come dice Gesù, non potrà essere perdonato.
Dunque, come ben si vede, in relazione al tema di cui si è trattato, non è che Gesù abbia fatto divieto genericamente e astrattamente di parlare di “stupidità” o di “pazzia”, ma tale divieto si riferisce specificamente ed esclusivamente a quanti ritengono di poter irridere impunemente ai veri seguaci di Gesù, vale a dire a tutti quelli che, prendendo sul serio le beatitudini evangeliche, ne fanno il criterio unico e fondante della propria esistenza nelle diverse situazioni in cui siano chiamati dal Signore a vivere e ad impegnarsi sino all'estremo sacrificio di sé. Se il mondo è pieno di imbecilli e di idioti, non è che amare il vangelo significhi dare ad intendere che anche per gli imbecilli e gli idioti recidivi o incalliti e quindi incapaci di pentimento e di conversione ci sarà spazio nel Regno di Dio, perché il Regno di Dio accoglierà i semplici non gli imbecilli, i poveri di spirito non gli idioti che si fanno beffe vita natural durante dei santi insegnamenti di Cristo o restano ad essi indifferenti fino al termine della propria esistenza.
Anzi, Gesù dice che, persino chi, pur ascoltando le sue parole, «non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stupido che ha costruito la sua casa sulla sabbia» (Mt 7, 26). Che è come dire: anche voi che vi dite cristiani, che vi dite cattolici, siete avvisati; perché, se non vi sforzerete con la mente e col cuore di pensare e di vivere secondo le mie parole e le verità che esse esprimono, sarete stati simili a quegli stupidi e a quei pazzi che pensano di poter combinare qualcosa di buono per sé e per gli altri anche senza di me.