La Sacra Rota: tribunale di Dio?

Scritto da Cristiano Benvoglio.

 

Monsignor Pio Vito Pinto, posto da Benedetto XVI il 22 settembre 2012 alla guida della Sacra Rota, disse in apertura dell’anno 2013, proprio al cospetto del pontefice che lo aveva nominato: «La Rota Romana è chiamata a dare un contributo perché l’istituto matrimoniale resista al pericolo della perniciosa relativizzazione della disciplina canonica che offende l’integrità e l’unità cattolica del corpo di Cristo». Niente più annullamenti «facili», insomma, proprio in ossequio all’esigenza espressa dal papa. In particolare, la preoccupazione del papa e, almeno formalmente, del suo nominato, era che nel tribunale vaticano potesse affermarsi stabilmente una certa prassi secondo cui, per ottenere la nullità di un matrimonio, sarebbe sufficiente la constatazione del suo fallimento, mentre in realtà il tribunale cattolico in parola è tenuto semplicemente e preliminarmente, ai fini della nullità, a stabilire se sussistano le condizioni oggettive della nullità medesima.

Si scopre, tuttavia, che, da quando è in carica, anche monsignor Pinto ha avuto l’ingrato compito, forse suo malgrado, non solo di annullare un cospicuo numero di matrimoni ma anche di annullarli con motivazioni risibili. E’ il caso di lasciar parlare il giornalista che recentemente ha rilevato come ogni anno la Sacra Rota esamini mediamente 1500 cause e come molte di queste cause si concludano con l’accettazione della domanda di nullità. Motivazioni e storie di nullità, si legge, sono “spesso pittoresche”.

E infatti c’è «la ragazza avviata alla vita religiosa che resta incinta, chiede lumi al padre spirituale e si sposa: nozze nulle per la mancanza di libera scelta (sposata “per scrupolo di coscienza accompagnato da gravi ansie e tormenti interiori”). Nullo il matrimonio del carabiniere che fugge con una minorenne e poi viene costretto “con minacce di vario genere” a sposarsi. Nullità per le nozze del “convinto ecologista profondamente angosciato dal rischio ambientale che considerava un atto irresponsabile mettere al mondo figli”. Altre cause di nullità: “Eccessivo amore per il proprio lavoro, vissuto in una situazione di generica impreparazione nell’assunzione degli obblighi derivanti dal matrimonio”, “disturbo misto dipendente-istrionico di personalità”, “disturbo distimico di personalità associato a disturbi psicosessuali”, “disturbo di personalità isterica con tratti narcisistici”, “immaturità psico-affettiva associata a nevrosi di natura sessuale”, “disturbo di dipendenza sessuale”. In una sentenza il matrimonio (senza prole) è sciolto “per le profonde differenze caratteriali e la mancanza d’amore, confermata dall’attrazione nei confronti di un’altra donna”» (P. Conti, Il monsignore che annulla i matrimoni, in “Il Corriere della Sera” del 27 ottobre 2013).

Ma a chi scrive risulta che le motivazioni con cui vengono annullati determinati matrimoni non si limitano a quelle pur numerose e impressionanti che sono elencate dal giornalista esperto in materia. Per esempio, anche certi matrimoni con prole vengono sciolti perché quasi sempre il marito lamenta che dieci anni prima, alla vigilia del matrimonio, aveva dovuto sposare una donna solo perché troppo condizionato psicologicamente dai genitori di lei!

Poi naturalmente, tra le cause di nullità, ci sono anche i “mariti mammoni” oppure uomini e donne, mariti e mogli, che sarebbero affetti da “grave difetto di discrezione di giudizio”, motivazione questa che figura non di rado in calce alle sentenze di annullamento e che fa generalmente «riferimento all'immaturità affettiva di coniugi spesso dotati di uno smisurato amor proprio, o gelosi fuori misura, o inclini all'eccessiva autonomia, o con una abnorme tendenza a mentire, fino alla “simulazione del consenso”», notava già Luigi Accattoli in un articolo del 27 gennaio 2007 in “Il Corriere della Sera” e intitolato “Marito mammone, nozze annullate”.

Da allora la situazione non sembra essere cambiata, come d’altra parte nel 2008 testimoniava Paolo Conti, già citato. Infatti egli, nel premettere che la stragrande maggioranza di cause di nullità era collegata al «canone 1095 del diritto canonico (“grave difetto di discrezione di giudizio” e “incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio”)» scriveva già allora:  «ecco alcuni casi accettati come ragione di annullamento: “disturbo affettivo bipolare”, “disturbo di personalità schizoide”, “disturbo di personalità antisociale”, “disturbo di personalità narcisistico”, “sindrome ansioso-depressiva conseguente alla morte del primo coniuge”, “personalità ossessivo- compulsiva”, “personalità passivo- aggressiva e dipendenza dalla madre”, “personalità borderline”, “disturbo di personalità antisociale e narcisistico”, “disturbo con aspetti ipertimici e associato ad abuso alcolico”, “disturbo di personalità istrionico”, “immaturità affettiva e sessuale”, “disturbo di personalità connesso, tra l'altro, a grave sofferenza cerebrale di origine traumatica”, “disturbo di personalità con aspetti misti ed evitanti”, “personalità globalmente psicopatica”, “delirio di gelosia con abuso alcolico”, “paranoia alcolica”, “marcata irresponsabilità connessa a una nevrosi d'ansia con componenti ossessive, a sua volta legata a infermità somatiche del soggetto”» (Le cause degli annullamenti: dal disturbo narcisistico al desiderio di gelosia, in “Il Corriere della Sera” del 15 marzo del 2008).

Ma non è tutto, perché in realtà c’era ancora tanto da apprendere dai giudici della Sacra Rota: per l’autorevole tribunale del Vaticano, «in un caso di immaturità di donna ha contato “la giovanissima età al momento del matrimonio, 15 anni, la gravidanza intervenuta e la bassa capacità intellettiva”. Poi ci sono i casi di “simulazione del consenso”. “Caso di matrimonio di convenienza, celebrato dalla donna convenuta solo per conseguire l'agiatezza economica”. “Mentalità divorzistica acquisita dalla moglie durante la permanenza in Inghilterra negli anni sessanta”. Oppure: “La donna subordinava la durata del matrimonio alla responsabilizzazione dell'uomo. Si sposò perché era rimasta incinta e non voleva sottoporsi a un secondo aborto, dopo quello già compiuto durante la relazione prematrimoniale”. Capitolo prole, ovvero la volontà di avere figli. Causa di nullità legate alla deliberata assenza di figli: “Forte repulsione verso l'idea di maternità”, “prevalente considerazione della prospettiva lavorativa”, “paura che i figli rivivano le proprie esperienze negative”, “desiderio di tutelare la propria libertà”. Nel 2003 fece sensazione una sentenza legata alla “mascolinità sicula di un uomo» che rivendicava “esagerata supremazia sulla fidanzata”, dicendosi pronto al divorzio se “la donna non fosse stata all'altezza”. Sempre quell'anno viene dichiarato nullo un matrimonio in cui una ragazza incinta aveva costretto il fidanzato a sposarla “minacciando di abortire”, un chiaro caso (per i giudici) di “timore invalidante il consenso”. Nel 1993 fece discutere quella di una coppia che non credeva nell'indissolubilità del matrimonio in quanto “succube di teorie legate all'atmosfera negativa suscitata dall'introduzione del divorzio in Italia”» (ivi).

Ratzinger aveva giustamente lamentato, prima di dimettersi, come i tribunali ecclesiastici locali e della Rota Romana centrale concedessero troppe sentenze favorevoli allo scioglimento dei matrimoni religiosi, non solo per ciò che concerne l’Italia ma in relazione alle domande di scioglimento che provengono dall’intero pianeta, e altrettanto giustamente aveva attaccato «le giurisprudenze locali» non solo per il loro progressivo allontanamento dalla interpretazione comune delle leggi positive ma persino per la loro crescente tendenza a travisare la stessa dottrina della Chiesa sul matrimonio.

Ora, forse numericamente parlando, a partire dal 2007-2008, la Sacra Rota ha cominciato ad invertire la tendenza accogliendo come ammissibili un numero di richieste di annullamento di certo inferiore a quello registratosi negli anni precedenti, ma sta di fatto che il numero è sempre troppo alto e che le motivazioni con cui i matrimoni vengono dichiarati nulli continuano ad essere in troppi casi decisamente speciose o superficiali se non addirittura arbitrarie.

Qui si intende sorvolare deliberatamente sui molteplici aspetti economici e finanziari di questa specie di giostra giudiziaria che gravita attorno al supremo tribunale ecclesiastico del Vaticano, perché lo scrivente non intende correre il rischio di proporre un approccio moralistico o strumentale a questa problematica, benché sia del tutto legittima o necessaria una riflessione anche sul giro vorticoso di interessi economici di varia natura che caratterizza visibilmente la febbrile attività giurisprudenziale della Sacra Rota, ma è semplicemente animato dalla preoccupazione che questo colossale bailamme giuridico-amministrativo che fa capo alla Sacra Rota tenda a snaturare sempre più la ratio e le finalità di questa stessa istituzione e di farne più che uno strumento di giustizia evangelica uno strumento di diabolica iniquità e perversione.

E’ bene che i cattolici non continuino a far finta di nulla e a parlare della Sacra Rota come del santo tribunale del papa o addirittura di Dio e che le gerarchie ecclesiastiche vedano di riformare profondamente tale organo decisionale affinché esso, considerato nell’insieme dei vari tribunali ecclesiastici in cui di fatto si articola, non sia o non diventi in modo irreversibile un’alternativa al divorzio oppure, peggio, un luogo “rispettabile” di sacrileghi favoritismi a chi o per chi abbia protettori particolarmente influenti o potenti, ma resti o piuttosto torni ad essere uno strumento di rigorosa verità morale e spirituale e di giustizia misericordiosa secondo la chiara e inequivocabile parola di Gesù, il quale, tra l’altro, nell’esortare a non dividere “quello che Dio ha congiunto” (Mc 10, 9), sembra ammettere il divorzio o meglio una separazione senza seconde nozze in un solo caso: quello di “unione illegittima” (Mt 19.9 e 5, 32), e qui naturalmente si hanno tanti motivi che possono rendere illegittima e quindi invalida una unione matrimoniale, e che vanno, solo per esemplificare, dall’impotentia coeundi da non confondere con l’impotentia generandi, sempre che il difetto non sia noto o reso noto ai coniugi prima del matrimonio o che venga addirittura taciuto in modo ingannevole, alla contrazione del matrimonio con stretti consanguinei o con soggetti già sposati oppure obiettivamente non liberi dal punto di vista affettivo e sentimentale, o alla celebrazione di nozze imposte sotto minaccia o ricatto e comunque per ragioni del tutto antitetiche ad una libera, consapevole e responsabile scelta d’amore da parte di ambedue i coniugi.

Tra i motivi che possono legittimare una separazione tra coniugi, non è contemplato, a differenza di quanti anche alcuni cattolici ritengono, l’adulterio, a meno che non sia commesso in modo cosí sistematico, cosí spudorato e anche pubblicamente cosí palese da risultare obiettivamente lesivo della dignità del partner innocente e dei figli ove già ve ne siano. Bisogna cioè che i motivi di uno scioglimento matrimoniale siano motivi talmente seri e gravi, talmente sganciati da motivazioni puramente umorali o opportunistici o edonistici, da poter essere presi in considerazione per una sentenza di annullamento, sempre tenendo a mente che su ogni commissione ecclesiastica della Sacra Rota, su ogni sua procedura inquisitiva e dibattimentale, su ogni sentenza da essa emanata, campeggia invisibile ma imperioso il duro monito di Cristo: quod Deus coniunxit homo non separet.

Quella della Sacra Rota cattolica, della reale identità spirituale e religiosa dei magistrati che vi operano, del flusso di denaro che vi circola sempre più cospicuamente, della eventuale presenza in essa di  interessi settoriali non solo tra loro contrapposti ma soprattutto estranei a criteri e valori esclusivamente religiosi e cristiani, è una delle questioni più complesse di cui anche papa Francesco, dopo la presa di posizione di Benedetto XVI, dovrà occuparsi per evitare che il suo tribunale ecclesiastico, preposto a sciogliere i matrimoni invalidi, non si allontani troppo dal tribunale di Dio da cui un giorno potrebbero essere giudicati molto severamente tutti coloro che, a vario titolo, avranno pensato di farne un mercato di pratiche banali e corrotte, idonee solo a fomentare il vizio e il peccato e non a favorire comportamenti virtuosi e buoni costumi personali e familiari.