Origini e fisionomia mariane della Chiesa di Cristo

Scritto da Francesco di Maria on . Postato in I miei scritti mariani

 

Piaccia o non piaccia, la Chiesa ha avuto inizio in e da una donna. Dio non era obbligato a far nascere il suo Cristo da una semplice donna, avrebbe avuto tante altre opzioni nel suo potere creativo, ma, se ha ritenuto che il Figlio unigenito dovesse venire al mondo con le modalità generative che valgono per ogni essere umano, evidentemente la sua scelta ha un significato preciso che non può passare inosservato. Cristo, per salvare l’uomo, doveva essere in tutto uguale all’uomo, doveva sottoporsi a tutte le esperienze cui si sottopongono gli uomini, doveva sperimentare le stesse sofferenze e le stesse umiliazioni che gli uomini spesso sperimentano nel corso della loro vita terrena e doveva infine essere loro accomunato dalla e nella morte.

Dio volle incarnarsi nel grembo di una donna perché solo cosí avrebbe potuto fare concreta esperienza della morte tornando, come ognuno di noi, nel grembo della nuda terra. Dio si è incarnato in Maria, perché solo vivendo e soffrendo umanamente potesse legittimarsi agli occhi degli uomini come Dio creatore e salvatore, come Dio onnipotente che può salvare l’umanità nella sua carne e nel suo spirito.

Il Verbo divino, proprio attraverso la sua incarnazione, può non appartenere più alla famiglia delle grandi astrazioni religiose e teologiche per assumere una concreta ed efficace funzione salvifica e redentiva. Quel Verbo avrebbe accettato di rendersi cosí umano, anzi cosí umilmente umano da affidarsi del tutto indifeso ad un grembo femminile, alle cure materne di una piccola e anonima donna, all’educazione e alla saggezza di uno spirito femminile realmente e ardentemente desideroso di mettersi completamente e senza maníe di grandezza al servizio di Dio.

Il servizio di Dio: è ciò che la Chiesa avrebbe dovuto e dovrebbe assolvere nella storia degli uomini ed è ciò che essa avrebbe potuto compiutamente attingere proprio dall’atteggiamento esistenziale e spirituale di Maria, senza chiusure preconcette e senza autoreferenzialità, cosí come non autoreferenziale era stata la fede di Maria che mai pretese di chiudere Dio nella sua idea e nella sua percezione personali, pure rette e sante, di Dio stesso, ma che sempre cercò di integrare e migliorare il suo modo di sentire la divinità e di accostarsi ad essa attraverso un continuo ascolto della stessa parola divina, che le sarebbe giunta gradualmente non solo attraverso l’annuncio dell’angelo, ma attraverso la stupita testimonianza di semplici e incolti pastori o attraverso il raffinato omaggio spirituale di uomini di scienza quali i magi o ancora attraverso la commossa profezia di un uomo di Dio quale Simeone.

Maria, ovvero la Chiesa di Cristo nella sua assoluta ed originaria purezza, non fu autoreferenziale, come direbbe oggi papa Francesco. Maria ebbe sempre bisogno di interloquire con gli altri e con il mondo per imparare a conoscere sempre meglio la sapienza e il volere di Dio: ella  fu sempre aperta ad interrogarsi su Dio, ad approfondirne il senso, a cogliere gli aspetti e i toni più nascosti della sua volontà e della sua presenza tra gli uomini, a tacere dinanzi al mistero dei suoi più imperscrutabili disegni.

Maria fu sempre lucida e vigile ma conobbe ugualmente i dubbi, i turbamenti, le oscurità dell’esistenza, senza riuscire a neutralizzarli razionalmente, e proprio per questo la sua fede fu alla fine una fede adamantina, matura, compiuta, graditissima al suo Signore: fu sempre una fede perfetta in verità, ma perfetta perché non fu mai una fede ovvia, scontata, definitiva, posta al sicuro in una confortante consuetudine del pregare e in un’ordinaria liturgia del sacro, bensí sempre aperto al nuovo, all’inatteso, al sorprendente, non meno che ad avvenimenti della vita particolarmente duri e decisamente sconcertanti.

La fede di Maria fu sempre un’attesa frenetica del Signore e, con lui, di un mondo finalmente giusto e libero da ogni iniquità personale e collettiva, ma essa non pretese di cogliere sempre il significato di ogni avvenimento luttuoso o tragico della vita e della storia. Fu invece una fede, costantemente animata dalla carità vissuta più che da quella dichiarata o esibita, che si venne esercitando fedelmente anche senza capire, anche senza potersi sottrarre al dolore, all’angoscia e talvolta persino alla disperazione.

Queste furono le caratteristiche costitutive del servizio contemplativo e orante che Maria, nel tumultuoso turbinío della vita, avrebbe reso a Dio e a Cristo. Queste caratteristiche dovrebbero essere altresì alla base del servizio spirituale e religioso della Chiesa che ha la sua prima origine proprio in Maria piuttosto che in Pietro. La Chiesa di Gesù, ovvero la Chiesa concepita da Gesù, è tutta impregnata di Maria, della sua naturale tenerezza ma anche della sua virile e non sentimentalistica o sdolcinata sensibilità religiosa, del suo affidarsi a Dio senza pretendere di esaurirne la gloria e la potenza nell’ambito del suo pur intenso e significativo vissuto personale, della sua assoluta certezza circa la misericordia e la giustizia infinite di Dio stesso.

E’ vero: Gesù fonda la sua Chiesa su Pietro, sulla sua autorità e sul suo riconosciuto senso di responsabilità, sulla sua fedele capacità di testimoniare e trasmettere nella sua autenticità la fede in Cristo e sulla sua stessa capacità di organizzare volta a volta la missione evangelizzatrice nel mondo. Ma i tratti umani, i lineamenti spirituali della sua Chiesa non sono quelli di Pietro e compagni ma, innanzitutto, quelli di sua madre cui gli apostoli si sarebbero dovuti attenere e conformarsi nel miglior modo possibile. Dio Padre aveva affidato suo figlio Gesù a Maria e Gesù che aveva vissuto in perfetta osmosi con la madre avrebbe affidato a sua volta la sua Chiesa, modellata sulla spiritualità profetica mariana non meno che sullo stesso insegnamento di Cristo, al gruppo apostolico a sua volta ricco di doni carismatici e di saggezza organizzativa.

Maria perciò è un paradigma ineliminabile della Chiesa e della sua storia nei secoli, in modo tale che, se la Chiesa venne affidata agli apostoli, quest’ultimi, di generazione in generazione, fossero tenuti ad affidarsi a Maria, madre e regina. In sostanza, la Chiesa di Gesù Cristo nasce donna, perché nasce mariana, perché nasce nel corpo e nell’anima di Maria che, in quanto madre di Gesù non avrebbe potuto non essere anche madre, educatrice e ispiratrice della sua Chiesa.

La Chiesa cristiana è dunque una Chiesa geneticamente declinata al femminile, ma al femminile nella tipologia mariana e non in altre tipologie devianti di donna, dove questo femminile mariano è ciò che manca allo stesso mondo maschile e ancor oggi ad una Chiesa troppo spesso operante in senso maschilista. Quanto più la Chiesa apostolica gerarchicamente guidata da uomini si nutrirà del femminile mariano, che è una sorta di sintesi di tenerezza spirituale e vigore profetico, tanto più essa sarà vicina al cuore di Cristo e risulterà ben accetta a Dio nella sua realtà unitaria e trinitaria.   

D’altra parte, una maggiore ricezione di questo “femminile” non generico ma specificamente mariano nella stessa società attuale plasmerebbe diversamente il nostro complessivo stile di vita e le conseguenti scelte culturali, che sono troppo spesso segnati solo dal “maschile”, e dai suoi veri o presunti valori che si affermano in modo unilaterale non completandosi con quelli della femminilità, oppure anche da un “femminile” parziale e incompleto che diventa persino deforme allorché si pone a gareggiare con lo stesso “maschile” affetto da competitività e ansia di prestazione.

Voglio concludere con i concetti molto penetranti e in buona parte riassuntivi di monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia: «non è quindi dall’apostolo Pietro (linea petrina) - il collegio apostolico, i Dodici che pure ricevono il mandato apostolico - ma da  Maria di Nazareth (linea mariana) che ha inizio la Chiesa, nelle sue origini e nel suo nucleo più stabile e santo…Non si tratta allora - come taluni pensano - di risolvere tutto con l’accesso ai ruoli maschili da parte della donna ma, al contrario, di riconoscere che strutturalmente la Chiesa - nella sua realtà costitutiva - è femminile e tale rimane mentre soltanto una parte di essa - la funzione, pur essenziale, del sacerdozio ministeriale – è maschile...Se cerchiamo, insomma, l’icona piena della Chiesa dobbiamo andare a Maria e al suo essere donna, sposa e madre tanto che, a ragione, Maria di Nazareth è stata definita, in modo opportuno e felice, Chiesa nascente» (La sponsalità e la maternità di Maria a servizio della Chiesa, in “Zenit” del 21 novembre 2013).

E infine: «Se la nostra società post-moderna, per tanti versi cosí sfibrata e stanca da essere incapace di generare ed educare, attingesse di più al genio e al talento femminile che in Maria di Nazareth raggiunge il suo vertice, scopriremmo tutti nuove possibilità  per rigenerare e rigenerarci» (ivi). Ecco perché la Chiesa di Cristo non potrà mai avere senso compiuto senza Maria.